L'Italia s'è desta? In un periodo di profonda crisi come quello che stiamo vivendo oggi, che pare essersi accanita in particolare sull'industria culturale e dell'audiovisivo del paese anche a causa di uno sciagurato governo, la Mostra di Venezia ci crede e dà fiducia al cinema italiano proponendo in cartellone ben 18 opere di nostra produzione distribuite nelle sezioni ufficiali, oltre alle 5 proiettate nell'ambito della Settimana della Critica e delle Giornate degli Autori. Non solo, a un film italiano è affidata anche l'apertura della Mostra, prevista per mercoledì 2 settembre, un vero e proprio evento visto che erano vent'anni che un'opera italiana non inaugurava il festival. Sarà infatti l'atteso Baarìa di Giuseppe Tornatore ad aprire le danze di questa sessantaseiesima edizione della kermesse veneziana, che almeno dai suoi numeri pare promettere un risveglio del nostro cinema. E' probabile però che si tratti ancora una volta di una bolla di sapone, la stessa vista tristemente scoppiare negli anni precedenti che hanno visto salvi dalle continue piogge di fischi riservate ai (brutti) film nostrani solo pochi episodi isolati, dalla poesia di Nuovomondo di Emanuele Crialese alla divertente commedia di Pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio che aveva salvato la spedizione lo scorso anno.
Ci sono però segnali confortanti stavolta che farebbero ben sperare. Innanzitutto, il Concorso accoglie quest'anno un esordio, fatto più unico che raro. Si tratta del thriller La doppia ora di Giuseppe Capotondi che può contare sul talento del fenomeno Filippo Timi e su una Ksenia Rappoport che il Direttore della Mostra, Marco Muller, definisce per l'occasione "la dark lady più sorprendente del cinema italiano degli ultimi anni". Un terreno rischioso quello del thriller, frequentato ultimamente dai nostri registi con risultati francamente imbarazzanti, e che stavolta sembra aver convinto i selezionatori tanto da preferirlo alla strage di Marzabotto raccontata da Giorgio Diritti ne L'uomo che verrà che ha rifiutato di aprire la sezione Orizzonti ed è stato perciò dirottato al prossimo Festival del Film di Roma. Tenterà invece di farsi perdonare l'infelice A casa nostra, presentato qualche anno fa proprio alla kermesse capitolina, Francesca Comencini che porta in concorso Margherita Buy a caccia della Coppa Volpi nel drammatico (e non c'erano dubbi) Lo spazio bianco, tratto dal romanzo di Valeria Parrella, che vede protagonista una donna sola partorire al sesto mese di gravidanza e osservare il bizzarro mondo attorno a sé accanto all'incubatrice che custodisce il corpo della sua piccola. I due film italiani più attesi tra quelli in concorso sono però certamente il ritorno di Tornatore nella sua Sicilia e la nuova scommessa di Michele Placido pronto a rimettersi in discussione dopo il disastro di Ovunque sei che nel 2004 fu oggetto di un'accoglienza segnata da risate e fischi. Qualche anno dopo, il regista italiano tornò alla Mostra da giurato, dichiarando al Corriere della Sera "Non dimentico quei fischi villani di due anni fa alla presentazione del mio film. Purtroppo non è passione, è maleducazione. Non è possibile che a un festival internazionale di quel calibro alle proiezioni per la critica entri chiunque. Basta che su un qualsiasi sito internet uno si proclami critico, per farsi accreditare come tale. I fischi sì, posso accettarli, ma il dileggio e gli schiamazzi no. Non si può lavorare per anni su un progetto, metterci dentro energie, passioni, denari, e poi vederselo far a pezzi da un manipolo di giovanotti incompetenti". Sembrava quindi tramontata l'ipotesi di vedere Placido riaffacciarsi al festival in Concorso, ma a quanto pare la rabbia è sbollita e il progetto assicura maggiori chance di una ricezione più morbida da parte di quegli stessi "giovanotti incompetenti" che schernirono Ovunque sei. Guarda a La meglio gioventù il suo nuovo film, Il grande sogno, che racconta il 1968, l'anno simbolo di un mondo studentesco in grande fermento, dal punto di vista del poliziotto Riccardo Scamarcio. Guarda al passato anche Giuseppe Tornatore che ricorda la sua Bagheria (la Baarìa del titolo) attraverso tre generazioni di una famiglia siciliana. Fa storcere il naso la decisione di portare il film al Lido in una versione doppiata in siciliano italianizzato: