Quando, il 2 marzo 2014, Cate Blanchett ritirò il suo meritatissimo Oscar per Blue Jasmine, nel suo discorso ringraziò ironicamente coloro che, nell'industria hollywoodiana, "sono ancora stupidamente attaccati all'idea che i film al femminile con protagoniste donne siano esperienze di nicchia. Non lo sono. Il pubblico vuole vederli e, infatti, questi film incassano". Nei due anni e mezzo a seguire, la situazione è cambiata? Forse sì, ma non troppo e non abbastanza, in una cultura in cui la misoginia, per quanto in maniera talvolta velata e impercettibile, è ancora viva e vegeta (basti prendere ad esempio l'attuale campagna presidenziale americana).
La buona notizia è che, per fortuna, qualcosa si sta muovendo, e a Hollywood non tutti sembrano più così spaventati dall'idea di mettere delle donne al centro delle storie: perfino nella Hollywood mainstream delle grandi produzioni, che vede in uscita titoli come Arrival con Amy Adams, La ragazza del treno con Emily Blunt e Miss Sloane con Jessica Chastain. Ma è soprattutto il cinema indipendente a mostrare un interesse a trecentosessanta gradi per l'universo femminile: e fra i vari esempi in merito, particolare attenzione la sta attirando 3 Generations - Una famiglia quasi perfetta, presentato al Festival di Roma, nella sezione Alice nella città, e uscito nei giorni scorsi in sala.
Da 3 Generations a 20th Century Women: generazioni di donne a confronto
Già presentato un anno fa al Festival di Toronto, acquistato ma poi "chiuso in magazzino" dalla Weinstein Company (a testimonianza di come, appunto, lo spazio per i film al femminile sia ancora drammaticamente ristretto) e in uscita a breve in Italia distribuito da Videa, 3 Generations (bislacca rititolazione dell'originale About Ray), diretto dalla regista inglese Gaby Dellal, è un racconto di formazione imperniato sul rapporto tra figlia, madre e nonna. Ray è il nome scelto per la sua nuova identità maschile da Ramona, adolescente transgender impegnato in una fase di transizione verso la sua natura di uomo: un ruolo complesso affidato a una giovanissima star emergente, Elle Fanning, di cui sentiamo parlare sempre più spesso. Al fianco di Ramona/Ray ci sono sua madre Maggie, che ha il volto di Naomi Watts, e una vivace nonna lesbica di nome Dolly, impersonata da Susan Sarandon: sue "compagne di viaggio", pronte a sostenere Ray e a dimostrargli il loro affetto incondizionato.
Mentre il pubblico italiano accoglie 3 Generations in sala, sull'altra sponda dell'Atlantico altri due film corali con grandi cast al femminile hanno raccolto standing ovation da parte della critica e del pubblico al New York Film Festival e si preparano ad approdare nelle sale statunitensi. Certain Women, diretto dalla talentuosa Kelly Reichardt e in uscita il 14 ottobre, mette in scena le storie parallele di tre donne del Montana, Laura Wells (Laura Dern), Gina Lewis (Michelle Williams) e Beth Travis (Kristen Stewart). In 20th Century Women di Mike Mills, ambientato in California alla fine degli anni Settanta, ritroviamo invece Elle Fanning nella parte di Julie, teenager sessualmente disinibita amica dell'adolescente Jamie (Lucas Jade Zumann). In arrivo a Natale negli USA e già eletto fra i titoli di punta della prossima awards season, 20th Century Women è stato descritto come un toccante coming of age in cui l'educazione emotiva e sentimentale di Jamie passerà attraverso il rapporto con tre donne: sua madre Dorothea Fields (Annette Bening), l'amica Julie e la fotografa trentenne Abbie Clarke (Greta Gerwig).
