Dal 18 al 26 novembre Torino diventa il luogo prediletto dei cinefili, che affolleranno le sale in occasione del trentaquattresimo Torino Film Festival. Diretta per il terzo anno consecutivo da Emanuela Martini (già vicedirettore durante le gestioni di Nanni Moretti, Gianni Amelio e Paolo Virzì), la kermesse piemontese ha una formula ormai consolidata e di grande successo, che ogni anno attira un numero maggiore di spettatori. Merito di una programmazione ricca e variegata, per tutti i gusti: il concorso, riservato ad opere prime, seconde e terze; la sezione Festa mobile, che propone il meglio di quanto visto in altri festival come Berlino, Cannes e Toronto in anteprima italiana, nonché altri titoli attesi provenienti da tutte le parti del mondo e qualche classico restaurato (uno in particolare: Intolerance di D.W. Griffith, pellicola fondamentale che festeggia cent'anni di vita); Onde, che esplora le nuove tendenze e i nuovi linguaggi cinematografici; TFFdoc, a sua volta suddiviso in due sottogruppi per i documentari italiani e internazionali; After Hours, fermata ideale per gli appassionati del cinema di genere (quest'anno viene riproposta una delle trovate più brillanti della scorsa edizione, la notte horror che, il primo sabato del festival a partire da mezzanotte, consente al pubblico di vedere tre film da brivido al prezzo di uno); TorinoFilmLab, che presenta alcuni titoli che hanno trovato successo nei festival dopo essere passati dal laboratorio di sviluppo e finanziamento legato alla manifestazione; e la retrospettiva, che quest'anno è costituita dalla seconda parte del programma dedicato alla fantascienza. A questo aggiungiamo un omaggio al punk e la figura del Guest Director Gabriele Salvatores, responsabile di un piccolo programma tutto suo, come già accaduto lo scorso anno con Julien Temple e due anni fa con Virzì.
Leggi anche: Torino 2016, il Festival scommette sui nuovi talenti e sul meglio del 2016 cinematografico
Tra i film più attesi ancora da scoprire ci sono sicuramente il nuovo lungometraggio di Clint Eastwood, quel Sully che porta sullo schermo un'incredibile storia vera affidata al carisma di Tom Hanks; The Ring vs. The Grudge, risposta nipponica a Freddy Vs. Jason che fa scontrare Sadako e Kayako, le due terrificanti antagoniste delle saghe di Ringu e Ju-on; Absolutely Fabulous: The Movie, trasposizione cinematografica della celebre sitcom inglese creata e interpretata da Jennifer Saunders; Slam - Tutto per una ragazza, opera terza di Andrea Molaioli (La ragazza del lago, Il gioiellino) che trasferisce a Roma un romanzo strettamente londinese di Nick Hornby; Free Fire, sesto lungometraggio del folle cineasta inglese Ben Wheatley; e Free State Of Jones, dove un soldato confederato (Matthew McConaughey) crea un proprio Stato autonomo per protestare contro la segregazione e il razzismo. Questi sono tutti titoli che noi, come il pubblico torinese, vedremo durante la manifestazione. Ce ne sono invece altri che, frequentando altri festival nel corso dell'anno, abbiamo già avuto modo di vedere e vogliamo quindi consigliare a chi si troverà a Torino dal 18 al 26 novembre, creando un piccolo percorso all'interno del programma sterminato della kermesse.
Leggi anche: Torino 2016: Between Us e Free Fire in apertura e chiusura del Festival
1. Elle (Festa mobile)
A dieci anni di distanza da Black Book, il regista olandese Paul Verhoeven è tornato dietro la macchina da presa con un film folle, libero, morboso e divertente, che sfida le convenzioni narrative e morali su un tema spinoso come la violenza sessuale (la vittima rifiuta di essere considerata tale, e forma un rapporto bislacco con il proprio assalitore). Adattato da un romanzo francese, doveva inizialmente essere un progetto americano, ma Verhoeven non riuscì a trovare un'attrice disposta ad interpretare la poco convenzionale protagonista. Una volta tornato nella patria del libro c'è stato il colpo di fulmine con Isabelle Huppert, che regala una delle sue interpretazioni più complesse al servizio di un progetto strano ma molto gratificante. Vergognosamente ignorato dalla giuria del Festival di Cannes.
Leggi anche: La nostra recensione di Elle
2. Things to Come (Festa mobile)
Ancora Isabelle Huppert, questa volta alla corte della cineasta transalpina Mia Hansen-Løve, che con il suo quinto lungometraggio ha conquistato il premio per la miglior regia alla Berlinale nove mesi fa. Anche qui l'attrice interpreta una donna costretta a fare i conti con un cambiamento radicale - la morte della madre e il tradimento del coniuge - e si presta al gioco con la solita grinta, tra litigate furiose e riflessioni sulla filosofia, materia scolastica che in questa sede diventa un vero e proprio personaggio. Un connubio perfetto tra interprete e regista, che speriamo dia altri frutti in futuro.
