Cinema e fumetti possono essere considerati senza dubbio i due media più amati dal grande pubblico forse anche a causa degli elementi che li accomunano. Il mondo della celluloide e quello dei comics, infatti, condividono una nutrita serie di punti in comune a cominciare dall'epoca in cui i due media ottengono la definitiva affermazione presso il grande pubblico. Gli anni '30 vedono infatti la nascita dei più famosi supereroi: Superman, apparso nel 1938 sulla rivista Action Comics, Batman, creato dalla matita di Bob Kane l'anno successivo, e Capitan America, creatura superpatriottica della scuderia Marvel nata nel 1941. La corrispondenza di date non è affatto casuale: subito dopo la loro apparizione, i supereroi dei fumetti vivono una stagione di immediato ed enorme successo popolare che coincide con gli anni del secondo conflitto mondiale, divenendo così un'ideale valvola di sfogo per l'immaginazione nonché catalizzatori del ruolo di leader salvatore del mondo che l'America si era data in guerra.
Solo pochi anni prima, a cavallo tra i venti e i trenta, il cinematografo, dopo anni di snobistico rifiuto della classe intellettuale americana che lo aveva etichettato dapprima come spettacolo da "baraccone" adatto per le fiere itineranti e poi come strumento produttore di eventi subculturali destinati unicamente ad un rapido consumo, si era definitivamente imposto sia come linguaggio artistico sia, in seguito all'affermazione dello studio-system hollywoodiano, come grande prodotto industriale. Cinema e fumetto condividono dunque un destino comune: nascono entrambi come forme popolari di intrattenimento per poi nobilitarsi col tempo e trasformarsi, rispettivamente, nella "settima arte" e in una forma di produzione culturale elitaria mascherata da media di facile consumo (basta pensare ad alcuni albi divenuti di culto come i fumetti di Crepax, o quelli di Milo Manara - da non dimenticare la sua collaborazione con Federico Fellini).
Inoltre entrambi i media sono costituiti da linguaggi che fanno uso di immagini, il primo statiche, il secondo in movimento. E' lo stesso cinema ad attingere spesso alla fonte fumettistica in fase di realizzazione attraverso l'uso degli storyboard, i quali non sono altro che una sorta di fumetto privo di dialoghi utilizzato dal regista per avere un idea più precisa di quello che deve girare, per non parlare di tutti quei cineasti che hanno più volte dichiarato di aver subito le fascinazioni delle "nuvole parlanti" (Fellini, Resnais, Tarantino, Kevin Smith, regista di culto di film come Clerks - Commessi e Generazione X che alterna la carriera di regista a quello di sceneggiatore di fumetti).
Nonostante questo legame strettissimo tra fumetti e grande schermo, le prime trasposizioni dei comics trovano paradossalmente il loro habitat ideale in televisione. Il cinema non sembra essere ancora pronto ad accogliere i supereroi in calzamaglia e mantello, sia per l'arretratezza degli effetti speciali (ancora in fase preistorica di sperimentazione) sia perché, negli anni '50, in piena guerra fredda, la forma di science fiction più apprezzata è quella che vede protagonisti i più disparati invasori alieni che minacciano il pianeta Terra, proiezione del pericolo russo che si profila minaccioso all'orizzonte, ma che, alla fine di ogni pellicola, viene annientato con relativa facilità dagli eroi di turno. Ecco che allora Superman appare per la prima volta in televisione, là dove lo stesso Batman farà furore per più di trent'anni (cioè fino al colossal di Tim Burton) in una serie che vede l'uomo pipistrello interpretato da Adam West fasciato in una calzamaglia aderentissima in versione piuttosto scanzonata. Ovviamente seguono produzioni di serial tv a medio budget che vedono protagonisti i vari Spider-Man, Hulk, Superman e Flash, ma si avvicina anche il momento dell'apparizione dei primi supereroi sul grande schermo. Sono gli anni '60 a veder fiorire anche ad Hollywood un repentino cambio di tendenza: nel 1967 la Barbarella di Jane Fonda e Roger Vadim fa scandalo ma anche epoca, visto che addirittura un eroe femminile diventa protagonista di una pellicola destinata alle sale cinematografiche. Il film, pur non essendo un capolavoro, è ricco di humor e fantasia e le sensuali strizzate d'occhio allo spettatore lo rendono sicuramente godibile tanto da dare il via ad una serie di pellicole sexy-fantascientifiche tratte da comics, tra cui, nel 1974, una versione pornoparodistica di Flash Gordon.
Il neonato settore dei fumetti in film trova nel 1978 il suo formato definitivo nel kolossal con Superman di Richard Donner che, per l'epoca vanta diversi primati, costato 35 milioni di dollari, di cui 3 pagati a Marlon Brando per un'interpretazione di dieci minuti, richiede 4 anni di lavorazione ed ottiene un incredibile successo che porterà alla realizzazione di tre sequel.
