Recensione Tris di donne e abiti nuziali (2009)

Un discreto tentativo tra commedia di costume e ritratto neorealista impreziosito dall'interpretazione maiuscola di un Sergio Castellitto mai sopra le righe e che ricorda, nell'aspetto e nei gesti, i migliori interpreti napoletani del passato.

La vita è un gioco (d'azzardo)

La famiglia di Franco Campanella vive la vigilia di un felice evento: il matrimonio della figlia Luisa, giovane insegnante di lettere in un istituto privato, in procinto di realizzare il suo sogno d'amore con un affettuoso poliziotto bergamasco. Franco, ex impiegato alle poste ora baby pensionato, è incaricato di ottenere il prestito che serva a finanziare gli sponsali, ma nonostante continui a tranquillizzare il resto della famiglia - e soprattutto il più saggio e disincantato figlio Giovanni - sull'esito dei suoi sforzi, le cose non stanno andando esattamente per il verso giusto. Il segreto "di Pulcinella", come si direbbe nella Napoli in cui è ambientato il film, è che Franco è un giocatore d'azzardo compulsivo, che si tratti di corse di cavalli e partite a poker, e pertanto sommerso di debiti con banche e malavitosi locali.

Sul tema dell'azzardo non si scherza, e Vincenzo Terracciano sembra saperlo bene; per questo nonostante non manchino spunti alla commedia all'italiana, questo Tris di donne e abiti nuziali rimane fondamentalmente un'opera amara e sincera su un tema pesante come quello del vizio del gioco. Un tema che non è mai una mera scusa per raccontare la disgraziata storia di Franco ma è anzi il deus ex machina per ogni singolo evento (positivo e negativo) della pellicola. Ed è così che anche il futuro dei suoi due figli si deciderà ad un tavolo da gioco: il talentuoso Giovanni cercherà di capire se ha le qualità del professionista del poker, la bella Luisa potrà permettersi il matrimonio e una casa solo in caso di vittoria del fratello.
E tra di loro un padre inerme, causa del debito e della situazione disagiata, ma costretto sullo sfondo dalla sua mediocrità, umiliato al suo stesso gioco perfino dalla moglie Josephine e beffato dalla sorte, che sembra preferirgli tutti i familiari, i quali hanno successo dove lui continua inesorabilmente a fallire. In questa impossibilità di redenzione, nell'innata debolezza di Franco, nella sua incapacità di poter anche solo considerare una soluzione alternativa al tavolo da gioco risiede il cuore del film, un discreto tentativo tra commedia di costume e ritratto neorealista impreziosito dall'interpretazione maiuscola di un Sergio Castellitto mai sopra le righe e che ricorda, nell'aspetto e nei gesti, i migliori interpreti napoletani del passato.
Ad impreziosire ulteriormente questo buon sforzo di Terracciano, ci sono le belle musiche di Nicola Piovani, che fanno spesso contrasto con la fotografia di Fabio Cianchetti, che mostra una Napoli borghese (quella del Vomero alto) fatta di salite e discese, luci ed ombre, capace di ben rendere la malinconia e la disperazione dei protagonisti.
Non manca qualche difetto di sceneggiatura, qualche personaggio fin troppo macchiettistico, la perplessità dell'affidare il ruolo della moglie alla tedesca (seppure bravissima) Martina Gedeck che qui pare un po'spaesata. Nel complesso, tuttavia, Tris di donne resta un'opera tra le più interessanti tra quelle presentate all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, forse meno ambiziosa di quelle che hanno rappresentato l'Italia in concorso (si pensi a Baarìa, a Il grande sogno, al thriller psicologico La doppia ora), ma più vicina alla tradizione del nostro cinema e proprio per questo più sincera.

Movieplayer.it

3.0/5