Se nella prima parte di questo speciale dedicato al cinema americano del decennio appena passato ci siamo dilungati su film ad alto budget o comunque su produzioni legate a grandi nomi e grandi star, con questo secondo articolo vogliamo invece soffermarci su quei film che hanno potuto godere di una minore visibilità a livello mediatico soprattutto presso il grande pubblico. Si tratta però, a nostro avviso, di una lista altrettanto suggestiva che speriamo possa anche essere d'aiuto per tutti coloro che magari conoscono meno bene l'altro volto del cinema americano, quello meno scintillante e spettacolare, ma più sincero ed emozionante.
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Cominciamo dai veterani e quindi dal grandissimo Sidney Lumet che ad ottantatre anni suonati ha portato a Toronto, e in seguito nei festival di mezzo mondo, una pellicola bellissima quale Onora il padre e la madre (2007); un film che parte come heist movie ma vira verso il più cupo dei drammi familiari, ed è impreziosito da un eccellente cast guidato dal solito inarrivabile Philip Seymour Hoffman.
Un altro grande vecchio del cinema è Werner Herzog che non sembra perdere nulla del suo smalto - d'altronde è appena stato in concorso a Venezia con ben due film - ma anzi con Grizzly Man (2005), unico film di non fiction presente nella nostra lista, realizza una delle sue migliori opere in assoluto. La vera storia di Timothy Treadwell, sbranato da un orso nel Parco Nazionale di Katmai in Alaska dove aveva trascorso le ultime tredici estati della sua vita a stretto contatto con gli animali, è raccontata dal regista tedesco in gran parte utilizzando il materiale girato dallo stesso Treadwell, ma grazie al consueto stile documentaristico ma molto personale sembra quasi dialogare con lui, ricostruendo perfettamente non solo gli avvenimenti precedenti alla sua morte ma i suoi sogni e i suoi ideali.E parlando di sogni c'è un regista che è riuscito nella missione quasi impossibile di trasformarli in film e quasi psicoanalizzarli: stiamo parlando ovviamente di David Lynch che con Mulholland Drive (2001) prima e Inland Empire (2006) poi ha sconvolto il mondo del cinema con due opere che racchiudono perfettamente non solo la sua poetica ma anche la sua intera carriera, fatta da sempre di provocazioni, simbolismi e misteri. Dicevamo prima che non sempre questi film possono contare su grandi star, ma di certo ne possono creare: è questo il caso di Naomi Watts, lanciata da Lynch in Mulholland Drive in cui ci ha regalato una delle più intense e straordinarie perfomance attoriali dell'intero decennio, e proiettata nello star system hollywoodiano in brevissimo tempo.
E' lei per esempio la dolente protagonista di 21 Grammi - Il peso dell'anima (2003), primo film made in USA del messicano Alejandro González Iñárritu che racconta di un triangolo (gli altri due protagonisti sono gli altrettanto eccellenti Sean Penn e Benicio Del Toro) fatto di sangue e dolore che ha inizio con un mortale incidente e prosegue alla ricerca di vendetta e redenzione. Un film che riesce a far male come pochi grazie anche ad uno stile narrativo e registico che ha fatto scuola e che in questo film probabilmente trova il suo apice.Volendosi addentrare maggiormente nel panorama più indipendente del cinema americano possiamo trovare tre film molto diversi tra loro ma che sono in assoluto tra i preferiti della redazione: Hedwig - La diva con qualcosa in più (2001), Mysterious Skin (2004) e Before Sunset - Prima del tramonto (2004). Il primo è un musical diretto e interpretato da John Cameron Mitchell, ovvero da colui che già sul finire degli anni '90 aveva portato in un teatro Off Broadway la bizzarra ma sentita storia di un cantate transgender nato a Berlino Est, conquistando bene presto schiere di fan sempre più numerose ed uno stato di vero e proprio cult. Le splendide musiche di Stephen Trask e l'ottima perfomance di Mitchell hanno consentito al film di superare gli ovvi limiti distributivi regalandoci così, con la perfomance di "Origin of Love", uno dei momenti più emozionanti dell'intero decennio.