Per tutti gli anni '80 i film tratti dai comics scelgono la strada della parodia: i vari Superman e Flash Gordon (di cui abbiamo un'ennesima trasposizione nel 1980, la cui produzione made in USA vede tra gli altri interpreti Ornella Muti e Mariangela Melato) conservano uno spirito scanzonato e burlesco, sono popolati di personaggi istrionici e sopra le righe, gli stessi registi rinunciano a mettere in scena in modo convincente le loro avventure come se l'unico modo per non incappare in un fallimento sia quello di prendersi gioco dei personaggi.
La svolta arriva col genietto di Burbank, un giovanissimo Tim Burton alla terza regia, che nel 1989 porta sullo schermo Batman, cui seguirà un secondo capitolo (Batman - Il ritorno) nel 1992 ancor più apprezzato dalla critica per la capacità del regista californiano di dar vita ad universi gotici e suggestivi in cui si muovono freaks dolenti e tormentati. Burton, con coraggio e determinazione, decide di creare un paradigma narrativo originale e, per certi aspetti, rischioso scegliendo di ignorare tanto le precedenti versioni cinematografiche e televisive del personaggio, quanto i modelli di riferimento che avevano sempre ispirato qualunque regista alle prese con un personaggio dei fumetti. Per raccontare la storia dell'uomo pipistrello egli utilizza infatti un registro fantastico e grottesco, escludendo qualunque tentazione di rilettura parodistica del personaggio. In questo modo inaugura uno stile del tutto nuovo per rappresentare cinematograficamente l'ingenuo mondo dei fumetti. Stile divenuto peraltro fortunatissimo: Batman è il film capostipite di tutta una nuova generazione di eroi dei fumetti che, dopo di lui, sono apparsi sul grande schermo e che hanno aderito al modello narrativo sdoganato da Burton: universi cupi tratteggiati a tinte fosche, introspezione psicologica dei caratteri, risvolti drammatici delle vicende che ruotano attorno all'eterno scontro tra il bene ed il male, eroi tormentati dalla solitudine e da eventi tragici che ne hanno determinato la diversità e l'incapacità di integrarsi nella società.
In realtà nello stesso anno Warren Beatty, attore col vizio della regia, aveva attinto alla fonte del comics, seppur con minor fortuna di Burton, realizzando un progetto che coccolava da molto tempo, la trasposizione cinematografica del leggendario Dick Tracy. Tratto da un fumetto creato nel 1931 da Chester Gould a Chicago, ai tempi del proibizionismo e di Al Capone, l'audace detective in impermeabile giallo, incorruttibile, ma capace di battersi contro i malviventi utilizzando i loro stessi metodi brutali, è un film-scommessa coraggioso ed innovativo supportato da un budget formidabile e da un cast stellare: oltre allo stesso Beatty, che si ritaglia la parte del protagonista, basta ricordare Al Pacino e Dustin Hoffman nei panni dei cattivi Big Boy Caprice e Mumbles e Madonna in quelli della dark lady Breathless Mahoney. Tecnicamente ineccepibile, caratterizzato da una fotografia impeccabile, opera di Vittorio Storaro, che dà vita ad un mondo sofisticato ed iperrealista, il regista, però, non si spinge ai livelli estremi di Tim Burton, ma sceglie il compromesso rifiutando all'interno del proprio film l'eccesso di realismo nelle scene violente e l'uso di riferimenti sessuali troppo espliciti. E' lo stesso Beatty a dichiarare che il suo film, volendo essere adatto anche ad un pubblico infantile, lo stesso pubblico che consuma avidamente gli albi di fumetti, punta su emozioni semplici ed immediate, su un mondo artefatto e bidimensionale, privo di sfumature. In realtà Dick Tracy risulta essere un film tutt'altro che facile o d'impatto immediato, ma un'opera complessa e piuttosto intellettuale e questo causa forse qualche resistenza nel pubblico, che si trova di fronte ad uno strano ibrido, ad un esperimento che anticipa di poco il grande boom della stagione dei comics.
Il modello cinematografico di Batman ottiene, invece, un successo enorme tanto da dar vita ad un'intensa attività di recupero e trasposizione cinematografica dei più disparati eroi dei fumetti con esiti più o meno apprezzabili. Sicuramente affascinante è l'adattamento di Bryan Singer, regista de I soliti sospetti, che approfondisce in due episodi (cui seguirà un terzo nel 2005) la saga degli X-Men, supereroi della Marvel dotati di geni mutanti che attribuiscono loro poteri straordinari, ma che li rendono dei diversi, dei paria temuti e rifiutati dalla società. Su questo aspetto di rifiuto venato di razzismo ed ignoranza si è concentrato Singer, che infatti inaugura la prima pellicola con le immagini di un campo di concentramento, motivando così le future scelte di Magneto, il "cattivo", che deciderà di fare del male per vendicarsi dei torti subiti da piccolo.
