Idee vecchie, autori nuovi

Attingendo a piene mani dal cinema di tutto il mondo, l'industria americana ha sempre fatto uso dei remake per rendere più vicini al suo pubblico film realizzati per il gusto di spettatori diversi, per nazione o per epoca.

L'attualizzazione e americanizzazione, o, se vogliamo, il riciclaggio, di idee ad Hollywood è sempre stata uso comune, messa in pratica anche da nomi noti del mondo del cinema, basti pensare al Cape Fear - Il promontorio della paura di Martin Scorsese o a Gus Van Sant che nel 98 ha riportato sullo schermo il classico Psycho di Alfred Hitchcock.
Tali operazioni non sono fatte sempre con lo stesso intento, e con esso varia anche il modo con cui il rifacimento viene realizzato: lo stesso Scorsese dichiarò che non avrebbe potuto rifare Il promontorio della paura se il primo autore fosse stato Hitchcock, perchè il suo intento nel dirigere il remake era di migliorare un'idea che riteneva interessante, ma non sviluppata al meglio delle sue potenzialità. Discorso diverso per operazioni come quella di Van Sant, che si è limitato a fare una copia esatta del film di partenza, sin dalla prima inquadratura.
Diverso, invece, il caso dei film stranieri che vengono realizzati nuovamente in America per adattare temi e modi a quelli del pubblico statunitense: pensiamo a Tre scapoli e un bebè, che prendere spunto dal francese Tre uomini e una culla o Welcome to Collinwood da I soliti ignoti. L'interesse, soprattutto in ambito americano, di questi prodotti è senza dubbio più chiaro, ed è quello di rendere prodotti di successo stranieri più adatti ai gusti del pubblico d'oltreoceano.
Proprio questo ultimo caso si sta sviluppando ultimamente nel mondo dell'horror.

Dopo il suo periodo d'oro l'horror occidentale, che aveva visto autori quali George Romero, Tobe Hooper e successivamente Wes Craven e Sam Raimi gettare le base per i diversi filoni che si sarebbe sviluppati negli anni successivi, è entrato in un lungo periodo di ripetitività e mediocrità che l'ha portato a diventare la parodia di se stesso. Problema principale il riciclaggio infinito delle stesse idee, sfilacciandole in serie spesso inutilmente lunghissime: è il caso dei vari Venerdì 13, Nightmare - dal profondo della notte, Non aprite quella porta. Le stesse poche idee ripetute all'infinito.
Naturale, in questo contesto, andare a cercare spunti nuovi altrove e l'improvviso successo della ghost story giapponese in tutto il mondo, grazie anche al diffondersi delle nuove tecnologie che hanno reso molti prodotti più accessibili, ha indicato l'estremo oriente come terra più adatta ad essere saccheggiata dal'horror occidentale.
Il primo è stato Ringu di Hideo Nakata, tratto dal romanzo di Koji Suzuki, autore culto in Giappone, che ha partorito anche altri romanzi portati con successo sul grande schermo. In The Ring di Gore Verbinski il passaggio interculturale è evidente, le tecniche per generare tensione meno sottili, mostrare più importante del suggerire (uno dei canoni estetici principali nella cultura giapponese).

Il successo di The Ring ha aperto la strada ad altre operazioni simili, ma ha anche rimesso in evidenza che il remake in sé funziona, e quindi perchè non attingere anche ai classici del genere? Nel giro di un anno due film fondamentali per l'horror contemporaneo sono tornati sul grande schermo ad opera di due giovani registi: Non aprite quella porta è stato riprodotto con lo stesso gusto dell'epoca da Marcus Nispel, mentre L'alba dei morti viventi è stato del tutto rivisitato da Zack Snyder, che ha dato nuova vita e vigore agli Zombie di Romero.

Dopo questi primi tentativi riusciti, ci si sta spingendo ancora oltre nell'intento di rinvigorire il panorama horror americano, importando gli autori e non solo le loro idee.
Far dirigere un remake allo stesso autore dell'originale non è una novità assoluta (nel 2001 Dick Maas aveva diretto Down rifacendosi al suo originale L'ascensore), ma la sistematicità che si sta creando fa pensare a una consuetudine che potrebbe radicarsi e portarci prodotti interessanti. E' lo stesso Takashi Shimizu del Ju-on: Rancore originale a portare sugli schermi occidentali The Grudge, girato ed ambientato ancora nella terra del Sol Levante, ma con l'innesto di alcuni personaggi americani, tra cui Sarah Michelle Gellar e Jason Behr, popolari presso il pubblico giovane; ed è lo stesso Nakata che dirigerà il seguito americano, The Ring 2, del remake del suo film originale.

Per il futuro ci aspettano altre iniziative simili, a cominciare dall'imminente Dark Water, diretto da Walter Salles, che abbiamo conosciuto con I diari della motocicletta, anche questo da un romanzo di Suzuki, e interpretato da un ottimo cast, in cui figurano la bellissima Jennifer Connelly, Shelley Duvall e John C. Reilly.