Come ben saprete, questa domenica avrà luogo uno degli appuntamenti più importanti della Awards Season americana, ma anche una celebrazione di gran parte del meglio (con le consuete omissioni) del cinema e della TV del 2015: la 73° edizione dei Golden Globe. Assegnate da una novantina di giornalisti del settore appartenenti alla cosiddetta "stampa straniera" di stanza a Hollywood, ovvero la Hollywood Foreign Press Association, le "sfere dorate" sono per antonomasia il trofeo cinematografico più importante d'America subito dopo gli Oscar.
Caratterizzati dalla presenza di categorie televisive e dalla divisione nei macro-generi dramma e commedia (una distinzione introdotta già nel lontano 1950, con sostanziali variazioni nelle edizioni a seguire), i Golden Globe hanno mantenuto sempre una propria identità, per quanto talvolta difficile da definire: di anno in anno, infatti, sono stati capaci di ricompensare piccoli film d'autore o addirittura opere in lingua straniera, con una frequenza assai maggiore di quanto non capiti con l'Academy (ben più anglocentrica), oppure di 'nobilitare' con una o più statuette grandi fenomeni commerciali di massa, contraddicendo la nozione del tipico "film da Oscar".
Insomma, i Golden Globe non rappresentano soltanto un passaggio quasi obbligato sulla strada verso l'Oscar, ma un'istituzione decisamente prestigiosa, per quanto talvolta oggetto di critiche feroci (proverbiale il caso del 2010, quando lo stroncatissimo The Tourist si ritrovò in lizza nelle categorie principali, fra lo scherno generale). E pur essendo affezionatissimi ai globi d'oro e alla loro gloriosa tradizione, oggi vogliamo soffermarci proprio sulle pagine più bizzarre di questa storia pluridecennale: ovvero sulle vittorie più inaspettate, alcune delle quali assurde, altre semplicemente sorprendenti (anche in positivo), altre ancora comprensibili all'epoca, ma che non hanno resistito alla "prova del tempo"; a dimostrazione che non solo agli Oscar possono verificarsi grandi colpi di scena (o, nei casi peggiori, imbarazzanti passi falsi...).
1943: quando Bernadette sconfisse Casablanca
Partiamo proprio dalle origini, ovvero dalla primissima edizione dei Golden Globe: quella riferita all'anno 1943 (i premi furono poi consegnati nel gennaio del 1944). Alla loro inaugurazione, i Golden Globe sancirono il trionfo di una pellicola che aveva sbancato il box office americano: Bernadette, vera storia della mistica francese che all'età di quattordici anni, nel 1858, ebbe ben diciotto visioni della Madonna nella località di Lourdes, futuro santuario mariano. La pellicola, tratta dal best seller di Franz Werfel, conquistò tre Golden Globe: miglior film, miglior regia per Henry King e miglior attrice per Jennifer Jones. A restare totalmente ignorato, invece, fu un intramontabile classico del cinema hollywoodiano, Casablanca, appassionata storia d'amore sullo sfondo del conflitto mondiale. L'Academy, per fortuna, ci vide più lungo, assegnando a Bernadette quattro Oscar (fra cui quello alla Jones) ma riservando i tre premi principali (miglior film, regia e sceneggiatura) alla love story fra Rick e Ilsa. Oggi Bernadette è considerato un dramma religioso piuttosto datato e poco ricordato, mentre Casablanca rimane un film semplicemente leggendario.
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1951: perdere un tram chiamato Desiderio
In un'ideale classifica delle migliori e più apprezzate interpretazioni di sempre sul grande schermo, un posto d'onore andrebbe senza ombra di dubbio alla fragile e tormentata Blanche DuBois impersonata nel 1951 dall'ex Rossella Vivien Leigh in Un tram che si chiama Desiderio, capolavoro di Elia Kazan tratto dall'omonimo dramma teatrale di Tennessee Williams. La Leigh si calò infatti in un ruolo struggente e ricco di sfumature, regalando una performance superba che le sarebbe valsa il secondo Oscar della sua carriera, dodici anni dopo quello per Via col vento: e come dar torto all'Academy? Ai Golden Globe, tuttavia, erano di un altro parere, e al posto di Vivien Leigh i giurati scelsero poco comprensibilmente di premiare come miglior attrice Jane Wyman per Più forte dell'amore, definito già all'epoca dalla critica come un convenzionale melodramma strappalacrime e oggi dimenticato dai più.
