Sono uomini di legge, agiscono al soldo di privati, si muovono nell'ombra e con la circospezione di chi sa che dovrà scavare sotto la superficie del visibile per riuscire a trovare il solo oggetto del desiderio: la verità. Sono i migliori detective dei film, creature mitologiche della letteratura gialla ma abituate a saltellare spesso dalle pagine dei romanzi direttamente alle luci del cinema.
Quello che ai vari Marlowe, Spade, Archer e Holmes serve per esistere sono 3 cose fondamentali: un caso di cronaca, che sia omicidio o sparizione, il tempo necessario per la ricerca di un colpevole e per la ricostruzione della vicenda, una soluzione che assicuri ancora una volta il trionfo della giustizia. E naturalmente un cappello
e un impermeabile, ma solo per chi ci tiene a conservare un certo stile.
Certo, il metodo di lavoro cambia, non tutti riescono a barcamenarsi bene tra le regole come Clarice Starling, e di sicuro esistono molti più detective "infernali" e poco ortodossi di quanto i detrattori di Quinlan non vogliano far apparire. Il fascino quello no, resta immutato per ciascuno di loro, perfino se si tratta di quel pasticcione di Jacques Clouseau.
Una lista dei migliori detective mai apparsi sul grande schermo è cosa complicata almeno quanto ciascuno dei loro casi, ma con la ferrea ostinazione che distingue Jake J.J. Gittes abbiamo voluto fare un tentativo: ecco quelli che a nostro avviso sono i 20 detective migliori della storia del cinema. Con un avviso importante per tutti coloro pronti a farsi trasportare nella vertigine della caccia al colpevole: molti dei film in questione, come L.A. Confidential, Blade Runner e Sherlock Holmes li trovate disponibili su InfinityTV
Sam Spade - Il mistero del falco (1941)
Prima del 1941 esistevano i detective, ed esisteva anche Sam Spade, creatura letteraria nata dalla fantasia di Dashiell Hammett e portata già al cinema diverse volte. Dopo il 1941 e Il mistero del falco nella versione di John Huston, esisterà solo il Sam Spade di Humphrey Bogart. Impermeabile chiaro, cappello Fedora calato sugli occhi, sguardo truce, sorriso solo accennato: Sam Spade è uno dei duri per eccellenza, inflessibile anche di fronte ai sentimenti della bella e colpevole Brigid (Mary Astor). Ma è anche un personaggio estremamente romantico, eroico, leale. Si pensi a tutte le volte che qualche malavitoso gli ha offerto la possibilità di guadagnare entrando in loschi affari. A Spade interessa una cosa sola: trovare il colpevole, della morte di Thursby prima, di quella del collega Archer poi. E l'intuito lo spinge a battere un'unica pista: la donna fatale, che, dal canto suo, ha già da tempo ceduto al fascino del detective. Sam Spade, nella carriera di Humphrey Bogart, è rimasto un personaggio insuperabile, nonostante la differenza fisica tra il ritratto del libro e quello portato sullo schermo: l'aderenza di persona e personaggio è diventa totale nella fantasia del pubblico, per cui Bogart è l'investigatore privato tutto d'un pezzo, col Fedora calato sugli occhi, la sigaretta al lato della bocca, chino nell'impermeabile chiaro. Grazie al suo Sam Spade - ancora prima e forse ancor più che a Rick Blaine di Casablanca e a Philipp Marlowe de Il grande sonno - Humphrey Bogart diventa la materia tangibile di cui sono fatti i sogni.
Hercule Poirot - Assassinio sull'Orient Express (1974)
Che aspetto ha un detective che non è più bello (e forse non lo è mai stato), non è più giovane e tutto sommato non è neppure così affascinante? Quello di Albert Finney e del suo Hercule Poirot ne Assassinio sull'Orient Express, versione del 1974 diretta da Sidney Lumet. Ci hanno provato e riprovato in tanti ma, ad oggi, è questa una delle versioni meglio riuscite dell'ispettore e uno dei migliori film tratti dai romanzi di Agatha Christie. Poirot non ha la prestanza fisica di alcuni suoi colleghi, è sempre annunciato dal quel suo buffo accento francese, non è facile vederlo impegnato in scene action anche perché per buona parte del suo tempo è impegnato a star seduto per leggere un giornale, mangiare un boccone, prendere appunti. Nulla sfugge ai suoi occhi, però, e pochi sono in grado di pensare velocemente come lui e altrettanto celermente giungere alle conclusioni. E anche quando è stato diretto da Lumet, se ha avuto bisogno di 122 minuti per risolvere il caso di Ratchett/Cassetti è stato solo per permettere agli spettatori di gustare ogni trovata di un capolavoro del genere giallo.
