"Qual è il tuo film horror preferito?" Sono passati quasi vent'anni da quando quella frase, pronunciata dal temibile Ghostface, segnò un'intera generazione di appassionati di horror. Nel 1996, il primo capitolo di Scream rinvigorì un genere in crisi, riprendendo il discorso già iniziato dal regista Wes Craven in Nightmare nuovo incubo, una riflessione autoironica sui capisaldi del cinema del brivido, sui suoi difetti e sul suo legame con la realtà.
Aiutato dallo sceneggiatore Kevin Williamson, successivamente autore di un altro gioiello metanarrativo come Dawson's Creek, Craven riuscì a confezionare un prodotto intelligente, spassoso e terrificante, il cui impatto fu solo parzialmente sminuito dai seguiti Scream 2 e Scream 3 (quest'ultimo scritto non da Williamson, ma da Ehren Kruger), per poi ritornare in grande forma nel 2011 con Scream 4, i cui incassi non proprio entusiasmanti misero fine all'idea di realizzare una seconda trilogia. Oggi Scream torna come serie televisiva, grazie ad MTV, e quale occasione migliore per rinfrescarci la memoria con un viaggio a Woodsboro, accompagnati dai momenti più memorabili della tetralogia cinematografica?
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Ovviamente, la classifica contiene spoiler, quindi se ne sconsiglia la lettura a chi non ha visto tutti i film.
10. I camei
Uno degli elementi fissi del franchise è l'uso di camei di attori famosi, che sia nei panni di loro stessi (Tori Spelling) o di personaggi di finzione (Henry Winkler nei panni del preside). Tra i migliori, è d'obbligo menzionare quello dello stesso Wes Craven, nel primo capitolo: interpreta un bidello, la cui caratteristica peculiare - che terrorizza la povera Sidney - è di indossare il celebre maglione a strisce di Freddy Krueger, il protagonista da incubo - letteralmente - di Nightmare - Dal profondo della notte.
Un altro cameo imprescindibile è l'apparizione a sorpresa in Scream 3 di Carrie Fisher nei panni di Bianca Burnette, un'attrice che assomiglia parecchio a... Carrie Fisher ("Lo sento dire da una vita", dice Bianca). La storica eroina di Guerre stellari ne approfitta per regalarci una frecciatina autoironica - scritta da lei stessa, a quanto pare - nei confronti del franchise fantascientifico: "Fui considerata per la parte di Leia. E chi scelsero? Quella che andava a letto con George Lucas!"
9. Parliamo di seguiti
Scream 2 mette le proprie carte in tavola abbastanza presto, uccidendo le sue prime due vittime in un cinema (vedi il punto 6 della classifica) e poi servendosene come scusa per parlare della qualità dei seguiti rispetto agli originali. Una decisione che col senno di poi fa sorridere, dato che il secondo Scream è generalmente considerato un pelino inferiore al primo, ma che permette anche agli studenti di cinema di perorare la causa di Aliens - Scontro finale, Terminator 2 - il giorno del giudizio e Il padrino - Parte seconda ("Un'eccezione da Oscar", dice uno studente imitando il Vito Corleone di Marlon Brando) per dimostrare che non tutti i sequel sono da buttare. La sequenza è notevole anche per l'inclusione di un errore (almeno nella versione originale): quando Randy Meeks (Jamie Kennedy) corregge un suo compagno di classe (Joshua Jackson) circa la correttezza di una battuta di Aliens, è lui a dire la versione sbagliata. Questo perché Jackson fece confusione e disse la battuta corretta, costringendo Kennedy a improvvisare per non rovinare le riprese.
8. La prima regola dei remake
Il finale di Scream 4 è un capolavoro di interazione fra realtà e fiction, per lo meno per quanto concerne le motivazioni del killer: scopriamo infatti che l'assassino è Jill Roberts, cugina di Sidney Prescott (Neve Campbell), spinta dal desiderio di non vivere più nell'ombra della sua parente più famosa. La giovane killer è interpretata, ovviamente, da Emma Roberts, nipote della ben più conosciuta Julia Roberts. Ma il vero cortocircuito avviene durante lo scontro conclusivo, quando Sidney, rifacendosi agli insegnamenti dell'ormai defunto Randy, ricorda alla cugina: "Hai dimenticato la prima regola dei remake: non cambiare l'originale!" Una battuta velatamente ipocrita dato che lo stesso Wes Craven ha scritto e/o prodotto ben due rifacimenti dei propri film (Le colline hanno gli occhi e L'ultima casa a sinistra), ma comunque efficace.
7. Il ritorno di Randy
Molti fan ci rimasero male quando Randy Meeks venne ucciso da Ghostface in Scream 2, tant'è che nel terzo film la controversia viene trasformata in battuta autoreferenziale, poiché anche l'equivalente fittizio di Randy nella saga di Stab - il film nel film - è passato a miglior vita. Craven prese in considerazione l'idea di annullare la morte del personaggio tramite un retcon, ma decise che tale soluzione sarebbe stata troppo inverosimile. Ragion per cui la sua resurrezione avviene sotto forma di videomessaggio, registrato prima della sua morte, in cui Randy, da buon esperto di horror, spiega le regole del terzo capitolo di una trilogia. D'altronde, questo cameo postumo è la rappresentazione perfetta di ciò che dice il poliziotto interpretato da Patrick Dempsey: "Tutto quello che so è che nel terzo episodio può succedere di tutto."