Ancora più controverso è il film di Gregg Araki, Mysterious Skin, che racconta l'agghiacciante storia di due ragazzini che sono stati oggetto delle attenzioni sessuali dell'allenatore di baseball ma che hanno rimosso dalla memoria questo morboso passato. Il film riesce a parlare di un argomento così scottante con estrema delicatezza e lucidità, ed ha inoltre anche il grande merito di aver lanciato Joseph Gordon-Levitt, giovane star emergente.Di genere completamente diverso, ma dalla qualità comunque eccelsa, Before Sunset, sequel di quel Prima dell'alba che nel 1995 aveva fatto conoscere al mondo intero il regista Richard Linklater e aveva stampato nell'immaginario cinefilo la coppia Ethan Hawke-Julie Delpy come simbolo del neo-romanticismo e della cosidetta generazione X. Tornando finalmente a collaborare come trio, sebbene a distanza di nove anni dal primo film, quello che ne viene fuori non è solo uno dei migliori sequel mai realizzati, ma probabilmente anche uno dei film più veri sull'amore e sulle relazioni sentimentali del nostro tempo: fatto principalmente di dialoghi (scritti dagli stessi attori), sguardi e silenzi è un film poetico (aiutato in questo anche dalla magica ambientazione parigina) e di rara bellezza.
Pur non particolarmente note al grande pubblico, non si può certo dire che molte di queste pellicole siano passate inosservate presso gli addetti ai lavori, anzi spesso si tratta comunque di opere ultrapremiate come per esempio la Palma d'oro Elephant (2003) di Gus Van Sant, che con stile freddo e distaccato racconta di una strage in un liceo americano (che richiama ovviamente quella tristemente famosa di Columbine del 1999) dal punto di vista degli studenti, siano essi vittime o carnefici.
Altrettanto celebrato fu Lost in Translation - L'amore tradotto (2003), secondo lungometraggio di Sofia Coppola, che arrivò addirittura a concorrere all'Oscar facendo della giovane figlia d'arte la prima donna americana a ricevere la nomination come Miglior Regista (alla fine ebbe la meglio Peter Jackson, e Sofia dovette "accontentarsi" della statuetta per la sceneggiatura): il film, in modo non del tutto dissimile da quello sopracitato di Richard Linklater, tratta anch'esso il tema dell'amore (questa volta impossibile) con estrema delicatezza attraverso gli sguardi e il non detto, ed ha avuto anche il merito di rilanciare quello straordinario attore che è Bill Murray e di far esplodere una certa Scarlett Johansson.
E se per il film della Coppola molti parlarono di sottovalutazione in fatto di allori ottenuti, di peggio successe l'anno successivo con Se mi lasci ti cancello (2004) di Michel Gondry, film che dietro il buffo titolo italiano (l'originale Eternal Sunshine of the Spotless Mind è ben più poetico) nasconde una sceneggiatura strepitosa (e, questa sì, da premio Oscar) da parte di Charlie Kaufman e una delle storie d'amore più originali e brillanti della storia del cinema, aiutata anche da due perfomance attoriali da applausi da parte di Jim Carrey e Kate Winslet.
E visto che parliamo di attori, non possiamo che citare alcuni ottimi tentativi di passare dietro la macchina da presa di alcuni veri e propri divi: Good Night, and Good Luck (2005) per esempio, è appena il secondo film da regista di George Clooney, ma dimostra una maturità ed anche un coraggio (a partire dalla scelta dello splendido bianco e nero di Robert Elswit o di quella di affidare il ruolo del protagonista a David Strathairn) che raramente ha eguali in operazioni del genere.