l'originale dialetto barrioto sarà mantenuto alla sua uscita infatti, il prossimo 25 settembre, soltanto in Sicilia e in poche altre sale in tutta Italia. Caratterizzato da un approccio più realistico rispetto alla dimensione favolistica di Nuovo cinema Paradiso, Baaria è stato da Muller in apertura della Mostra perché convinto che tornerà a far sognare prima di tutto lo stesso cinema italiano. Le sorprese potrebbero invece arrivare dalle altre sezioni del programma di Venezia 66, quelle ufficiali e quelle autonome. Tra i documentari Fuori Concorso, particolarmente interessante si preannuncia Napoli Napoli Napoli di Abel Ferrara che va a raccontare la città partenopea e la sua variegata umanità, mentre Giuliano Montaldo ci porta oltreoceano alla scoperta de L'oro di Cuba con la ricostruzione della storia e del presente dell'isola caraibica a cinquant'anni dalla Rivoluzione. Destano curiosità anche i tre titoli italiani presenti nella sezione Orizzonti. In particolare, si testerà la maturità di Luca Guadagnino che dopo Melissa P. torna al cinema con un film che tradisce ben altre ambizioni: protagonista è infatti il premio Oscar Tilda Swinton, affiancata dalla nuova stella del nostro cinema Alba Rohrwacher e da uno dei nomi più importanti del teatro e della cultura italiana, Pippo Delbono, impegnati in una storia che racconta la dissoluzione di una famiglia dell'alta borghesia industriale. Attenzione però che tra gli sceneggiatori figura una certa Barbara Alberti, responsabile dell'adattamento del romanzo scandalo di Melissa P.. Sarà invece presente alla Mostra con due film Sergio Castellitto, protagonista insieme a Jane Birkin del nuovo film di Jacques Rivette e mattatore della commedia Tris di donne e abiti nuziali diretta da Vincenzo Terracciano e ambientata all'ombra del Vesuvio. Tema della pellicola un matrimonio in tempo di crisi e il gioco come tentativo di soluzione ai problemi economici. Nata nel 1980 da un'idea di Carlo Lizzani, che qui ritroviamo in veste di Presidente della Giuria, rinasce quest'anno la sezione competitiva di Controcampo Italiano che vuole fare il punto sulle tendenze del cinema italiano. Sette i titoli che compongono la sezione: tre lungometraggi di finzione e quattro documentari. Grazie a Controcampo, scopriremo la poesia metropolitana di Roma in Poeti di Toni D'Angelo; assisteremo a un appassionato ricordo di Vittorio Mezzogiorno in Negli occhi, prodotto e raccontato da sua figlia Giovanna; rivivremo grazie a Il piccolo la storia del Piccolo Teatro di Milano, partendo dalla sua ristrutturazione; e volgeremo lo sguardo sulla Hollywood sul Tevere grazie al materiale d'archivio dell'Istituto Luce che ci ricorderà come Roma e Cinecittà siano state nel passato l'epicentro della produzione hollywoodiana in Europa. Accanto ai documentari, trovano spazio nomi nuovi e interessanti del nostro cinema: per Dieci inverni di Valerio Mieli, il Direttore Muller parla di "miglior commedia sentimentale italiana degli ultimi anni", ma la commedia torna a brillare anche grazie a Cosmonauta di Susanna Nicchiarelli che ha come sua protagonista una bambina comunista che guarda alla Luna in attesa della rivoluzione condotta dall'Unione Sovietica. Una tragedia senza catarsi caratterizza invece il melò Il compleanno di Marco Filiberti, che parla di un gruppo di amici borghesi all'interno del quale porterà scompiglio l'arrivo di un giovane bello ed omosessuale. Di omosessualità si parlerà anche nel documentario L'amore e basta di Stefano Consiglio, nell'ambito delle Giornate degli Autori, che finalmente parlerà del mondo gay senza struggimenti e drammi esasperati. Di omosessualità profuma anche Good Morning, Aman, promettente opera prima di Claudio Noce che racconta l'ambigua amicizia tra un giovane di origine somala (Said Sabrie) e un ex pugile quarantenne dal passato ricco di ombre (Valerio Mastandrea). Tra gli altri film delle Giornate poi la nuova opera di Marina Spada che dopo lo splendido Come l'ombra racconta la giovinezza della poetessa morta suicida Antonia Pozzi in Poesia che mi guardi. Nutrita e variegata quindi la truppa italiana quest'anno in trasferta in laguna, ma Venezia 66 vede tornare in questa edizione anche il grande cinema statunitense dopo la pausa forzata dello scorso anno dovuta allo sciopero degli sceneggiatori che aveva