L'altro grande colossal che, dopo Batman, ha causato un terremoto ai botteghini con la sua uscita, è Spider-Man. Nel più totale revival dei comics non può mancare uno dei supereroi più famosi ed amati di tutti i tempi, l'Uomo Ragno in tutina rossa e blu partorito negli anni '60 dalla matita di Stan Lee. Lo Spider-Man diretto dal regista di culto Sam Raimi è un adolescente buffo ed un po' imbranato, antieroe per eccellenza, nel quale ogni ragazzo si può identificare, almeno finché non viene morso da un ragno mutante acquisendo così i suoi superpoteri. Al di là degli effetti speciali sofisticatissimi e del superbudget da colossal, la ricchezza e l'originalità del film sembrano proprio essere contenute nella chiave di lettura scelta da Raimi che non punta tanto sui duelli e sugli scontri col nemico Green Goblin quanto sulla storia d'amore tra l'imbranato Peter Parker/Spider-Man e la bella Mary Jane.
Il lato umano dei supereroi emerge anche in Daredevil e in Hulk. Entrambi eroi di casa Marvel, preda di profonde crisi personali e trame controverse che ne svelavano i lati deboli, nella loro versione cinematografica hanno però diviso la critica. Piuttosto abborracciato e privo di approfondimento psicologico, Daredevil vede come protagonista l'avvocato cieco che di notte indossa una tuta rossa per punire i criminali e riportare la giustizia dove la legge non basta, a cui presta il volto (piuttosto inespressivo) Ben Affleck. Per quanto riguarda Hulk, diretto dal maestro Ang Lee, si pone il problema opposto. Le critiche mosse al film hanno riguardato per lo più l'eccesso di introspezione che minimizza l'aspetto più leggero e più entusiasmante del fumetto, lo sprigionarsi immotivato della violenza del supereroe verde viene infatti incanalata e addomesticata nella drammaticità esistenziale del suo alter ego, lo scienziato Bruce Banner (che nel fumetto appariva invece assai di rado), soffocando così l'energia vitale e trasgressiva del film.
Molto più riuscita la saga di Blade, il vampiro di colore, che, fin dall'inizio, dichiara apertamente la propria natura di fumettone privo di ogni pretesa divertendo pubblico e realizzando ottimi incassi soprattutto con il secondo episodio.
Un discorso a parte andrebbe fatto sui film tratti da fumetti meno popolari, ma più raffinati e colti, come quelli di Alan Moore. Moore, in pochi anni, ha visto la realizzazione di varie pellicole tratte dai suoi albi, primo tra tutti La vera storia di Jack Lo Squartatore (From Hell), diretto dai fratelli Albert ed Allen Hughes, i quali hanno dato vita ad un affresco gotico e cupo ambientato a Whitechapel, sobborgo malfamato della Londra vittoriana in cui il maniaco dall'identità incerta si muove tra criminali e prostitute in cerca delle sue vittime. Se From Hell risulta uno dei migliori film tratti da fumetti per eleganza e compattezza, lo stesso non si può dire per La leggenda degli uomini straordinari, ispirato ad un altro albo di Moore stravolto però completamente nella sua natura elitaria ed adulta. Nonostante un cast stellare capitanato da Sean Connery ed un budget piuttosto elevato, le incongruenze della sceneggiatura, ricca di battute e trovate al limite del risibile, hanno penalizzano fortemente il film che alla fine è risultato uno dei peggiori dell'anno. Ora l'attesa è per un'ulteriore produzione tratta da Hellblazer di Moore, Constantine, che vede protagonista un investigatore del soprannaturale malato di tumore che sullo schermo sarà interpretato da Keanu Reeves. Constantine sarà solo uno dei tanti film tratti da comics che stanno per arrivare sul nostro schermo invadendo letteralmente la programmazione cinematografica e denunciando la crisi di idee in cui versa attualmente Hollywood: ecco allora le due prestigiose uscite di Spider-Man 2 e di Catwoman, che vede il premio Oscar Halle Berry indossare i panni succinti e sensuali della Donna Gatto, imminente anche l'arrivo sui nostri schermi di Hellboy, demone votato alla causa del bene, e di The Punisher, il suggestivo vendicatore nerovestito cinico e violento, ex-marine che cerca di punire i criminali che gli hanno sterminato la famiglia. Queste uscite sono solo un assaggio di ciò che aspetta i fan dei comics movie in attesa del 2005, anno in cui sono annunciati Daredevil 2, X-Men 3, Hulk 2, Elektra (eroina che appartiene al mondo di Daredevil) Sin City - tratto dalla serie cult di Frank Miller, I fantastici quattro e il quinto capitolo della saga di Batman, Batman Begins, diretto dal regista di Memento Christopher Nolan ed interpretato da Christian Bale/American Psycho. Questo solo per limitarci alle principali uscite. Prepariamoci quindi ad una vera e propria invasione: comics attack!