Forse più che nel resto del mondo, o forse solo con maggiore densità, la cinematografia orientale ha portato in questo decennio che si sta concludendo coraggio, varietà ed inventiva al di sopra della media e, piuttosto che con singoli episodi sporadici, l'ha fatto attraverso intere filmografie di una manciata di artisti di indiscusso valore di livello mondiale. Corea, Giappone, Cina ed Hong Kong hanno contribuito in ugual misura a cullare questi artisti, permettendo loro di forgiare l'immagine di una filmografia dell'estremo oriente variegata e complessa che raccoglie numerosi sostenitori e cultori anche qui in occidente: sono sempre di più infatti gli spettatori che riescono ad andare oltre l'immaginario classico che vedeva l'intero cinema giapponese far capo alla sola immagine, per quanto immensa, di Akira Kurosawa o tutto il cinema cinese al wuxiapian che dagli anni '70 è approdato con consistenza nel nostro paese.
Uno dei nomi di spicco di questo fenomeno, che proprio al sorgere di questo decennio ha attirato l'attenzione su di sè e sul cinema dell'Asia orientale, è senza dubbio Wong Kar-Wai, nel 2000 a Cannes con il suo In the Mood for Love, uno dei film che tra i nostri redattori ha riscosso il maggior consenso.
Altro Sudcoreano che ha lasciato il segno nel primo decennio del nuovo secolo è sicuramente Park Chan-wook con la sua trilogia della vendetta. Sia il primo dei tre film di cui è composta, Mr. Vendetta - Sympathy for Mr. Vengeance (2002), ma soprattutto il secondo, Old Boy (2003), spiccano per la potenza visionaria ed espressiva e la capacità di spiazzare e colpire allo stomaco lo spettatore, a dispetto della tecnica e dell'impianto spettacolare. Non è mancata anche una citazione per il più visivamente delirante I'm a Cyborg, But That's OK (2006), visto a Berlino, o per l'horror Thirst (2009) che ha ricevuto consensi alla sua presentazione a Cannes. Viene invece dal Giappone un altro grande artista che ha lasciato un segno indelebile in questi ultimi anni: Takeshi Kitano. Il suo Dolls (2002), altro film che fa della poesia e delle atmosfere rarefatte le sue armi principali, è tra le sue opere quella che ha ottenuto il maggior numero di consensi da parte nostra, ma non è l'unica che ha catalizzato l'attenzione del pubblico e degli addetti ai lavori: l'autoriale Achille e la tartaruga (2008), atteso nelle nostre sale nei prossimi mesi, e la sua versione di un leggenda del Giappone come Zatoichi (2003) hanno incantato più di uno del nostro staff e quest'ultimo si è aggiudicato anche un Leone d'argento a Venezia, consolidando un un feeling nato già nel 1997, quando il Festival italiano aveva aperto le porte dell'occidente al regista accogliendo il suo Hana-bi con un Leone d'oro, e portato avanti in questi anni proprio con Achille e con la follia autocelebrativa Takeshis' (2005).
E' stato però anche il decennio della consacrazione mondiale dell'opera di un altro giapponese, Hayao Miyazaki, con tre film che mettono il suggello ad una carriera unica e, nel suo campo, quello dell'animazione, irraggiungibile. La città incantata - Spirited Away (2001) ed Il castello errante di Howl (2004) sono i momenti più ricchi della sua filmografia dal punto di vista visivo ed immaginativo, mentre il più recente Ponyo sulla scogliera (2008) fa volutamente un passo indietro, riportandoci ad un'animazione fatta di colori pastello e della semplicità che ha reso famoso il maestro con Il mio vicino Totoro (1988), incredibilmente giunto nelle sale nostrane solo lo scorso autunno.
Ma l'animazione orientale non si limita alla sola figura ingombrante di Miyazaki ed il suo Studio Ghibli, che sono solo la punta di un iceberg fatto di un'immensa produzione che copre tutti i generi cinematografici. Una montagna di disegni e storie dalla quale ci sentiamo in obbligo di estrarre un'altra voce che sembra ergersi dalle altre, quella di Satoshi Kon ed in particolare del suo Paprika - Sognando un sogno (2006), un surreale e complesso delirio simbolicamente ricchissimo che, rispetto a Miyazaki, può rappresentare un'altra faccia dell'animazione giapponese.
