Dopo aver diretto la serie tv di successo House of Cards, il regista David Fincher torna a lavorare con Netflix per Mindhunter, disponibile sulla famosa piattaforma streaming a partire dal 13 Ottobre. Charlize Theron, coinvolta nel progetto come produttore esecutivo, ha proposto l'idea al maestro del thriller per "provare ad analizzare il concetto di serial killer come genio del male, presentando la vera natura di questi individui". Di seguito vi suggeriamo cinque buoni motivi per non perdere la prima stagione di questa brillante ed originale serie tv, suddivisa in dieci episodi di un realismo disturbante.
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1. Uno studio della brutale follia criminale
"Cosa spinge i malvagi criminali a fare quello che fanno?" è la domanda che si pone Mindhunter. Basata sul romanzo Mindhunter: Inside the FBI's Elite Serial Crime Unit di John Douglas e Mark Olshaker, pubblicato nel 1995, questa serie tv segue gli agenti dell'FBI Holden Ford e Bill Tench che si confrontano con alcuni dei più violenti e psicopatici serial killer degli anni '70. Provando a scavare nella loro mente tormentata e sadica per comprendere il movente di alcuni crimini efferati e scioccanti che hanno lasciato il segno nella storia americana, i due protagonisti ripercorrono la carriera di John Douglas e Robert Ressier, che hanno incontrato serial killer celebri come Charles Manson, Ted Bundy e Ed Gein, nella vita reale. In particolare nei primi due episodi, presentanti in anteprima al London Film Festival, viene introdotto Edmund Kemper, interpretato magistralmente da Cameron Britton.
Con una personalità narcisistica e sadica, celata dietro una calma apparente e una voce sommessa, il serial killer di Santa Cruz racconta all'agente Ford i suoi brutali omidici, dalle studentesse del college violentate e decapitate, alla madre uccisa e gettata in un tritarifiuti, senza mostrare alcuna forma di empatia. "Non bisogna avere paura di queste menti psicotiche, ma esplorarle" dichiara Fincher, spiegando l'essenza del suo Mindhunter, ambientato in un periodo storico particolarmente affollato di crimini sessuali, in seguito alla trasformazione culturale e al contesto politico e sociale.
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2. Nella mente di David Fincher
David Fincher ha firmato alcuni dei thriller più indimenticabili della storia del cinema, come Seven, Fight Club e Zodiac, oltre al recente successo L'amore bugiardo - Gone Girl con Ben Affleck e Rosamund Pike. La sua capacità di creare la giusta atmosfera per raccontare storie inquietanti, ricche di suspence, ma anche con una forte connotazione psicologica, è unica ed estremamente affascinante.
Il prodotto seriale gli offre una libertà creativa ulteriore per approfondire le varie sfumature dei personaggi coinvolti e addentrarsi in un complesso sistema umano che si nutre di perversione, bugie, sadismo e violenza. Gli agenti Holden Ford e Bill Tench ricordano molto i personaggi di Brad Pitt e Morgan Freeman nel cult Seven, confermando lo stile personale ed efficace di Fincher, ormai esperto nell'analisi della mente criminale. Capace di ipnotizzare e coinvolgere lo spettatore con un'esperienza disturbante e ricca di un macabro umorismo, il regista conquista il piccolo schermo, mantenendo il suo talento cinematografico.
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3. Un'autenticità che spaventa
Scritto da Joe Penhall e Jennifer Haley, Mindhunter fa riferimento a casi reali adattati in modo da fornire ai protagonisti la giusta libertà narrativa. In questo modo la storia può vagare, esplorando le idee che hanno alimentato la nascita del profilo psicologico. "Come possiamo anticipare dei pazzi se non sappiamo come ragionano i pazzi" recita Bill Tench nel trailer. Mindhunter utilizza quindi la realtà come archivio inesauribile e dettagliato di un mondo oscuro, fatto di menti danneggiate e imprevedibili che traggono in inganno anche gli esperti. Pertanto alla base di questa serie vi è un grande lavoro di ricerca a cui hanno partecipato il cast tecnico e il cast artistico. Gli attori hanno letto numerosi volumi di interrogatori, dichiarazioni e telefonate di veri serial killer, e hanno visto materiale di repertorio ufficiale, come gli sceneggiatori che hanno adattato materiale esistente, regalando quindi alla serie tv un senso di assoluta autenticità, nei dialoghi e nelle situazioni che gli agenti Ford e Tench vivono, episodio dopo episodio.
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4. Un cast convincente
"L'idea di incontrare David Fincher mi intimidiva, visto i lavori che ha fatto fino ad oggi, ma poi appena ho cominciato a girare mi sono rilassato" ha detto il giovane attore Jonathan Groff, che nella serie tv interpreta l'agente dell'FBI Holden Ford. Dopo il successo di Glee e la serie tv Looking, Groff è noto anche per essere la voce al simpatico Kristoff nel successo Disney Frozen. Questo ruolo da protagonista segna sicuramente una svolta nella sua carriera, al fianco di Holt McCallany che interpreta il suo collega Bill Tench. McCallany torna a lavorare con David Fincher dopo Alien 3 e Fight Club, ed è apparso molte volte sul grande schermo in film come Sully, Jack Reacher - Punto di non ritorno e Monster Trucks. Fisicamente e caratterialmente opposti, Tench e Ford formano la classica coppia di poliziotti con un diverso background e modus operandi, che tuttavia trovano un modo per collaborare grazie ad una chimica discordante ma complementare, che funziona sulla scena. Nel cast c'è anche Anna Torv (Fringe), nei panni della Dottoressa Wendy Carr, una professoressa di psicologia comportamentale interessata allo studio degli psicopatici.
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5. Spazio ai nuovi talenti della regia
David Fincher ha firmato la regia di quattro episodi di Mindhunter, pur seguendo interamente il progetto come produttore. Ammirevole la sua decisione di lasciare spazio a tre nuovi talenti dietro la macchina da presa, ai quali ha offerto l'opportunità di dirigere sei episodi della serie tv. Andrew Douglas, documentarista e fotografo con un'esperienza di regista pubblicitario, si è occupato degli episodi 7 e 8, affrontando per la prima volta un prodotto seriale. A Tobias Lindholm, regista danese del thriller A Hijacking, sono stati affidati invece gli episodi 5 e 6, girati a Pittsburg per tre mesi: "Sono stato fortunato a lavorare soprattutto con Anna (Torv), dal momento in cui il suo personaggio arriva nella storia e prova a trovare la sua strada nel mondo prevalentemente maschile di questi episodi".
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Infine gli episodi 3 e 4 sono stati diretti da Asif Kapadia, regista di Amy, il documentario su Amy Winehouse che ha vinto il premio Oscar nel 2016. "Per realizzare i miei documentari incontro persone e parlo con loro, registrando solo le loro voci. Quindi è stato interessante che il processo dei personaggi di Mindhunter sia quello di incontrare persone che hanno commesso terribili delitti e fare loro delle domande, provando a comprendere la loro psicologia. Mi sono sentito come se ci fosse una connessione tra i lavori che ho fatto precedentemente - come Senna e Amy - e questa serie tv", ha detto Kapadia.