Abbiamo già accennato tempo fa, proprio su queste stesse pagine, ad uno dei trend più preoccupanti dell'industria hollywoodiana degli ultimi anni: la crescente incapacità di generare nuove icone, associata alla tendenza a sfruttare quelle già popolari da decenni. La cosa si fa inesorabilmente più evidente; ormai si va oltre la "semplice" crisi di idee e la sensazione è che gli studios abbiano rinunciato del tutto a rischiare per riciclare a oltranza. Così come è in lavorazione il reboot di Spider-Man alla Sony, alla Warner è partita la pre produzione del nuovo Superman: Man of Steel a cura di Zack Snyder; ma è notizia di questi giorni che lo studio di Burbank ha messo in cantiere anche un altro reboot, quello di Batman. In quest'ultimo caso, il fatto eclatante è che non solo si tratterà dell'ennesima rielaborazione delle gesta dell'uomo pipistrello, ma che addirittura se ne avvii la produzione mentre è ancora in corso d'opera la saga di Christopher Nolan, che vedrà il suo capitolo - a questo punto - conclusivo in The Dark Knight Rises. Mancano quindi i presupposti che hanno caratterizzato il caso di Superman, condannato a ripartire da zero a causa del "buco nell'acqua" di Bryan Singer e Brandon Routh, e dello Spider-Man di Raimi, piantato da cast e crew quando la Sony non aveva ancora la minima intenzione di abbandonare il suo ragno dalle uova d'oro. La Warner, evidentemente, gioca d'anticipo, e non prova neanche a concepire un futuro senza l'eroe di Gotham City a riempire le sale.
Il timore è che questa corsa allo sfruttamento di marchi infallibili inaridisca l'essenza stessa del cinema. In luglio la saga di Harry Potter sarà conclusa; siamo destinati a tornare a Hogwarts tra un paio d'anni, con un nuovo trio, un nuovo regista e le stesse storie? Terminata la saga di Twilight, cosa impedirà alla Summit di ripartire da capo dopo aver reclutato una nuova, maldestra Bella e un nuovo affascinante ed esangue Edward?In realtà, il concetto di reboot non è affatto alieno al mondo dei fumetti, che hanno sempre visto i loro eroi risorgere grazie a nuovi autori e a nuovi pennelli; ma è anche vero che non è detto che lo spettatore cinematografico sia disposto ad accettare ciò a cui è abituato il lettore di comics. Ad esempio, non ci potrà essere un nuovo Batman senza un nuovo Joker, ma siamo davvero già pronti a soppiantare il Joker di Heath Ledger? E' vero che si diceva lo stessa cosa di quello di Jack Nicholson, ma sono anche passati quasi venti anni tra l'uscita del Batman di Tim Burton e quella de Il cavaliere oscuro. Proporre una nuova versione di un villain tanto iconico così a breve giro dall'immensa performance di Ledger, con la tragica morte del giovane attore a rendere i fan ancora più sentimentali, sarà davvero una buona idea? E soprattutto, siamo davvero così certi che centinaia di milioni di spettatori che hanno acclamato in sala i nuovi eroi reinventati per l'occasione da Raimi e Nolan siano pronti a concedere il bis solo per fedeltà al brand? Sempre a proposito dello sfruttamento di soggetti apprezzati, ne abbiamo un esempio tutto tricolore nelle sale in questi giorni con Boris il film, frutto della recente tendenza - complice la nuova età dell'oro delle serie TV - di trasferire al cinema ciò che funziona in televisione. Un'operazione che però non sembra portare sempre i risultati sperati, perché a fronte dei casi più fortunati, ci sono parecchie delusioni e non pochi autentici tonfi. Alla prima categoria appertengono senz'altro Sex and the City e I Simpson - Il film - e possiamo includere anche lo Star Trek di J.J. Abrams, sebbene si tratti di un franchise non certo nuovo per il grande schermo. Nella seconda possiamo annoverare il recente A-Team, ma anche Hazzard e Starsky & Hutch; un vero e proprio flop è stato invece l'interessante Serenity di Joss Whedon, epigono della serie Firefly, precocemente cancellata non prima di aver conquistato un non certo vastissimo ma davvero appassionato fandom. Si pensava che l'arrivo in sala potesse ampliare questo seguito da culto, ma il film è passato praticamente inosservato, con il risultato di affondare le speranze di un qualche futuro per Firefly. Il nostro Boris ha prosperato in TV per tre stagioni, ma anche il suo non è certo un pubblico popolare, considerato che è stato trasmesso da un canale satellitare e che ha una fanbase molto forte ma pur sempre "sofisticata": una fanbase che non è bastata in questo primo week-end a garantire numeri che ne facessero, al cinema, un successo anche modesto. Il problema di Boris il film e in parte anche di Serenity è che si tratta di fatto della prosecuzione su pellicola degli eventi narrati nei due show, una proposta di scarso richiamo per il pubblico generalista e di grande appeal solo per i fan più zelanti, ovvero per un numero esiguo di possibili spettatori competenti che sceglieranno o meno di seguire i loro beniamini dalla TV al cinema, dalla comodità del proprio divano al "lusso" dello schermo cinematografico. Il rischio quindi è di restringere anziché ampliare il target. I Simpson, d'altro canto, contavano non solo di una fanbase molto più ampia, ma si rivolgevano anche al pubblico oceanico dell'animazione per famiglie; quanto a Sex and the City, la serie aveva avuto un enorme impatto culturale, e il film era sì una prosecuzione delle vicende di Carrie & Co. ma anche una compiuta commedia romantica ad alto tasso di glamour.
Serenity, invece, era un film di fantascienza, ma palesemente low budget e di nicchia, scevro di respiro epico e di effetti speciali catastrofici (esattamente l'opposto dello Star Trek di Abrams), mentre Boris è sì una commedia ma anni luce lontana da quelle che tanto successo hanno avuto di recente ai botteghini nostrani, perché fortemente autoreferenziale, metacinematografica/televisiva, cinefila e sovversiva. E, non dimentichiamolo, anche povera di attori famosi e di richiamo nazional-popolare.
Tra tanti sequel e rifacimenti e reboot, ci piace ricordare tuttavia che negli ultimi diciotto mesi abbiamo visto due straordinari successi commerciali come Avatar e Inception, che hanno proposto soggetti originali - sebbene radicati in una cultura e in una imagery preesistente - e che hanno chiesto agli spettatori lo sforzo di immergersi in un mondo e in coordinate nuove e sorprendenti - per essere proporzionatamente ripagati. Una strada certamente più difficile e impegnativa per i produttori e gli studios, ma anche l'unica che può permettere al cinema di riappropriarsi di quel valore iconico ed universale che gli appartiene dalle origini, di tornare ad essere un'arte a tutto tondo e non solo una cassa di risonanza per altri media.