Ispettore Clouseau - La pantera rosa (1963)
Probabilmente nel mondo solo un corpo di polizia vanta più barzellette di quello italiano ed è quello francese. La colpa? Di uno sceneggiatore e regista americano e di un attore britannico, Blake Edwards e Peter Sellers, ovvero la coppia che sta dietro al successo dell'Ispettore Jacques Clouseau e della serie cinematografica de La pantera rosa. In realtà un po' di responsabilità è anche di Agatha Christie perché Clouseau prende a piene mani dal suo Poirot, tanto è vero che per il film del 1963 era stato scelto Peter Ustinov, storico interprete del panciuto ispettore francese, che all'ultimo momento abbandonò il ruolo. Facendo la fortuna di Clouseau e di Peter Sellers che diede vita, così, al suo personaggio più caratteristico. Pare che addirittura quella parlata francese incomprensibile anche ai francesi fu una sua idea. Jacques Clouseau è una specie di Fantozzi del genere poliziesco: imbarazzo e incubo dei suoi superiori, l'ispettore non ha l'intuito che distingue i detective, è goffo, poco intelligente, incline a perdere tempo, testimoni e prove preziose. Ma a differenza del personaggio di Paolo Villaggio, Clouseau possiede quella grandeur per cui vengono sbeffeggiati i francesi, ed è solo in nome di quella convinzione un po' ottusa che porta strenuamente avanti i suoi casi, riuscendo, per puri artifici di sceneggiatura, a risolverli. Sempre.
Hank Quinlan - L'infernale Quinlan (1958)
Quello della corruzione infiltrata nelle stanze della legge è un topos caro alla letteratura gialla ma Orson Welles, che nel 1958 è autore, regista e interprete de L'infernale Quinlan, ne svela qui ogni meccanismo. Svolgendo il tema che lo schema archetipico impone come un'indagine doppia, dalla parte buona e dalla parte cattiva della giustizia. C'è il poliziotto buono Mike Vargas (Charlton Heston) e c'è soprattutto il capitano cattivo Hank Quinlan (Orson Welles), chiamati entrambi a indagare sul traffico d stupefacenti tra USA e Messico e su un caso di omicidio collegato. Se Vargas, però, è il prototipo dell'agente integerrimo, il solo peccato di Quinlan, in realtà, è il voler arrivare alla verità con ogni mezzo e si sa, la legalità non può accettare compromessi. Così per tutto il corso del film il vecchio Hank dimostra più di una volta di essersi meritato sul campo quel soprannome: l'infernale. Il suo operato nel caso, forse la sua intera carriera non sono altro che un susseguirsi di prove fasulle, intimidazioni, strette di mano con loschi personaggi ma in tutto questo Quinlan è sempre stato convinto di una cosa: ogni via è lecita pur di far venire a galla la verità. Così alla fine se Hank sia o meno colpevole quanto i banditi a cui ha dato la caccia per tutta la vita è cosa che interessa solo ai suoi colleghi o allo spettatore che sia ancora alla ricerca di una risposta alla domanda: chi è stato? L'infernale Quinlan, per Orson Welles, è solo un mezzo per scavare nell'ipocrisia celata dietro alla distinzione manichea tra bene e male.
Scottie - La donna che visse due volte (1958)
Il titolo originale di questo piccolo capolavoro di Alfred Hitchcock, Vertigo, ovvero vertigine, racchiude già non soltanto quello che con uno sforzo di immaginazione possiamo definire il movimento del film stesso - una spirale di eventi orchestrati per l'inganno - ma soprattutto quell'elemento d fallibilità del protagonista che sarà determinante nello scioglimento del caso. John Ferguson detto Scottie (James Stewart) è un avvocato e poliziotto ma si è dimesso da tempo per via di un brutto incidente occorso a un collega che non è riuscito a salvare. E tutto per colpa del fatto che soffre di vertigini. Quando l'ex compagno di college gli chiede di pedinare la moglie Madelaine (Kim Novak), apparentemente ossessionata dalla figura di un'antenata, Scottie accetta credendo che si tratti solo del capriccio di una donna un po' eccentrica. Quello che non sa è che sta non solo per andare incontro al suo caso più importante e controverso, ma soprattutto al grande amore della sua vita. Saranno solo il senso di colpa per aver di nuovo ceduto alla debolezza e l'ossessione verso quella donna ambigua che lo porteranno in fondo all'inganno perfetto ordito da Gavin Elster.