fatto slittare le date di completamento dei film. Sei i titoli targati Usa che si contenderanno il Leone d'Oro: il documentario Capitalism: A Love Story di Michael Moore che esplora le cause della crisi economica globale; lo zombie-western di George Romero, Survival of the Dead, ambientato in un'isola al largo delle coste del Nord America; la cattivissima commedia di Todd Solondz che con Life During Wartime ci regala un sequel 'ideale' del suo capolavoro Happiness - Felicità; il controverso Il cattivo tenente - Ultima chiamata New Orleans ispirato a Il cattivo tenente di Abel Ferrara, rivisto e corretto dal visionario Werner Herzog; l'attesa trasposizione su grande schermo dell'osannato romanzo The Road di Cormac McCarthy operata da John Hillcoat; ed infine, il debutto alla regia dello stilista Tom Ford che porta sul grande schermo A Single Man, romanzo gay dello scrittore Christopher Isherwood.Ma gli Stati Uniti faranno parlare di sé anche con i film presenti nelle altre sezioni della Mostra: dall'horror The Hole in 3D di Joe Dante alla commedia The Men Who Stare At Goats che riporterà in laguna l'aficionado George Clooney,
ma destano grande attesa anche il thriller The Informant! diretto da Steven Soderbergh e interpretato da un Matt Damon visibilmente appesantito per indossare i panni di un agente dell'FBI intento a smascherare una fraudolenta politica di controllo dei prezzi da parte di una multinazionale, e il documentario South of the Border che vede il regista Oliver Stone volare in Venezuela per intervistare il Presidente Hugo Chavez. Ben rappresentata quest'anno in concorso è anche la Francia con quattro titoli, ognuno dei quali con ottime chance di portarsi a casa uno dei premi. Oltre al già citato Rivette con 36 vues du Pic Saint-Loup (che arriverà nelle sale italiane già dall'8 settembre con il titolo Questione di punti di vista) si daranno battaglia Patrice Chéreau che nel suo Persécution indaga l'ossessione amorosa di un tormentato Romain Duris; il White Material di Claire Denis che fa di Isabelle Huppert la proprietaria di una piantagione di caffè che in piena Guerra Civile in Africa lotta per proteggere il suo raccolto; ma probabilmente il più atteso tra i film francesi in concorso è la co-produzione Francia, Belgio, Canada e Germania di Mr. Nobody, struggente storia d'amore tra dramma e fantasy vista dal futuro, diretta dallo Jaco van Dormael del cult Toto le heros - Un eroe di fine millennio e interpretato dalla rock-star Jared Leto. Non mancheranno poi i film provenienti dall'Asia (tra i quali Tetsuo The Bullet Man di Shinya Tsukamoto) o quelli che battono bandiera tedesca, con un nome del calibro di Fatih Akin per la prima volta a Venzia con Soul Kitchen che riprende il tema a lui caro dell'immigrazione sul doppio binario Germania e Turchia. Torna invece in competizione Israele con Lebanon, film interamente ambientato all'interno di un carro armato che ha fatto perdere la testa ai selezionatori, mentre rappresenta una novità la presenza in concorso di un titolo proveniente dallo Sri Lanka, e cioè Between Two Worlds. A Venezia assisteremo anche ai miracoli di Lourdes raccontato dall'austriaca Jessica Hausner e alla ripartenza del cinema arabo con The Traveller interpretato da Omar Sharif. Eppure tra tutti i titoli in concorso, manca quello che si lascia preferire quale candidato più papabile nella corsa alla conquista del Leone d'Oro. Dopo l'exploit dello scorso anno, con la vittoria di The Wrestler di un rinato Darren Aronofsky, anche questa edizione potrebbe riservare una sorpresa sul nome che si porterà a casa l'ambita statuetta. Ma Venezia 66 ha comunque già i suoi eroi che saranno opportunamente celebrati nel corso della Mostra. Il genio delle nuove frontiere dell'animazione John Lasseter, regista e produttore in forza agli studi Pixar, riceverà il Leone d'Oro alla Carriera dalle mani di George Lucas. Delle produzioni della Pixar si vedrà l'opera omnia, comprese le inedite versioni in 3D di Toy Story e Toy Story 2, e alcune sequenze dei nuovi lavori La principessa e il ranocchio e dell'attesissimo Toy Story 3. Altro mito del cinema che vivrà il suo momento di gloria è Sylvester Stallone, premiato con lo Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker Award attribuito a una personalità che ha lasciato il segno nel cinema