Raramente, negli scorsi anni, avevamo assistito a un duello tanto serrato nel periodo immediatamente precedente alla notte degli Oscar: i più recenti vincitori, 12 anni schiavo ed Argo, nonostante la concorrenza di rivali agguerritissimi (rispettivamente Gravity e la coppia Lincoln e Vita di Pi) erano arrivati al mese di febbraio come gli indiscussi frontrunner per il premio principale, per non parlare dei trionfi annunciati con largo anticipo di The Artist, Il discorso del re e The Hurt Locker.
Bisogna tornare a nove anni fa, a quel clamoroso (e famigerato) upset messo a segno da Crash - Contatto fisico sul favoritissimo I segreti di Brokeback Mountain, per trovare un'altra sfida altrettanto sul filo di lana per l'Oscar al miglior film; e anche per quest'anno, la sensazione è che il destinatario della statuetta più ambita sarà determinato da una manciata di voti, con Birdman e Boyhood appaiati in una gara al fotofinish che, la notte del prossimo 22 febbraio, dovrebbe regalarci abbondanti dosi di suspense.
Birdman conquista il Directors Guild Award e attua il sorpasso
Nel penultimo articolo della nostra rubrica vi avevamo già presentato il testa a testa che si profilava fra la commedia a sfondo teatrale di Alejandro González Iñárritu e l'innovativo racconto di formazione di Richard Linklater, con Birdman in netto recupero grazie alla pioggia di consensi da parte delle guild, ovvero i sindacati cinematografici americani. E dopo il Producers Guild Award come miglior film e lo Screen Actors Guild Award per il miglior cast, sabato sera Birdman ha assestato l'affondo definitivo: la vittoria del Directors Guild Award, con Iñárritu eletto miglior regista dell'anno dai cineasti iscritti al Directors Guild of America. Il film interpretato da Michael Keaton ha messo dunque a segno una formidabile tripletta, che tendenzialmente equivale ad una seria ipoteca anche per la corsa all'Oscar per il miglior film: è accaduto in passato con Argo (2012), Il discorso del re (2010), The Millionaire (2008), Non è un paese per vecchi (2007), Il signore degli anelli - Il ritorno del re (2003), Chicago (2002) e American Beauty (1999).
Le statistiche, insomma, sembrano tutte a favore di Birdman, benché in passato si sia verificata pure una significativa eccezione: nel 1995 Apollo 13 mise a segno la medesima tripletta (nella prima edizione dei SAG Award), ma poi agli Oscar fu sconfitto da Braveheart - Cuore impavido (vale la pena ricordare, tuttavia, che Apollo 13 aveva mancato la nomination fondamentale per la regia). Statistiche a vantaggio di Birdman anche per quanto riguarda il rapporto fra il DGA Award e l'Oscar al miglior film: le scelte delle due giurie hanno coinciso in cinquantadue casi su sessantasei, mentre la corrispondenza fra DGA Award e Oscar per la miglior regia aumenta a ben cinquantotto casi su sessantasei. Su tali presupposti, sembra che il messicano Alejandro González Iñárritu possa davvero cominciare a preparare il proprio discorso di ringraziamento per la statuetta come miglior regista, mentre a questo punto Boyhood, il grande favorito della prima ora, deve riporre tutte le proprie speranze nella corsa all'Oscar per il miglior film, per la quale i giochi sono ancora aperti.
BAFTA Award: la rivincita di Boyhood e la pioggia di statuette per Grand Budapest Hotel
A poche ore di distanza dallo 'smacco' ai Directors Guild Award, infatti, Boyhood ha dimostrato di essere ancora un concorrente decisamente temibile, aggiudicandosi un'importante vittoria: quella alla 68esima edizione dei British Academy Film Award, meglio conosciuti come i BAFTA. Su appena cinque nomination, Boyhood ha ottenuto infatti tre BAFTA Award: miglior film, miglior regia per Richard Linklater e miglior attrice supporter per Patricia Arquette, le stesse categorie che lo avevano già visto trionfare ai Golden Globe e ai Critics Choice Award, mentre Birdman, a dispetto delle ben dieci candidature, ha dovuto accontentarsi della singola statuetta per la fotografia di Emmanuel Lubezki. Di rado si era verificata una spartizione tanto netta di trofei tra due film protagonisti della awards race (Golden Globe, BAFTA e critici da un lato, i membri di tutte le guild americane dall'altro), a testimonianza di uno dei duelli più appassionanti negli ultimi due decenni di storia degli Oscar.
