Grosso guaio a Chinatown (e al boxoffice): perché il flop di Carpenter ci fece innamorare del cinema

A 30 anni di distanza dal disastro al botteghino che fece autoesiliare il regista John Carpenter da Hollywood, vogliamo raccontarvi del nostro particolare legame con Big Trouble in Little China e del perché rappresenti un titolo fondamentale per la nostra educazione cinematografica.

Tutti conoscono la definizione di cult movie, e tutti noi abbiamo in qualche modo contribuito almeno una volta nella vita a trasformare una semplice pellicola in un'icona, in un oggetto di culto. L'abbiamo fatto grazie alle visioni multiple offerte dalle TV o semplicemente citando a memoria agli amici passaggi interi della sceneggiatura; ma l'abbiamo fatto, e abbiamo così deciso, più o meno inconsciamente, che alcuni film meritano di rimanere non solo nella nostra memoria ma in quella storica della società in cui viviamo.

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Ma cosa hanno di speciale questi film? Cosa li rende tanto memorabili da acquisire un pubblico tutto loro, che prescinde dal genere, dalla nazionalità, dagli attori o dal regista e che gli permette di entrare nella cultura popolare più di quanto possano fare, a volte, i più grandi successi al botteghino o i vincitori dei premi più prestigiosi? Questa è una domanda che probabilmente non troverà mai risposta, perché se ci può essere in qualche modo una formula per realizzare un (quasi) sicuro successo commerciale, non c'è invece nulla che garantisca quel seguito "fanatico" che solo pochi film riescono a conquistare.

Il flop che non ti aspetti

Bill Murray, Dan Aykroyd ed Harold Ramis in Ghostbusters - Acchiappafantasmi
Bill Murray, Dan Aykroyd ed Harold Ramis in Ghostbusters - Acchiappafantasmi

I tanto bistrattati anni '80, per esempio, di cult movies ne hanno avuti in abbondanza, soprattutto per quanto riguarda il cinema americano - e non è un caso infatti che un paio di anni fa abbiamo dedicato un lungo speciale proprio ai film e momenti cult del cinema USA anni '80. Ma se E.T. L'Extraterrestre, L'impero colpisce ancora e Il ritorno dello Jedi, Ghostbusters, I predatori dell'arca perduta e Ritorno al futuro sono stati tra i veri fenomeni del decennio anche al botteghino, e altri film come I Goonies, The Blues Brothers hanno ottenuto risultati molto positivi, altre opere sono riuscite a conquistare il pubblico soltanto con l'arrivo in VHS direttamente nelle case degli spettatori.

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Parliamo di titoli "difficili" come Blade Runner e Brazil ma anche di Grosso guaio a Chinatown che quando arrivava nelle sale USA esattamente 30 anni fa, il 2 luglio del 1986, aveva tutte le carte in regola per essere un nuovo trionfo del regista di grandi e inaspettati successi come Halloween o Fog. Certo, i successivi La cosa o Starman non avevano funzionato altrettanto bene, ma Big Trouble in Little China aveva, almeno in teoria, il pregio di riproporre l'attore Kurt Russell in un ruolo carismatico e da duro come quello visto in 1997: Fuga da New York.

Una sequenza di GROSSO GUAIO A CHINATOWN
Una sequenza di GROSSO GUAIO A CHINATOWN

Un po' per colpa della contemporanea uscita di un film come Aliens - Scontro finale di James Cameron, un po' per l'ambientazione cinese fin troppo abusata in quel periodo (l'anno prima c'era stato L'anno del dragone e dopo pochissimo sarebbe arrivato l'iperpubblicizzato Il bambino d'oro con Eddie Murphy), il film di Carpenter però fu un sonoro flop non solo al botteghino (dove incassò solo 11 milioni a fronte di un budget di oltre 20) ma anche per la critica dell'epoca, e fu così che il regista, che invece del film era particolarmente fiero e che da tempo desiderava realizzare un film di arti marziali, decise di lasciare Hollywood per un cinema più indipendente.

"L'esperienza con Grosso guaio è la ragione per cui ho smesso di lavorare con gli studios hollywoodiani. Non lavorerò mai più con loro. Credo che Grosso guaio a Chinatown sia un film meraviglioso, ne sono orgogliosissimo. Ma il modo in cui fu accolto - e le ragioni di quell'accoglienza - fu davvero troppo per me. Sono troppo vecchio per queste stronzate". (Carpenter in un'intervista del 1987)

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Grosso guaio a Chinatown: Kurt Russell e il regista John Carpenter in un'immagine promozionale
Grosso guaio a Chinatown: Kurt Russell e il regista John Carpenter in un'immagine promozionale

30 anni di grossi guai, ma grazie a Carpenter noi siamo nati pronti!

