Il Korea Film Fest 2005

Si è svolta a Firenze la terza edizione del festival dedicato al cinema coreano, in gran parte dedicata alla figura di Kim Ki-Duk.

La terza edizione del Korea Film Fest, festival del cinema sud-coreano, ha chiuso i battenti giovedì 14 aprile dopo un'intensa settimana di lavori. La manifestazione, nata nel 2003 da un'idea di Riccardo Gelli e Eun Young Chang con lo scopo di diffondere in Italia la conoscenza del cinema coreano, ha eletto come sua sede ideale l'Auditorium Stensen di Firenze. La città toscana rappresenta, in realtà, principalmente un punto di partenza: molti dei film proiettati al festival, infatti, nei prossimi giorni faranno tappa nelle principali città italiane (Milano, Torino, Roma e Bologna) in un tour itinerante che permetterà anche chi non ha partecipato al festival di assistere ad alcune prime visioni o di recuperare pellicole che non troverebbero altrimenti distribuzione sul mercato italiano. Sponsor "storici" della manifestazione sono infatti, fin dal suo esordio, la Korean Air e la Samsung, colossi industriali impegnati nella difesa della cultura locale e nella sua diffusione all'estero.

A farla da leone all'interno del programma della manifestazione, la retrospettiva dedicata a Kim Ki-duk, rivelazione dell'ultima edizione del festival di Venezia, dove il suo Ferro 3 - La casa vuota, a sorpresa, si è aggiudicato il Leone d'Argento. Outsider assoluto nel panorama cinematografico internazionale, Kim Ki-duk, a causa della recente attenzione dimostrata dalla critica alla sua produzione, viene considerato, a torto, come massimo esponente dell'attuale cinematografia coreana. In realtà la sua figura è estremamente controversa, quantomai "di nicchia": regista assolutamente autodidatta, avverso alle regole ed ai dogmatismi, si è più volte contrapposto agli altri registi coreani contemporanei da lui considerati troppo intellettuali e conformisti, criticandoli apertamente. La retrospettiva a lui dedicata, offrendoci una visione complessiva della sua produzione, ha permesso di identificare quelle linee guida che caratterizzano la sua opera: i motivi autobiografici dell'infanzia in Corea, gli studi d'arte a Parigi, l'amore per la pittura e per il disegno, l'estetica visiva assolutamente personale, la violenza estrema, la ricerca dell'origine della crudeltà umana, motivi questi che si fondono in una produzione intensa ed originale. Accanto ai titoli più noti, Ferro 3, Primavera, Estate, Autunno, Inverno...e ancora Primavera e L'isola, il festival ha offerto la visione delle opere meno celebri dell'autore, tra le altre lo stupefacente esordio di Crocodile, Wild Animals, Bad Guy e The Coast Guard, tre variazioni sul tema della violenza, del sadismo e della follia umana, e l'interessante esperimento Real Fiction, un lungometraggio assolutamente sperimentale dal punto di vista tecnico girato, dopo dieci giorni di prove, in soli 200 minuti usando 10 cineprese e 2 videocamere digitali in simultanea.

Ad arricchire il programma del festival hanno contribuito una nutrita rassegna di corti, ai quali è stato dedicato il pomeriggio di domenica 10 aprile, le proiezioni di Untold Scandal di Lee Jae-yong, grande affresco in costume che ha visto l'adattamento nell'epoca Chosun del romanzo Les Liaisons Dangereuses di De Laclos, e di Too Young to Die di Park Jin-pyo, "scandalosa" storia d'amore tra due anziani censurata in patria tanto da meritare un visto di categoria "restricted" e presentata a Cannes 2002. Evento speciale del Korea Film Fest, Wonderful Days di Kim Moon-saeng, primo grande colossal di animazione dalla tematica ambientalista proveniente dalla Corea che ha implementato la Multimation, tecnica che permette di mixare animazione tradizionale in 2D (usata per i personaggi), computer-grafica 3D (usata per gli effetti speciali) e l'utilizzo di modellini creati ad hoc per i fondali. Oltre alle proiezioni, il festival ha dato spazio anche all'analisi ed alla riflessione sabato 9 aprile con una tavola rotonda dal suggestivo titolo "Corea spezzata" dove i critici Adriano Aprà, e Serafino Murri, insieme a Maurizio Gatti ed alla Dott.ssa Im-suk Jung, hanno dato vita ad un dibattito volto ad offrire un panorama del cinema coreano a livello critico e storico utilizzando l'apporto della letteratura classica e moderna.