Dello stesso anno è Ogni cosa è illuminata (2005), esordio alla regia e alla sceneggiatura di Liev Schreiber che è riuscito a trasporre su pellicola in modo eccellente uno dei romanzi più acclamati degli ultimi anni: la storia di un giovane ebreo americano che si reca in Ucraina alla ricerca della donna che durante la Seconda Guerra Mondiale aveva salvato la vita a suo nonno, è un atipico road movie fatto di personaggi bizzarri ma anche di tante sincere emozioni.
E ovviamente nella lista non poteva mancare Into the Wild (2007), il film diretto da Sean Penn che racconta la vera storia di Christopher McCandless alias Alexander Supertramp che negli anni '90 decise di abbandonare ogni bene materiale per viaggiare per gli Stati Uniti e raggiungere le terre selvagge dell'Alaska. Aiutato da un'ottima colonna sonora composta appositamente da Eddie Vedder e da un straordinario cast fatto di giovani promesse ed eccellenti comprimari, il film rappresenta l'opera più matura del Penn regista, riuscendo a rendere benissimo sia lo spirito avventuroso ed anticonformista del protagonista che la spettacolarità della natura che lo circonda.
Chiudiamo con quattro film per quattro registi che avevano già dimostrato le loro abilità negli anni '90 ma che in questo decennio hanno confermato di rappresentare al meglio il presente e il futuro del cinema americano. Requiem for a Dream (2000) di Darren Aronofsky è uno dei film più duri e sconvolgenti della nostra selezione, una storia fatta di sogni che, come suggerisce lo stesso titolo, verranno inevitabilmente spezzati e che rappresenta a tutti gli effetti una discesa negli inferi della solitudine e della dipendenza, il tutto pefettamente sottolineato dalla musica ipnotica e disturbante di Clint Mansell, che diverrà ben presto una delle colonne sonore più memorabili e imitate dell'intero decennio cinematografico.
E' nato e risiede in Inghilterra, ma americano professionalmente parlando, il regista di American Beauty, Sam Mendes, autore di un film che nell'ultimo anno ha diviso tantissimo anche la critica ma che invece ha convinto in pieno la nostra redazione: parliamo ovviamente di Revolutionary Road (2008), dramma familiare che va ancora una volta a scavare nelle contraddizioni del sogno americano e lo fa in modo eccellente grazie alle sentite interpretazioni di una coppia di vecchi amici a dir poco "titanica", Kate Winslet, moglie del regista, e Leonardo DiCaprio.
Per ultimi, due film lontani negli anni ma accomunati dal talento (al contrario del cognome) fuori dal comune dei due registi e dal fatto che entrambi rappresentano solo la punta dell'iceberg delle rispettive, eccellenti filmografie: I Tenenbaum (2001) di Wes Anderson e Il petroliere (2007) di Paul Thomas Anderson.
Il primo è una commedia agrodolce ed originalissima in cui la genialità esplosiva del suo autore converge con la brillantezza di un cast all star e "schizzato"; il secondo film si appoggia invece tutto sull'immensa presenza scenica di Daniel Day-Lewis e sulla straordinaria visione cinematografica del suo regista. Due autori diverissimi ma complementari, due talenti puri come ce ne sono pochi ma che, ne siamo certi, saranno protagonisti anche dei decenni a venire.
Ecco la lista completa (in ordine cronologico) delle scelte della redazione per quanto riguarda I film del decennio 2000-2009 - Speciale cinema USA, seconda parte:
Requiem for a Dream (2000)
Mulholland Drive (2001)
I Tenenbaum (2001)
Hedwig - La diva con qualcosa in più (2001)
Elephant (2003)
21 Grammi - Il peso dell'anima (2003)
Lost in Translation - L'amore tradotto (2003)
Mysterious Skin (2004)
Se mi lasci ti cancello (2004)
Before Sunset - Prima del tramonto (2004)
Good Night, and Good Luck (2005)
Ogni cosa è illuminata (2005)
Grizzly Man (2005)
Inland Empire (2006)
Into the Wild (2007)
Il petroliere (2007)
Onora il padre e la madre (2007)
Revolutionary Road (2008)
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