Grosso guaio a Chinatown: James Hong in una scena del film
Grosso guaio a Chinatown: James Hong in una scena del film

Da quel momento il cinema di John Carpenter non è stato mai più lo stesso. Nella sua filmografia non sono mancati altri film diventati di culto (Essi Vivono e Il seme della follia su tutti) ma è stata proprio la rovinosa release di Grosso guaio a Chinatown a sancire l'inizio della fine per una carriera che, a cavallo tra gli anni 70 e gli 80, sembrava destinata a successi sempre maggiori. Quel "Grosso guaio" del (bel) titolo assunse un significato davvero diverso da quello che Carpenter poteva inizialmente immaginare e non bastò l'incredibile successo che ebbe sul mercato homevideo e le incredibili dimostrazioni d'affetto dei fan nei confronti del film e del suo protagonista Jack Burton a fargli ritornare il buon umore.
Certamente non gli basterà nemmeno quello che stiamo per scrivere adesso, ma vogliamo approfittare di questa ricorrenza e di questo articolo per fare outing: perché non avrà avuto l'effetto dirompente dell'originale Guerre stellari o di E.T. visto al cinema per la prima volta, ma Grosso guaio a Chinatown ebbe un'enorme importanza e soprattutto influenza per la nostra educazione cinematografica; probabilmente, col senno di poi, molto più importante di quanto avremmo mai potuto immaginare.

Grosso guaio a Chinatown: Kurt Russell e Kim Cattrall in una scena del film
Grosso guaio a Chinatown: Kurt Russell e Kim Cattrall in una scena del film

Se ci è permesso un piccolo aneddoto, vogliamo tornare indietro al 1987 quando, all'età di soli 10 anni, passavamo quasi tutti i pomeriggi autunnali e invernali a guardare VHS piratate di film che da poco erano stati in sala: anche se stiamo parlando di una bancarella improvvisata in mezzo alla strada, in realtà le videocasette avrebbero dovuto comunque essere noleggiate e non comprate, ma quando un amico (lo chiameremo Robin Hood) di nascosto ne rubò due al noleggiatore pirata e ambulante la nostra vita cambio di colpo. Da quel momento in poi io e Robin, da subito i più cinefili della combriccola, avevamo ben DUE film a nostra disposizione; due film da vedere, ovviamente, tutti i giorni, a ripetizione e in attesa di una noia che - beata gioventù! - non sarebbe arrivata mai. I due titoli erano Labyrinth - Dove tutto è possibile di Jim Henson e, indovinate un po', Grosso guaio a Chinatown di John Carpenter; due film di cui non sapevamo nulla se non che avessero delle locandine bellissime che per settimane avevano fatto viaggiare la nostra immaginazione.

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Sempre col senno di poi e in modo molto superficiale, ci rendiamo conto oggi che entrambi i film hanno segnato in maniera determinante i gusti cinematografici di una vita, portandoci ad una passione per i fantasy e i musical (e David Bowie) il primo, e per gli action dalla comicità un po' dissacrante e sarcastica il secondo. Ma c'è qualcosa di molto più importante che il film di Carpenter ci ha (in)segnato fin dalla nostra giovanissima età ed è l'amore per il cinema a tutto tondo; ed è un qualcosa di cui forse ci rendiamo conto soltanto oggi e per cui dobbiamo ringraziare parimenti il regista americano per il suo film ed il nostro amico che si improvvisò "mariuolo", e decise un giorno di rubare al ricco "nemico" pirata - che a sua volta fregava i soldi ai giovanissimi, agli esercenti e ai distributori cinematografici - per dare ai poveri ragazzini che non potevano permettersi di andare al cinema da soli.

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Una questione di riflessi

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Per un bambino di 10 anni scoprire un film come quello di Carpenter vuol dire accedere ad un intero universo fatto di fantasia: ci sono buoni e cattivi, mostri e persone normalissime, magie e armi bianche; ci sono leggende molto antiche e luoghi esotici; gang che si affrontano, nemici che arrivano dal cielo, fanciulle da salvare e un personaggio che viene da un mondo completamente diverso e non magico in cui è facilissimo immedesimarsi. Per un bambino di 10 anni che per tutto il resto della sua vita continuerà a guardare e divorare film senza pregiudizio alcuno ma solo con tanta fame e desiderio, all'interno di questo "flop" ad aspettarlo c'è il cinema di Roger Corman quanto quello di Tsui Hark, c'è il western alla John Wayne (addirittura la primissima sceneggiatura era ambientata nel 1880), ci sono dialoghi che sarebbero perfetti per le screwball di Howard Hawks, ci sono gli eroi alla Harrison Ford di Lucas e Spielberg ed ovviamente le atmosfere e le musiche tipiche di Carpenter e dei suoi capolavori "horror" precedenti, su tutti Distretto 13: le brigate della morte. E chissà quante altre suggestioni.