Susan Sarandon e le veterane: icone sempre pronte a rimettersi in gioco
Proprio 3 Generations, con le sue tre interpreti, ci offre lo spunto per riflettere su tre generazioni di attrici che, pur senza prendere le distanze dal concetto di divismo, hanno focalizzato le loro energie professionali soprattutto sul valore dei singoli progetti e sul desiderio di intraprendere sfide sempre nuove. Della 'nonna' del film, l'intramontabile Susan Sarandon, abbiamo da poco celebrato i settant'anni: settant'anni non solo portati splendidamente, ma che non hanno impedito, a lei come ad altre sue coetanee, di continuare a trovare ruoli interessanti e fuori dagli schermi. Susan, infatti, appartiene alla generazione di attrici appena successive alla New Hollywood: quelle nate nella seconda metà degli anni Quaranta e approdate al successo tra la fine degli anni Settanta (al tramonto della New Hollywood, appunto) e l'inizio degli anni Ottanta.
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Una categoria che vede come capofila indiscussa Meryl Streep (sessantasette anni), davvero un caso a parte, e che comprende autentiche icone del cinema americano quali Diane Keaton (settant'anni), Sally Field (sessantanove anni), Glenn Close (sessantanove anni), Jessica Lange (sessantasette anni), Sigourney Weaver (sessantasette anni) e Sissy Spacek (sessantasei anni). Con Diane Keaton e Sissy Spacek pronte ad approdare al successo già nella prima metà degli anni Settanta, seguite a ruota da tutte le altre, questo manipolo di attrici è entrato di prepotenza nell'immaginario collettivo del pubblico: talvolta con ruoli borderline, ma più spesso interpretando donne comuni alle prese con piccole e grandi sfide quotidiane. Alcune, come Susan Sarandon e Jessica Lange, si sono fatte notare da subito per il travolgente sex appeal dei loro primi personaggi; altre, come Sally Field, Glenn Close e Sigourney Weaver, per la grinta 'mascolina' (ma squisitamente femminile) e la determinazione dei loro ruoli più celebri.
Se fra queste Meryl Streep è rimasta la First Lady incontrastata del cinema USA, bisogna ricordare che tutte le altre hanno regalato ottime performance pure in anni più recenti, a riprova di un talento che non conosce età: Glenn Close e Sally Field, ad esempio, di recente sono tornate in lizza agli Oscar (dopo decenni di assenza) rispettivamente grazie ad Albert Nobbs e Lincoln. Infine, vale la pena ricordare che è stato il piccolo schermo ad offrire, a molte di loro, una "seconda giovinezza" artistica: Glenn Close e Jessica Lange hanno fatto incetta di Golden Globe e di Emmy grazie alle loro superbe performance in Damages e in American Horror Story (subito prima di loro era stato il turno di Sally Field con Brothers & Sisters), mentre la Sarandon sarà a breve protagonista in TV della serie Feud, proprio accanto alla Lange.
Naomi Watts e le sue coetanee: quando la carriera non finisce a quarant'anni
Uno degli adagi tristemente diffusi a Hollywood: la carriera di un'attrice finisce a quarant'anni. Verità concalamata all'epoca della Golden Age e dello star system, quando tante dive sparivano dalle scene con l'approssimarsi della 'maturità' (e non tutte volontariamente, come Greta Garbo), e prassi illustrata con tragica autoironia dalla Norma Desmond di Gloria Swanson in Viale del tramonto. Le cose sono cambiate? Non del tutto, dal momento che la "Hollywood che conta" sembra puntare sulle attrici solo dai quarant'anni in giù; ma per fortuna interpreti come l'australiana Naomi Watts, quarantotto anni appena compiuti, mantengono vive le eccezioni alla regola, e oggi questa generazione di ultraquarantenni ancora sulla cresta dell'onda appare più ampia che mai. Di una abbiamo parlato in apertura dell'articolo: a quarantasette anni Cate Blanchett, connazionale e quasi coetanea della Watts, è all'apice della popolarità, e poco dopo il secondo Oscar per Blue Jasmine ha inanellato un altro ruolo destinato agli annali del cinema nel capolavoro Carol.
