
Amelio è nato in Calabria, per la precisione in un piccolo paese della provincia di Catanzaro, dove cresce soffrendo la mancanza del padre, emigrato in Argentina per lavoro. Si trasferisce a Messina per studiare filosofia, e durante il corso di laurea comincia già a interessarsi al cinema e alla critica. In seguito approda a Roma, dove inizia a lavorare come aiuto regista, collaborando anche con prestigiosi autori come Vittorio De Seta e Gianni Puccini. In parallelo intraprende anche l'attività di regista televisivo per la Rai, inizialmente assistendo il maestro Ugo Gregoretti; poi realizzando diversi lungometraggi sperimentali, alcuni dei quali particolarmente apprezzati dalla critica, come La morte al lavoro, che si aggiudica il premio FIPRESCI al Festival di Locarno, e Il piccolo Archimede, per la cui interpretazione Laura Betti viene premiata al Festival di San Sebastian.
L'esordio cinematografico vero e proprio arriva però solo nel 1983 con Colpire al cuore, incentrato sul terrorismo, che può vantare la collaborazione alla sceneggiatura di Vincenzo Cerami e la partecipazione di un cast prestigioso in cui figurano Jean-Louis Trintignant e Laura Morante, nel quale Amelio esprima già i tratti caratteristici della sua poetica, caratterizzata da un approccio stilistico influenzato dal neorealismo e da una predilezione per i temi più scottanti della politica e per le maggiori contraddizioni sociali del nostro paese. Cinque anni dopo il regista decide di raccontare le vicende de I ragazzi di via Panisperna, riscuotendo con la sua trasposizione storica un buon consenso di critica.
Ma la prima vera acclamazione arriva solo nel 1989 grazie a Porte aperte, che descrive la storia di un illuminato giudice siciliano, interpretato magistralmente da Gian Maria Volonté. L'opera, presentata alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes, ottiene un apprezzamento unanime, tanto da aggiudicarsi il Nastro d'Argento, il David di Donatello e persino L'European Film Awards e la nomination all'Oscar come Miglior film straniero.
Negli anni Novanta Amelio realizzerà alcuni autentici capolavori, in grado di portare allo scoperto alcuni conflitti irrisolti del passato e del presente italiano (in particolare quello tra Nord e Sud), mettendo in luce le ingiustizie e le disuguaglianze connaturate nel sistema sociale, senza al contempo rinunciare a tratteggiare dei ritratti di personaggi profondamente umani.
Il ladro di bambini è un atipico road movie che circoscrive il percorso di un inesperto carabiniere (la rivelazione Enrico Lo Verso), incaricato di scortare da Milano a Palermo due bambini in un istituto minorile. Intenso e spiazzante nel descrivere le geometrie emotive innescate dai personaggi, il film vince il Grand Prix Speciale della Giuria al Festival di Cannes del 1992, oltre a numerosi altri riconoscimenti. Due anni dopo con L'America, premiato con l'Osella d'Oro Festival di Venezia, il regista affronta un altro argomento problematico e complesso, il dramma dell'emigrazione albanese e del rifiuto di accoglienza degli italiani, affidandosi di nuovo al volto ruvido e spigoloso di Lo Verso, e a quello risoluto di Michele Placido. Nel 1999 è la volta dell'ambizioso affresco Così ridevano, terzo sodalizio con Lo Verso, sorta di epopea familiare che indaga sulle origini delle disuguaglianze contemporanee, mostrando le distorsioni dell'emigrazione meridionale nella Torino industriale degli anni Sessanta. Una delle opere più articolate e al tempo stesso commoventi del regista, che ottiene meritatamente il Leone d'Oro al Festival di Venezia.
Il nuovo Millennio per l'autore si apre con un'opera intima e delicata, Le chiavi di casa (2004), presentato ancora a Venezia e tratto dal libro Nati due volte di Giuseppe Pontiggia, che questa volta si appoggia al talento di Kim Rossi Stuart per indagare il difficoltoso rapporto tra un padre e un figlio disabile. Due anni dopo il regista torna a interessarsi dell'analisi socio-politica contemporanea, e in particolare della globalizzazione, con La stella che non c'è, ispirato al romanzo La dismissione di Ermanno Rea, con un notevole Sergio Castellitto nei panni di un responsabile della manutenzione di una fabbrica italiana che durante un viaggio in Cina scopre una realtà inaspettata.
Gianni Amelio si è però dedicato anche ad altre attività all'infuori di quella strettamente registica: ha insegnato per alcuni anni al Centro Sperimentale di Cinematografia e dal 2008 ha preso il posto di Nanni Moretti nella direzione del Torino Film Festival.
Dopo cinque anni il regista è tornato dietro la macchina da presa con la sua prima produzione francese, Il primo uomo, adattamento dell'omonimo romanzo di Albert Camus. Il film, interpretato da Jacques Gamblin, Maya Sansa e Claudia Cardinale, sarà presentato al Festival di Venezia 2011.
1992 Premio Gran Premio della Giuria per Il ladro di bambini
2013 Premio Premio Fondazione Mimmo Rotella per L'intrepido
2013 Premio Premio Lanterna Magica (Cgs) per L'intrepido
1998 Premio Leone d'oro per Così ridevano
2007 Candidatura Premio Film Commission Torino Piemonte o Premio dei critici per La stella che non c'è
2005 Candidatura Miglior sceneggiatura per Le chiavi di casa
2005 Candidatura Miglior regista per Le chiavi di casa
2005 Candidatura Miglior film per Le chiavi di casa
1995 Candidatura Miglior regista per Lamerica
1992 Premio Miglior film per Il ladro di bambini
2022 Regia, Sceneggiatura, Soggetto
2019 Sceneggiatura, Soggetto, Regia
2017 Regia, Sceneggiatura
2014 Regia
Un film, lo si fa sulla pelle. Più con la pancia e con il cuore che con l'intelletto. Per quante volte si riscriva la sceneggiatura, ad un certo punto bisogna abbandonarsi e consultarla solo qualche volta, quando serve.
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