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Ma soprattutto c'è lui, Jack Burton, un personaggio come raramente se ne erano visti e questa volta non vale solo per un bambino di 10 anni: Carpenter l'ha più volte definito come uno dei suoi preferiti in assoluto, e non è difficile capire perché visto che in realtà Jack è semplicemente un sidekick (in un film "normale" il vero protagonista sarebbe l'amico Wang Chi che invece ha le caratteristiche del vero eroe), un uomo della strada, che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato e invece finisce col credersi qualcosa di più. E ammesso che si voglia comunque considerare Jack come un eroe, non ha nulla dei protagonisti positivi a cui il cinema hollywoodiano ci aveva/ha abituato: non è umile ("Sarà necessario un tempismo al decimo di secondo." "E concentrazione assoluta. Sei pronto?" "Io sono nato pronto."), non è un leader ("Allora: voi state qui calmi, tenete il fortino, conservate vivo l'amor di patria e se non torniamo per l'alba... chiamate il Presidente!"), non è nemmeno particolarmente coraggioso ("Esplosioni verdi, gente che entra e esce volando, ah non può essere vero, io chiamo la polizia...").

È invece sbruffone, arrogante e un po' cialtrone, convinto di avere tutte le risposte ma in realtà passa gran parte del film a fare domande e a non capire quello che realmente gli sta succedendo intorno; il suo personaggio è insomma più una (auto)critica al tipico eroe del cinema americano che l'esaltazione dello stesso, tanto che alla fine non cede nemmeno alla tentazione del lieto fine con la bella di turno (un'affascinante e indipendente Kim Cattrall) e nel momento più importante, quello della battaglia finale, dopo tante chiacchiere e promesse, si ritrova svenuto e KO sul pavimento a causa della sua stessa incompetenza.

Kurt Russell in una scena di GROSSO GUAIO A CHINATOWN
Kurt Russell in una scena di GROSSO GUAIO A CHINATOWN

I consigli del vecchio Pork-Chop Express

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Eppure la figura di Jack Burton - perfettamente incarnato da Kurt Russell - rappresenta il meglio del cinema di Carpenter, così come il suo rapporto con l'altrettanto convincente Dennis Dun simboleggia il tanto ricercato e riuscito contrasto tra il cinema americano più esagerato e fracassone e l'eleganza e il misticismo di quello orientale. Un difficile equilibrio tra il popolare e l'autoriale che ci regala così un cinema ricco e stratificato, sicuramente imperfetto e pasticciato - e, visto oggi, anche un po' antiquato - ma che sapeva osare, aveva il coraggio di mescolare ingredienti apparentemente contraddittori (in un film del genere chi altri avrebbe mai messo una colonna sonora del genere preferendola a musiche orientaleggianti?) e così facendo aumentava quella fame e quella voglia di cinema che in tanti, non solo bambini di 10 anni, hanno fortunatamente dimostrato di avere in questi 30 anni. Per questo Grosso guaio a Chinatown oggi si fa fatica a considerare come un flop, come un film che può determinare e far fallire una carriera, perché in realtà ne ha fatte nascere molto altre.

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Dwayne Johnson, per esempio, ha più volte dichiarato di essere molto legato a questo film (si intuisce dalla canotta che indossa nella foto qui a lato) ed è per questo che sta realizzando un remake e sta cercando, forse invano, il supporto di Carpenter: probabilmente quando si incontreranno John gli chiederà "The Rock, hai pagato il conto?", e lui da vero fan per convincerlo dovrà solo rispondere "Sì ti ho spedito l'assegno per posta".

Ma si farà mai un remake del genere? E se sì, riuscirà a riproporre oggi quell'anticonformismo e quella manciata di follia che trasformarono il film prima ancora che in cult movie in questo "Grosso guaio"? Da parte nostra un po' di sincera curiosità c'è, anche se è comunque sovrastata da tanti dubbi e molto timore. Per questo siamo particolarmente felici di poter riprendere in mano, in qualsiasi momento, il DVD (la mitica VHS rubata chissà che fine ha fatto, così come il caro amico di allora, "Robin Hood") e riguardare da capo il film originale tutte le volte che ci pare. Magari facendo particolare attenzione soprattutto al finale e alla grande lezione di vita (e di cinema) che contiene:

I consigli del vecchio Pork Chop Express sono preziosi, specialmente nelle serate buie e tempestose, quando i fulmini lampeggiano, i tuoni rimbombano e la pioggia viene giù in gocce pesanti come piombo. Basta che vi ricordiate quello che fa il vecchio Jack Burton, quando dal cielo arrivano frecce sotto forma di pioggia e i tuoni fanno tremare i pilastri del cielo. Sì, il vecchio Jack Burton guarda il ciclone scatenato proprio nell'occhio e gli dice:

Mena il tuo colpo più duro, amico. Non mi fai paura.