Dall'Australia proviene anche l'altra star di punta tra le "future cinquantenni" di Hollywood, Nicole Kidman (quarantanove anni), arrivata al successo negli USA con un decennio d'anticipo sulla Watts, ma capace di sottrarsi ben presto all'immagine di semplice sex symbol: dopo il divorzio da Tom Cruise, in particolare, la Kidman ha alternato progetti più mainstream a ruoli decisamente più sofisticati, dedicandosi spesso al cinema d'autore vero e proprio e regalandoci una serie di prove magistrali. Due ex "fidanzatine d'America", negli anni Novanta star incontrastate della commedia romantica, sono sopravvissute egregiamente alla "crisi dei quaranta": Sandra Bullock (cinquantadue anni) è tornata al successo nel 2009 con The Blind Side, vincendo un inaspettato Oscar, ha sfoderato la performance della vita nel 2013 in Gravity e fra due anni dividerà lo schermo con Cate Blanchett in Ocean's Eight; mentre Julia Roberts (quarantotto anni) ha continuato a dare prova del proprio talento in film come I segreti di Osage County. Maggiori difficoltà le hanno incontrate invece Halle Berry (cinquant'anni), che in compenso ha saputo 'riassestare' la propria carriera dopo diverse scelte discutibili, e Renée Zellweger (quarantasette anni), impegnata in un difficile rilancio dopo una lunga assenza dalle scene tornando a vestire i panni di Bridget Jones.
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Arriviamo dunque alla più giovane delle tre comprimarie di 3 Generations, la diciottenne Elle Fanning (sorella minore dell'ex bambina prodigio Dakota Fanning), la quale sta vivendo un anno da incorniciare. Fattasi notare in Somewhere di Sofia Coppola ed 'esplosa' nel 2014 al fianco di Angelina Jolie in Maleficent, nel 2016 la Fanning è stata la musa di Nicolas Winding Refn nel controverso e fascinosissimo The Neon Demon, sta raccogliendo lodi a destra e a manca accanto ad Annette Bening e Greta Gerwig in 20th Century Women e a breve la rivedremo insieme a Ben Affleck nel crime drama La legge della notte, nonché nei panni di Mary Shelley in A Storm in the Stars . Elle, in sostanza, sta attraversando la parabola professionale paradigmatica di altre attrici più grandi di lei come Kristen Stewart, Emma Watson e Mia Wasikowska, capaci di muoversi con disinvoltura fra prodotti mainstream e cinema indipendente di alta classe.
Se Shailene Woodley, altra attrice già più 'grandicella' (ventiquattro anni), dopo essersi fatta notare in Paradiso amaro si sta spostando sempre più verso scelte dal taglio commerciale, dalla saga distopica di Divergent allo strappalacrime Colpa delle stelle, altre star in erba, appena di qualche anno più grandi della Fanning, hanno intrapreso un percorso artistico ben preciso. Una "promessa mantenuta" è senz'altro quella dell'irlandese Saoirse Ronan (ventidue anni): dopo aver incantato il pubblico a neppure tredici anni per la sua prova in Espiazione, la Ronan ha messo a segno altri titoli di grande interesse come Amabili resti, Hanna e Grand Budapest Hotel, per poi guadagnarsi l'anno scorso la sua seconda candidatura all'Oscar grazie a una splendida performance in Brooklyn. Hanno entrambe diciannove anni, infine, le americane Hailee Steinfeld e Chloë Grace Moretz, ex modelle convertite al cinema: la Steinfeld, che ha sfiorato l'Oscar nel 2010 per il suo esordio nel western Il Grinta, l'anno scorso ha recitato nel campione d'incassi Pitch Perfect 2, in attesa del ruolo in grado di darle la vera consacrazione; mentre la Moretz, con una carriera ormai decennale alle spalle, è più attiva che mai e continua a spaziare fra i generi più diversi, inclusa la svolta 'autoriale' di Sils Maria. Staremo a vedere quale fra queste ventenni o quasi diventeranno le icone del cinema di domani...