Leggi anche: Things to Come: Mia Hansen-Løve guarda al futuro
3. Lady Macbeth (Concorso)
Premiato al Festival di Zurigo con una menzione speciale da parte della giuria ufficiale e con il premio della migliore opera prima da parte della giuria dei critici, il debutto dietro la macchina da presa dell'inglese William Oldroyd, presentato anche a Toronto, non è un adattamento in chiave femminile della celebre tragedia del Bardo. Eppure c'è una forza shakespeariana in questo dramma in costume che trasuda passione, violenza e humour nerissimo. Notevolissima la performance della giovane Florence Pugh, vista due anni fa in The Falling al fianco di Maisie Williams.
4. Yoga Hosers (After Hours)
Nel 2014 gli avventori della Festa del Cinema di Roma hanno potuto vedere Tusk, primo capitolo di una trilogia canadese di commedie horror firmate Kevin Smith. Yoga Hosers è il secondo episodio, che promuove a protagoniste le due ragazze svogliate viste in Tusk, interpretare da Harley Quinn Smith (figlia del regista) e Lily-Rose Depp (figlia di Johnny Depp, che torna nei panni del poliziotto Guy Lapointe, e Vanessa Paradis, anch'ella presente nel film). Questa volta la minaccia di turno è costituita da dei wurstel nazisti, interpretati dallo stesso Smith, e la follia cinefila e citazionista del regista è evidente in ogni sequenza (per i fan di Batman è imperdibile il cameo di Kevin Conroy, celebre doppiatore del personaggio nei prodotti animati della DC Comics).
5. Psycho Raman (Festa mobile)
Presentato a Cannes nella Quinzaine des Réalisateurs, il nuovo lungometraggio di Anurag Kashyap doveva essere un vero e proprio biopic incentrato su Raman Raghav, noto serial killer attivo in India negli anni Sessanta. Per motivi legati al budget - un film d'epoca sarebbe costato troppo - il progetto è stato trasformato in un thriller più moderno, dove la differenza fra bene e male non è facilmente definibile e viene articolata in modo teso ed affascinante dal rapporto tra un assassino e il poliziotto che gli dà la caccia. Esilarante il disclaimer iniziale, che precisa a caratteri cubitali che il film non è biografico.
6. The Alchemist Cookbook (After Hours)
Chi frequenta regolarmente il Festival di Locarno avrà forse visto Ape e Buzzard, i primi due lungometraggi di Joel Potrykus, firma molto particolare del cinema indipendente americano. La sua opera terza, The Alchemist Cookbook, rilegge in maniera molto personale e inattesa un argomento quale il satanismo, generando risultati che non lasciano indifferenti, in un senso o nell'altro (alla proiezione a cui ha assistito il sottoscritto, al Festival di Neuchâtel, almeno un terzo del pubblico ha lasciato la sala prima della fine del film). Consigliatissimo a chi cerca un'esperienza di genere veramente inedita.
7. War On Everyone (Festa mobile)
Dopo aver raccontato l'Irlanda odierna nei sorprendenti Un poliziotto da happy hour e Calvario, il regista John Michael McDonagh ha fatto ridere tantissimo il pubblico della Berlinale, dove ha presentato in anteprima assoluta il suo debutto americano: un film poliziesco sporco e sregolato, ricco d'azione, risate e trovate politicamente scorrette. Come sempre, i dialoghi di McDonagh sono da applauso, specialmente in mano a due bravissimi "sbirri cattivi" come Michael Peña e Alexander Skarsgård.
Leggi anche: La nostra recensione di War on Everyone
8. The Transfiguration (After Hours)
Se sentite la mancanza di film come Lasciami entrare, questo esordio americano, presentato a Cannes nella sezione Un Certain Regard, fa per voi. L'opera prima di Michael O'Shea, che cita apertamente il capolavoro di Tomas Alfredson e non ha parole positive da spendere per Twilight, rielabora il rapporto metaforico tra adolescenza e vampirismo in un contesto socio-economico ben preciso, con uno spaccato interessante di vita afroamericana.
9. A Quiet Passion (Festa mobile)
Lo scorso anno, il cineasta inglese Terence Davies è stato insignito del Gran Premio Torino, accompagnato dalla proiezione di Sunset Song. Adesso il regista, habitué della kermesse, torna con un elegante e divertente biopic di Emily Dickinson, visto ed acclamato a Berlino. Sorretto da dialoghi brillanti che non sarebbero fuori posto in un adattamento della prosa di Jane Austen, il lavoro di Davies è impreziosito soprattutto dall'interpretazione toccante di Cynthia Nixon.