contemporaneo. In occasione della consegna del premio, saranno proiettate al Lido le prime immagini del suo nuovo lavoro, The Expendables, da lui scritto, diretto e interpretato, e la versione director's cut di Rambo. Se quest'anno non sono annunciati film-scandalo volti a solleticare le fantasie degli avventori del Lido, va già infiammandosi la polemica per la presenza a Venezia di Videocracy - Basta apparire, evento congiunto di Settimana della Critica e Giornate degli Autori. Diretto da Erik Gandini e prodotto dalla Svezia, il documentario va infatti ad indagare il fenomeno italiano della "televisione al posto della democrazia", un ritratto spietato dell'Italietta di Silvio Berlusconi attraverso lo studio dei rapporti tra una televisione senza alcun freno morale e una politica a sua immagine e somiglianza. Un film che è già finito vittima della scure della censura con il trailer rifiutato da Rai e Mediaset per il suo "inequivocabile messaggio politico di critica al governo". La decenza, questa sconosciuta. Superando le polemiche, utili comunque a far parlare di un film senza visibilità sui canali obbligatori del duopolio "RaiSet", possiamo cercare di individuare le probabili sorprese di questa Mostra non inserite nella sezione del concorso. Se l'horror Rec 2 rappresenta una vera e propria incognita in quanto "sequel a rischio" di un film che aveva convinto la platea veneziana due anni fa, va già fregiandosi del titolo di cult l'avventuroso e violentissimo Valhalla Rising, storia di un guerriero muto dalla forza soprannaturale, diretto dal danese Nicolas Winding Refn, regista dello spietato biopic Bronson. Dopo il successo dello scorso anno di Ponyo sulla scogliera il cinema giapponese d'animazione torna in laguna con Yona Yona Penguin di Rintaro, tenera storia di una bambina che si ritrova catapultata in un mondo popolato da creature fantastiche, mentre la vitalità del cinema rumeno è confermata dall'apertura della sezione Orizzonti affidata all'esordiente Bobby Paunescu con il drammatico Francesca, ritratto di una giovane maestra d'asilo col sogno di trasferirsi in Italia. Di indubbio interesse The Marriage di Peter Greenaway, studio del dipinto di Veronese "Le Nozze di Cana", ma numerosi sono i titoli meno conosciuti che promettono grandi cose. Tra questi l'originale Metropia ambientato in un'Europa del futuro, la commedia XXL spagnola Gordos, lo sguardo sul mondo tra le pareti di casa propria come mostrato in Francia dell'argentino Adrian Caetano (il regista di Cronaca di una fuga - Buenos Aires 1977) e Apan, il nuovo poetico lavoro di Jesper Ganslandt che tre anni fa incantò Venezia con Falkenberg Farewell. Si preannuncia, quindi, una Mostra dalle buone potenzialità, nonostante manchi dei nomi blasonati che affollano ogni anno il cartellone del concorrente Festival di Cannes. A farla da padrone in questa sessantaseiesima edizione sono Italia e Stati Uniti, con una torta ancora una volta spartita tra 01 e Medusa per quel che riguarda i film italiani in concorso e un affollamento, probabilmente esagerato, di titoli di nostra produzione nelle altre sezioni che godono di minor prestigio rispetto a quella principale, ma dalle quali nel corso degli anni sono spesso uscite fuori le cose migliori. Resta tutta da verificare inoltre l'effettiva qualità delle pur numerose opere provenienti dagli Usa con un Michael Moore inserito in concorso dopo il grande scalpore suscitato dalla vittoria a Cannes nel 2004 con Fahrenheit 9/11 che portò l'anno successivo alla nascita di una sezione apposita per i documentari dopo le polemiche sul caso Moore. Al resto del mondo restano così delle briciole che in certi casi si fanno decisamente appetibili. La speranza è comunque quella di assistere a dieci giorni di buon cinema nell'affascinante cornice della laguna veneziana, consapevoli che neanche quest'anno mancheranno i fischi e il dileggio, così come quei colpi di fulmine che sapranno mettere d'accordo tutti, la critica erudita, i "giovanotti incompetenti" e il pubblico. Anche quest'anno il Leone, siamo convinti, saprà ruggire e se anche non riuscirà a scacciare la crisi saprà lasciare il suo graffio su un cinema che continua ad evolversi, ad emozionare, a stizzire, a raccontare storie che ci chiedono di essere assorbite per trovare in noi il proprio posto.Buona fortuna, Leone.