Ben più classica è l'opera di Yoji Yamada, ma non per questo meno significativa in questi dieci anni, soprattutto grazie ad un capolavoro come Il crepuscolo del samurai (2002), che ci mostra le sfide quotidiane di un samurai del diciannovesimo secolo, negli anni di poco precedenti alla restaurazione Meiji, piuttosto che l'azione delle battaglie, e che prendiamo a riferimento di tutto un settore del cinema giapponese che richiama il suo nobile passato così come i successivi The Hidden Blade (2004) e Love and Honor (2006), entrambi presentati a Berlino, che con Twilight Samurai formano una trilogia.
E' invece firmato da Andrew Lau nel 2002 uno dei titoli più importanti del nuovo cinema cantonese ed è Infernal Affairs, confezionato con estrema cura ed attenzione all'occidentalizzazione dei gusti del pubblico di Hong Kong, senza però trascurare la tradizione culturale di cui fa parte. Sono queste caratteristiche ad avergli assicurato il favore del pubblico, portando alla realizzazione di due seguiti ed un remake americano a cura di Martin Scorsese: The Departed - Il bene e il male (2006). Non potremmo essere completi nel dare un quadro di questo decennio senza citare le opere di Takashi Miike e Shinya Tsukamoto, e tutto il fenomeno della ghost story giapponese che da Ringu (1998) di Hideo Nakata arriva a Ju-On: Rancore (2003) di Takashi Shimizu e trovando compimento in Kairo (2001) di Kiyoshi Kurosawa e Dark Water (2002) dello steso Nakata. Se della sconfinata opera di Miike ci permettiamo di citare il delirio filosofico di Big Bang Love, Juvenile A (2006) ed il disturbante Audition (2000), dalla più esigua filmografia di Tsukamoto estraiamo A Snake of June (2002), personalissimo punto di vista dell'autore sul tema dell'erotismo.
Così come in ambito horror è doverosa la menzione per un piccolo gioiello come il sudcoreano The Host (2006) firmato da Bong Joon-ho, che non si dedica solo a curare la tensione, dosando le apparizioni del disgustoso mostro protagonista della pellicola, ma riesce anche a divertire ed emozionare, grazie all'equilibrio tra le diverse anime del film. Un'abilità, quella del regista, che si era già percepita qualche anno prima in Memories of Murder (2003), dramma dedicato alla polizia di provincia alle prese con il primo serial killer del paese, che si avvale di una sceneggiatura complessa e tesissima, con una durezza ed un senso dell'azione che richiama un'altra pellicola di genere sudcoreana che ha impressionato a Cannes nel 2008: The Chaser dell'esordiente Na Hong-jin.
Ecco la lista completa (in ordine cronologico) delle scelte della redazione per quanto riguarda I film del decennio 2000-2009 - Speciale cinema dell'estremo oriente:
Audition (2000)
Battle Royale (2000)
In the Mood for Love (2000)
La Tigre e il dragone (2000)
L'isola (2000)
Bad Guy (2001)
Kairo (2001)
La città incantata - Spirited Away (2001)
A Snake of June (2002)
Dark Water (2002)
Dolls (2002)
Hero (2002)
Il crepuscolo del samurai (2002)
Infernal Affairs (2002)
Mr. Vendetta - Sympathy for Mr. Vengeance (2002)
Ju-On: Rancore (2003)
Memories of Murder (2003)
Old Boy (2003)
Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera (2003)
Zatoichi (2003)
2046 (2004)
Ferro 3 - La casa vuota (2004)
Il castello errante di Howl (2004)
La foresta dei pugnali volanti (2004)
La samaritana (2004)
The Hidden Blade (2004)
Big Bang Love, Juvenile A (2006)
I'm a Cyborg, But That's OK (2006)
Love and Honor (2006)
Paprika - Sognando un sogno (2006)
The Host (2006)
Achille e la tartaruga (2008)
Ponyo sulla scogliera (2008)
The Chaser ( 2008 )
Thirst (2009)