Per il resto, la giuria dei BAFTA ha incoronato una delle due produzioni nazionali più apprezzate dell'annata, lasciando invece l'altra a mani vuote: ben tre premi infatti per La teoria del tutto, ricompensato come miglior film britannico, per l'attore protagonista Eddie Redmayne e per la sceneggiatura adattata, mentre fumata nerissima per The Imitation Game, rimasto al palo nonostante le sue nove nomination. Ad uscire vincitore dai BAFTA Award di domenica sera, insieme a Boyhood e La teoria del tutto, è stato inoltre Grand Budapest Hotel: la commedia di Wes Anderson, forte di undici nomination, ha raccolto infatti cinque BAFTA per la sceneggiatura originale, la colonna sonora, la scenografia, i costumi e il trucco... quante di queste categorie vedranno il film di Anderson prevalere anche agli Oscar? Che Grand Budapest Hotel possa davvero concludere la notte delle stelle portandosi a casa un totale di ben quattro o cinque statuette? Tutto più o meno secondo le previsioni per quanto riguarda il resto, con Whiplash che ottiene tre BAFTA (per l'attore supporter J.K. Simmons, ma pure per il montaggio e il sonoro), Julianne Moore incoronata miglior attrice grazie a Still Alice, The Lego Movie miglior film d'animazione, Ida di Pawel Pawlikowski miglior film straniero e il delizioso Pride ricompensato come miglior film d'esordio.
Uno sguardo al resto del mondo: i premi Goya e le nomination a César e Genie
Approfittiamo dell'ultimo articolo della nostra rubrica, tuttavia, per ricordarci che non esistono solo gli Oscar, né tantomeno soltanto i premi per i film in lingua inglese; e in un panorama in cui spesso pellicole di altre nazionalità rimangono nascoste o invisibili, può valere la pena dedicare un piccolo spazio anche ai film e ai premi di altri paesi, per sapere quali sono i titoli più apprezzati in cinematografie non altrettanto illuminate dai riflettori mediatici. Partiamo con i premi Goya, i più celebri trofei della Spagna, che sabato sera hanno sancito il trionfo de La isla mínima, thriller diretto da Alberto Rodríguez con echi da True Detective, incentrato su una coppia di detective inviati in un piccolo villaggio dell'Andalusia per indagare sull'omicidio di due ragazze: ben dieci premi Goya, tra cui miglior film, regia e attore per Raúl Arévalo. Miglior attrice è Bárbara Lennie per il noir Magical Girl, mentre come film stranieri sono stati premiati l'argentino Storie pazzesche (fra le pellicole in lingua spagnola) e il polacco Ida.
Gli amanti del cinema francese non possono non prestare attenzione ai prestigiosi premi César, giunti quest'anno alla loro quarantesima edizione e in calendario per il 20 febbraio. A partire in pole-position, con un totale di ben dieci nomination, è Saint Laurent, il biopic di Bertrand Bonello dedicato al famoso stilista, con l'affascinante Gaspard Ulliel nel ruolo principale (e Ulliel dovrà sfidare Pierre Niney, che interpreta il medesimo ruolo nell'altro film biografico sullo stilista uscito l'anno scorso, Yves Saint Laurent). Fra gli altri candidati di punta di questa edizione dei César troviamo la commedia romantica Les combattants di Thomas Cailley, con nove nomination, il dramma Timbuktu di Abderrahmane Sissako, con otto nomination (e candidato all'Oscar come miglior film straniero per la Mauritania), e la suggestiva esplorazione dell'animo femminile di Sils Maria di Olivier Assayas, con sei nomination, fra cui quelle per l'attrice protagonista Juliette Binoche e per l'attrice supporter Kristen Stewart. A contendere il César alla Binoche ci sarà, fra le altre, pure Marion Cotillard, in lizza qui come agli Oscar per l'intenso Due giorni, una notte dei fratelli Dardenne.
Concludiamo infine con i Genie Award, ovvero i premi riservati al cinema canadese, rinominati da tre anni Canadian Screen Award e in programma per il 1° marzo; a contendersi il maggior numero di statuette, in questo caso, saranno le opere di un maestro indiscusso della settima arte e di un giovanissimo talento già in via di consacrazione. Lo struggente melodramma familiare Mommy di Xavier Dolan si presenta infatti ai nastri di partenza con ben tredici nomination, tra cui miglior film e regia, miglior attore per Antoine-Olivier Pilon, miglior attrice per Anne Dorval e miglior attrice supporter per Suzanne Clément. Undici nomination per Maps to the Stars, ferocissimo ritratto del sottobosco hollywoodiano da parte del grande David Cronenberg, in lizza per miglior film, regia, attore per Evan Bird, attrice per Julianne Moore e, come interpreti supporter, John Cusack, Robert Pattinson e Mia Wasikowska.