6. L'inizio di Scream 2
Quale modo migliore per aprire il seguito di un film ad alto contenuto metacinematografico se non con un paio di omicidi che hanno luogo in una sala oscura? Questa l'intuizione brillante di Craven e Williamson per l'incipit del secondo capitolo, che inizia in un cinema dove il pubblico sta assistendo alla visione di Stab, uno slasher basato sugli eventi del primo Scream, con Heather Graham nei panni di Drew Barrymore e Robert Rodriguez in cabina di regia (l'autore di El Mariachi girò per davvero il materiale in questione). Ma la componente meta non si ferma qui: l'elemento particolarmente beffardo è il fatto che le vittime (Omar Epps e Jada Pinkett Smith), uccise rispettivamente in bagno e di fronte al pubblico, siano entrambe persone di colore, allusione ad uno dei cliché più noti del genere.
5. L'inizio di Scream 4
Uscito in un periodo in cui remake, reboot e sequel dominano il mercato americano, era inevitabile che il quarto Scream andasse oltre con l'autoreferenzialità. Il risultato: una sequenza d'apertura volutamente eccessiva e sgangherata, dove assistiamo all'evoluzione narrativa della saga di Stab con tutti gli stereotipi possibili immaginabili, tra camei di attrici televisive famose (Lucy Hale, Shenae Grimes, Aimee Teegarden. Britt Robertson, Anna Paquin e Kristen Bell), viaggi nel tempo e una frecciatina all'abuso del metacinema. Un delirio cinefilo in puro stile Craven.
4. Tutta colpa dei film
Da Arancia meccanica a South Park, passando per i romanzi di Stephen King e la musica di Marilyn Manson, la cultura popolare è spesso accusata di avere un effetto nefasto sulla mente dei giovani. Wes Craven ha avuto modo di dire la sua sull'argomento grazie al finale del primo Scream, quando viene svelata l'identità dell'assassino, o meglio, degli assassini: Billy Loomis (Skeet Ulrich), il ragazzo di Sidney, e il suo amico Stu Macher (Matthew Lillard). Oltre a prendere in giro la nozione del bisogno di un motivo per commettere una serie di omicidi - anche se in fin dei conti Billy ce l'ha - viene anche affrontata la questione del nesso fra finzione cinematografica e crimini reali. Per l'esattezza, quando Sidney lo accusa di aver visto troppi film, Billy risponde con una delle battute-simbolo degli anni Novanta: "Suvvia, Sid, non dare la colpa ai film. I film non creano gli psicopatici, li rendono più creativi."
3. La morte di Tatum Riley
Uno degli esempi migliori della capacità di Scream di mescolare brividi, sangue e risate è la sequenza in cui Tatum, interpretata da Rose McGowan, viene brutalmente uccisa da Ghostface: intrappolata nel garage di casa sua, la ragazza riesce a neutralizzare temporaneamente il killer prima colpendolo in faccia con la porta del frigorifero, poi lanciandogli addosso delle bottiglie di birra. Quando cerca di fuggire attraverso l'ingresso per il cane nella porta del garage, rimane incastrata e Ghostface riesce a finirla facendo salire la porta fino a schiacciare la ragazza. Un cocktail ammirevole di commedia e horror che dura pochi minuti, ma di grande impatto, al punto da essere ripreso nel quarto episodio in versione "scientificamente corretta" (dato che i fan fecero notare a Craven che la morte di Tatum, per quanto spettacolare, è fisicamente impossibile).
2. Le regole dell'horror
Anticipando di dodici anni l'applicazione molto più dissacrante delle convenzioni narrative del genere da parte di Joss Whedon e Drew Goddard in Quella casa nel bosco, Craven e Williamson si sono divertiti parecchio, in occasione del primo Scream, ad evocare una vera e propria lista di cose da (non) fare nei film horror, in particolare negli slasher, con vari aggiornamenti nei capitoli successivi. Rifacendosi alla tradizione di Halloween - La Notte delle Streghe, Venerdì 13 e compagnia bella, Randy Meeks ci ricorda i tre princìpi fondamentali per sopravvivere in un horror: vietato fare sesso, vietato consumare alcool e/o stupefacenti e severamente vietato dire "Torno subito" (la prima regola è però soggetta ad un paio di deroghe, elemento ripreso anche da Whedon e Goddard). Inoltre, Ghostface aggiunge altre due regole: mai chiedere "Chi è?" e mai uscire per indagare su un rumore misterioso. Una riflessione sul meccanismo narrativo che non invecchia mai, dato che ancora oggi, seppure con modalità leggermente diverse a seconda dei casi, tali regole sono in vigore nella stragrande maggioranza degli horror americani.
1. La morte di Casey Becker
Il momento che ha consacrato Scream come simbolo per eccellenza dell'horror anni Novanta: un prologo magistrale che omaggia Psycho e, fin da subito, ci segnala che abbiamo a che fare con un film che oltre a teorizzare sul genere mette anche in pratica le diverse idee menzionate. A fare la fortuna di questa sequenza è soprattutto una grandissima Drew Barrymore, inizialmente considerata per la parte di Sidney. Fu la stessa attrice a suggerire a Craven di darle il ruolo minore di Casey, uccisa dopo una decina di minuti per aver dato la risposta sbagliata alla domanda finale di un quiz improvvisato ("Chi era l'assassino in Venerdì 13?" Ebbene no, non era Jason...).
Poiché la Barrymore era la persona più conosciuta nel cast, un colpo di scena simile avrebbe suggerito al pubblico che tutto è possibile. Ed è così che abbiamo avuto uno dei migliori inizi di film degli ultimi vent'anni, intriso di ironia, tensione e sangue. Un piccolo capolavoro che suggellò anche la validità del progetto agli occhi del produttore Bob Weinstein, il quale all'inizio si lamentò della maschera usata da Ghostface. Dopo aver visto il montato di questa sequenza, non obiettò più alle decisioni di Craven.