Eddie Valiant - Chi ha incastrato Roger Rabbit (1988)
Nel 1988 Robert Zemeckis ci riporta indietro nella Hollywood di qualche decennio prima, precisamente nel 1947, con Chi ha incastrato Roger Rabbit. Eddie Valiant (Bob Hoskins) è un investigatore privato molto famoso nel mondo dei cartoni animati, ma non riesce più a esercitare la professione da quando un misterioso personaggio animato gli ha ucciso il fratello e collega. Accetta solo per bisogno economico la richiesta di R.K. Maroon, proprietario degli omonimi studi d'animazione: Roger Rabbit è un attore della sua scuderia, tipo promettente ma sempre distratto dai presunti tradimenti della moglie, la conturbante Jessica Rabbit. Qualcuno illude Eddie di aver risolto immediatamente il caso ma il suo istinto da detective consumato è più forte. E dove non arriva la comprensione lo fa il cuore: come tanti suoi colleghi sul grande schermo, Eddie Valiant finisce con l'affezionarsi al suo caso e con il trovare, oltre alla verità e a un colpevole, anche dei buoni nuovi amici.
Ed Exley - L.A. Confidential (1997)
Il detective si fa in tre, perché sarà pure il tenente Ed Exley (Guy Pearce) ad arrivare pluridecorato in fondo alla storia, ma nulla avrebbe potuto senza l'aiuto dell'agente Bud White (Russell Crowe) e del sergente Jack Vincennes (Kevin Spacey). Ciascuno di loro rappresenta precise caratteristiche della figura classica del detective così come la letteratura e il cinema precedenti ce l'hanno consegnata. Ci sono la determinazione, l'inflessibilità e la rettitudine morale di Exley, la forza e il coraggio di White ma c'è anche il cinismo e l'astuzia di Vincennes. Le loro caratteristiche sommate sono tutte necessarie per giungere alla risoluzione del caso. L.A. Confidential, in questo senso, non è solo il thriller perfetto ma si trasforma in un vero e proprio manuale della detection, firmato da Curtis Hanson alla regia, nato dalla penna di James Ellroy.
T.R. Devlin - Notorious (1946)
Nel 1944 Alfred Hitchcock sentì parlare per la prima volta di un racconto, The Song of the Dragon di John Taintor Foote: due anni dopo, mentre il mondo intero ancora piangeva sulla macerie della Seconda Guerra mondiale, nacque Notorious, il noir perfetto. Gli ingredienti sono pochi, quelli necessari, quelli fondamentali: c'è una bella spia in pericolo, Elena Huberman (Ingrid Bergman), c'è il cattivo di turno, Alexander Sebastian (Claude Rains), capofila di un gruppo filonazista rifugiato in Brasile, ma c'è soprattutto l'affascinante agente segreto T.R. Devlin (Cary Grant) al servizio degli Stati Uniti. La trama è semplice: la protagonista può saldare il conto che la sua famiglia ha aperto con la giustizia accettando la missione che le viene proposta da Devlin, smascherare le trame del cattivo. Ma cosa succede quando il dovere si scontra con l'amore ed entrambi incontrano gli ingranaggi della suspense hitchcockiana? Ne nasce Notorious - L'amante perduta, un meccanismo infallibile che si posa sulla presunta fragilità di Elena-Bergman e sulle spalle forti di un Cary Grant mai più così tenebroso.