Leggi anche: A Quiet Passion: la vita di Emily Dickinson secondo Terence Davies
10. Operation Avalanche (After Hours)
Comicità e paranoia si fondono in un mockumentary che usa l'escamotage del found footage per raccontare un'esilarante storia di spionaggio e cinema, con due agenti della CIA che si fingono documentaristi per smascherare una talpa sovietica in seno alla NASA. Omaggiando e mettendo alla berlina varie teorie del complotto legate al programma spaziale, inclusa la leggenda urbana dello sbarco sulla Luna falsificato da Stanley Kubrick, il regista Matt Johnson ha firmato un autentico pezzo di cinema libero e indipendente, quasi illegale (per girare nei veri edifici della NASA dovette mentire sulla natura del progetto).
11. A Lullaby to the Sorrowful Mystery (Festa mobile)
Due mesi fa Lav Diaz ha conquistato il Leone d'Oro alla Mostra di Venezia con The Woman Who Left. Qualche mese prima il cineasta filippino, celebre per le durate generose dei suoi film, si è portato a casa il Premio Alfred Bauer a Berlino con un'opera-fiume di otto ore, che racconta la rivoluzione contro gli spagnoli in un magnifico universo fatto di nebbia, fango e fotografia in bianco e nero. Per chi temesse la durata, segnaliamo che la terza proiezione sarà in due parti di quattro ore ciascuna, il 23 e 24 novembre alle 9 al cinema Lux.
12. The Happiest Day in the Life of Olli Mäki (Festa mobile)
Vincitore di Un Certain Regard a Cannes, trionfatore del Festival di Zurigo e scelto per rappresentare la Finlandia nella corsa agli Oscar come film straniero, il primo lungometraggio di Juho Kuosmanen è un biopic in bianco e nero che restituisce un'immagine paradossalmente solare del suo paese d'origine, lontano anni luce dalla malinconia che attraversa l'opera di Aki Kaurismäki. Traducendo molto liberamente l'originale Hymyilevä mies (letteralmente "L'uomo che sorride"), il titolo internazionale rende comunque perfettamente l'atmosfera allegra che caratterizza tutto il film, nonostante l'estetica monocromatico e la trama legata alla boxe.
13. Bleed for This - Vivo per combattere (Festa mobile)
Ancora pugilato, ma in un contesto molto più drammatico e americano. Parliamo della vita di Vinny Pazienza, campione del mondo dei pesi leggeri nel 1987 e dei superleggeri nel 1991, che dopo un incidente d'auto si ritrovò col collo spezzato e si sottomise ad un allenamento particolarmente brutale per essere di nuovo in grado di combattere. Un film dal sapore volutamene classico, come il recente The Bleeder (visto a Venezia), da non perdere soprattutto per le interpretazioni di Miles Teller e Aaron Eckhart.
14. Clash (Festa mobile)
Acclamato a Cannes, questo film egiziano si accosta in parte a Lebanon, Leone d'Oro a Venezia nel 2009, per la scelta drammaturgica di collocare tutta l'azione all'interno di un blindato della polizia (in Lebanon era un carro armato). Da lì assistiamo al caos che domina le strade del Cairo, con manifestanti ideologicamente lontani l'uno dall'altro costretti a dividere lo spazio offerto dal blindato. Un esercizio di stile e tensione da applauso, ammirevole anche per il ritratto stratificato di una società confusa, dove la classica demarcazione tra buoni e cattivi non esiste più.
Leggi anche: Clash ci trasporta e ci imprigiona nel caos dell'Egitto in rivolta
15. Ma' Rosa (Festa mobile)
Dopo Lav Diaz, un altro grande esponente del cinema filippino di oggi, quel Brillante Mendoza che da diversi anni frequenta i concorsi di Cannes, Venezia e Berlino, ma anche la kermesse torinese. Il suo ultimo lungometraggio è stato presentato in anteprima mondiale sulla Croisette lo scorso maggio, e la giuria presieduta da George Miller ha saputo riconoscere il talento del cineasta nella direzione delle attrici, assegnando alla bravissima Jaclyn Jose il riconoscimento per la migliore interpretazione femminile. Famiglia, droga, disperazione, il caos della vita quotidiana a Manila: Ma' Rosa è un concentrato di tutte le tematiche care a Mendoza, ideale sia per i fan di vecchia data che per i neofiti.
Leggi anche: La nostra recensione di Ma' Rosa