1963: la vittoria a sorpresa del "diavolo" Alberto Sordi
Nella sterminata filmografia del nostro Alberto Sordi, Il diavolo non può di certo essere annoverato fra i titoli più famosi, nonostante abbia ricevuto l'Orso d'Oro al Festival di Berlino 1963. La commedia diretta da Gian Luigi Polidoro, in cui Sordi impersonava un aspirante donnaiolo italiano che si trasferisce in Svezia a caccia di conquiste femminili, fu distribuita negli Stati Uniti con il malizioso titolo To Bed or Not to Bed, e valse a Sordi, pressoché sconosciuto sul suolo americano, un inaspettato Golden Globe come miglior attore di commedia. Già di per sé sarebbe un premio sorprendente, ma a rendere le cose ancore più bizzarre è il fatto che quell'anno, nella medesima categoria, concorreva anche un giovane Albert Finney, nel ruolo che avrebbe lanciato la sua carriera: quello di un altro seduttore in Tom Jones, trasposizione del romanzo di Henry Fielding. La pellicola in costume di Tony Richardson vinse due Golden Globe, come miglior commedia e come miglior film straniero, e avrebbe poi ottenuto quattro Oscar, tra cui miglior film, ma ai Golden Globe Finney dovette accontentarsi di un riconoscimento speciale come attore emergente.
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1967: Dustin Hoffman, un "laureato" bocciato ai Golden Globe
Quattro anni più tardi, nella stessa categoria, a ricevere il premio come miglior attore fu l'irlandese Richard Harris per la parte di Re Artù in Camelot, imponente musical basato sull'omonimo spettacolo di Broadway, in cui Harris era affiancato da Vanessa Redgrave e Franco Nero. Nonostante Camelot avesse riportato un notevole successo al botteghino, Harris vinse il Golden Globe a scapito di una star emergente alle prese con il ruolo simbolo della sua carriera in uno dei massimi cult di tutti i tempi: il trentenne Dustin Hoffman nei panni dell'impacciato Benjamin Braddock ne Il laureato. Quell'anno però Hoffman ottenne soltanto un premio speciale come attore emergente, insieme alla sua prima candidatura all'Oscar.
1988: tre donne per un Golden Globe
In una giuria composta da poche decine di membri gli ex aequo sono avvenimenti tutt'altro che rari, e infatti nella storia dei Golden Globe se ne sono verificati parecchi (benché nessuno in tempi recenti); il più sorprendente, però, è probabilmente quello capitato nell'edizione del 1988 nella categoria per la miglior attrice di dramma. Al momento di aprire la busta, infatti, uno sbigottito Michael Douglas rimase a bocca aperta per qualche secondo, prima di annunciare un three-way tie, ovvero un ex aequo fra ben tre attrici. In una cinquina che comprendeva anche Christine Lahti e l'immancabile Meryl Streep, a ricevere il Golden Globe furono Jodie Foster per Sotto accusa, Shirley MacLaine per Madame Sousatzka e Sigourney Weaver per Gorilla nella nebbia (il secondo premio per la Weaver, che nella stessa serata aveva già vinto il Golden Globe come miglior attrice supporter per Una donna in carriera). Jodie Foster e Sigourney Weaver sarebbero poi state entrambe candidate all'Oscar, ma in quell'occasione non si verificò un altro pareggio e la statuetta andò alla Foster.
1992: Profumo di donna batte Gli spietati
Scent of a Woman - Profumo di donna, remake del celebre film di Dino Risi con Vittorio Gassman, è ricordato essenzialmente per aver permesso a uno dei maggiori attori di Hollywood, Al Pacino, di aggiudicarsi finalmente quell'Oscar che in numerose occasioni aveva già sfiorato per un soffio, senza però mai vincerlo; ma nonostante il grande successo e i riconoscimenti per Pacino, la critica non si è dimostrata troppo generosa nei confronti del remake diretto da Martin Brest, considerato generalmente inferiore alla pellicola di Risi. Non erano di questo parere, evidentemente, i membri della Hollywood Foreign Press Association quando, nell'edizione del 1992, votarono in massa Profumo di donna, che oltre al Golden Globe per Al Pacino ottenne anche i premi come miglior film drammatico e per la miglior sceneggiatura. Il trionfo di Profumo di donna come miglior film arrivò a discapito del grande favorito, l'acclamato western Gli spietati, che vinse invece i premi per il regista Clint Eastwood e per l'attore supporter Gene Hackman; l'Academy, in compenso, non esitò a ricoprire Gli spietati di statuette, tra cui quella come miglior film, riservando a Profumo di donna soltanto il sospirato Oscar per Pacino.
1995: And the winner is... Sharon Stone
Negli anni Novanta, prima che la sua carriera incappasse in disastri del calibro di Catwoman o Basic Instinct 2, Sharon Stone era una delle dive più popolari di Hollywood, principalmente grazie al suo ruolo da seducente femme fatale nel thriller erotico Basic Instinct; ben pochi, però, si sarebbero aspettati che una giuria specializzata potesse preferirla ad attrici di assoluto talento come Meryl Streep o Emma Thompson. Pertanto, ai Golden Globe del 1995 fu una gigantesca sorpresa (perfino per l'interessata) la vittoria di Sharon Stone come miglior attrice di dramma per la parte della fascinosa Ginger McKenna, partner dell'Asso di Robert De Niro in Casinò di Martin Scorsese: non tanto perché la prova della Stone non fosse di alto livello, ma perché le altre candidate, all'interno di una cinquina a dir poco strepitosa, erano Susan Sarandon per Dead Man Walking, Elisabeth Shue per Via da Las Vegas, Meryl Streep per I ponti di Madison County ed Emma Thompson per Ragione e sentimento, vale a dire quattro fra le migliori performance femminili dell'intero decennio. La stessa cinquina sarebbe poi stata riproposta anche agli Oscar, dove però a portarsi a casa una sacrosanta statuetta come miglior attrice, al quinto tentativo, fu l'intensa Susan Sarandon di Dead Man Walking.
1996: Evita, evitando Fargo
Prima ancora di evocare il titolo di una delle serie più apprezzate del panorama televisivo, o il nome della città più popolosa del North Dakota, Fargo è innanzitutto uno dei capolavori dei fratelli Coen: una formidabile black comedy che, nel 1996, conquistò il premio per la miglior regia al Festival di Cannes e si impose come il maggior successo di pubblico nella carriera di Ethan e Joel fino a quel momento. Se la critica impazzì per Fargo, l'entusiasmo dei membri della Hollywood Foreign Press Association dev'essere stato assai più contenuto: nonostante le quattro nomination, infatti, il thriller grottesco diretto da Joel Coen rimase a mani vuote. Ma a lasciare davvero sbalorditi è il fatto che i giurati ignorarono Fargo per premiare, al suo posto, Evita, musical basato sul successo teatrale di Andrew Lloyd Webber sulla vita della First Lady argentina Eva Peron; e per quanto sia possibile apprezzare il film diretto da Alan Parker (l'accoglienza della critica, a dir la verità, fu piuttosto tiepida già allora), è veramente arduo pensare di preferirlo al cult dei fratelli Coen.
Evita ottenne in tutto tre Golden Globe: miglior commedia/musical, miglior canzone e miglior attrice per Madonna, che ha potuto così aggiungere un Golden Globe alla sua collezione di Razzie Award come peggior attrice. I membri dell'Academy, al contrario, si guardarono bene dal candidare Madonna fra le attrici, riservando a Evita solo l'Oscar per la canzone You Must Love Me e assegnando invece a Fargo due Oscar, per la miglior sceneggiatura originale e per la miglior attrice a Frances McDormand. Per quanto ci riguarda, potremmo anche dilungarci sull'assurdità di aver dato il Golden Globe all'Evita di Madonna anziché all'irresistibile McDormand, ma l'espressione del capo della polizia Marge Gunderson sintetizza perfettamente la nostra opinione al riguardo...
1999: la rivincita di Toy Story
A partire dall'edizione del 2006, i Golden Globe hanno seguito l'esempio dell'Academy inaugurando una nuova categoria dedicata ai migliori film d'animazione; prima di quella data, però, le pellicole animate si trovavano talvolta a concorrere come miglior commedia/musical, e film come La bella e la bestia e Il re leone sono arrivate perfino a vincere il Golden Globe. Anche Toy Story, cult di John Lasseter e primo lungometraggio cinematografico della neonata Pixar, nel 1995 era stato candidato come miglior commedia, facendosi però superare da Babe, maialino coraggioso, eletto a sorpresa vincitore della categoria. La riscossa per Lasseter e la Pixar sarebbe arrivata quattro anni più tardi, quando Toy Story 2, sequel delle avventure di Woody, Buzz e gli altri giocattoli parlanti, conquistò il Golden Globe come miglior commedia, sebbene nel 1999 tutti i pronostici fossero a favore di Essere John Malkovich; la commedia surreale di Spike Jonze, forte di quattro nomination, si vide invece sottrarre il trofeo principale da Toy Story 2, in uno degli upset più clamorosi nella storia del premio.
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2007: Lo scafandro e la farfalla e la riscossa dei film stranieri
Agli Oscar, finora nessun cineasta ha vinto il premio come miglior regista dirigendo un film in lingua non inglese; da questo punto di vista la giuria dei Golden Globe ha dimostratato una mentalità molto più aperta, e in due occasioni ha ricompensato i registi di opere in lingua straniera. Il primo è stato Ang Lee, premiato all'edizione del 2000 per il wuxiapan La tigre e il dragone; ma ancora più sorprendente è stata, nel 2007, la vittoria del regista newyorkese Julian Schnabel per la regia di un film in lingua francese, Lo scafandro e la farfalla. Vera storia del giornalista Jean-Dominique Bauby, paralizzato da un ictus e costretto a esprimersi usando esclusivamente la palpebra dell'occhio sinistro, Lo scafandro e la farfalla ha ricevuto una valanga di riconoscimenti in tutto il mondo, incluse quattro nomination all'Oscar, il premio per la miglior regia al Festival di Cannes, due premi César e due Golden Globe, come miglior film straniero e per la regia, superando in quest'ultima categoria perfino i fratelli Coen di Non è un paese per vecchi. Insomma, una sorpresa che, una volta tanto, ci ha stupito positivamente, contribuendo a ricordarci che nell'elenco dei migliori film dell'anno non si parla sempre e solo inglese...