Rick Deckard - Blade Runner (1982)
1982, Ridley Scott incontra la fantascienza distopica di Philip K. Dick e ne nasce Blade Runner, il thriller sci-fi che ha influenzato più di ogni altro film sul genere tutta la produzione successiva, cinematografica e televisiva. Rick Deckard (Harrison Ford) è un cacciatore di taglie nonché agente speciale dell'unità Blade Runner che viene richiamato in servizio per acciuffare quattro replicanti riottosi. Chi sono i replicanti? Sono esseri sintetici in tutto e per tutto simili agli umani, solo dotati di caratteristiche fisiche e intellettuali straordinarie. Ragion per cui sono stati programmati per avere una vita breve, di soli quattro anni. Quando 6 di loro, però, riescono a sfuggire dalle colonie e ad arrivare nella Los Angeles del 2019 si scatena il caos. La loro unica rivendicazione, in realtà, è ottenere la possibilità di vivere di più ma sarebbe un rischio che la Tyrell Corporation non può permettersi di correre. Così entra in scena Rick Deckard che, nonostante l'ambientazione futuristica, conserva molte delle caratteristiche classiche del detective. Compreso il carattere scontroso e la tendenza ad innamorarsi delle sue prede. E sarà proprio l'amata replicante Rachel (Sean Young) a fargli scoprire, come da schema noir tradizionale, qualcosa di sé che Rick continuava a ignorare. Solo che questo qualcosa, in Blade Runner, travalica i confini dei sentimenti e della morale e tocca direttamente il tema dell'identità, insinuando un dubbio: per sopravvivere al futuro bisogna stare dalla parte dell'uomo o della macchina?
Blade Runner: 10 intuizioni di un capolavoro non replicabile
Rigby Reardon - Il mistero del cadavere scomparso (1982)
Il 1982 è stato un anno d'oro per il noir, gli stilemi del genere non vengono solo collocati e in parte stravolti in ambientazioni piuttosto inusuali (Blade Runner) ma vengono abbondantemente osannati attraverso la brillante parodia diretta da Carl Reiner: Il mistero del cadavere scomparso. Il mattatore (e anche autore) è Steve Martin che veste qui i panni del protagonista, il detective Rigby Reardon, a cui viene affidato un compito dall'affascinante Juliet Forrest (Rachel Ward): ritrovare una persona scomparsa. Al di là della deriva comica delle ricerche di Rigby (davvero la chiave di tutto sono le muffe dei latticini?), il film è praticamente un manuale perfetto per chiunque voglia capire da vicino come si costruisce un thriller in pieno stile anni '40, con tanto di femme fatale, cadavere, spie, contro-spie e detective macho (ma assolutamente goffo e inconsapevole) come chiaro omaggio al modello Humphrey Bogart.
J.J. Gittes - Chinatown (1974)
Roman Polanski prende in mano il genere noir e ne tira fuori, nel 1974, uno dei suoi film migliori: Chinatown. Con un grandissimo Jack Nicholson nei panni del duro detective Jake "J.J." Gittes. Prendete tutte le caratteristiche del detective privato hardboiled e mischiatele alla complessità di un essere fallibile: Gittes è ciò che ne viene fuori. Lui apprezza le battute allusive, ha un'ironia tagliente, non ha problemi a usare violenza con uomini e donne che si mettano sul suo cammino e non si fa intimidire dalle minacce fisiche (la prova lampante è la vistosa e ormai famosa benda che sfoggia sul naso). Il problema di J.J. Gittes è la trama di Chinatown: complicata e insidiosa! C'è una femme fatale, Evelyn Mulwray, la bellissima Faye Dunaway, che non è chi dice di essere, c'è un marito traditore e losco, ma mai losco quanto tutti i personaggi che il nostro detective conoscerà durante tutti i 130 minuti del film. Ci sono appalti, mazzette, interessi politici, segreti familiari... Chinatown si fa prima a guardarlo che a riassumerlo. In questo scenario il povero Gittes, che è un detective della vecchia scuola, di quelli come se ne facevano ai tempi di Bogart, non riesce a non cadere in qualche ben congegnato tranello. Ma in fondo è solo quello che può succedere ad un tipo d'altri tempi come lui al cospetto dell'umorismo sadico di Polanski. Che regala, però, al suo J.J. purezza d'animo in un mondo di corrotti e romantica determinazione: che ne esca vincitore o meno, Gittes è disposto a tutto pur di raggiungere lo scopo, qualunque esso sia.
Chinatown: 40 anni di un capolavoro
Clarice Starling - Il silenzio degli innocenti (1991)
Il dottor Hannibal Lecter è Anthony Hopkins: difficile che Thomas Harris avesse pensato a lui nel costruire il suo personaggio più famoso, lode però all'intuizione di Jonathan Demme che nel 1991 lo sceglie per portare sul grande schermo Il silenzio degli innocenti, uno dei migliori thriller di sempre. Al di là dell'assoluta bravura di Hopkins, però, la parte geniale, del libro e del film, è un'altra: Clarice Starling, che al cinema ha gli occhi furbi di Jodie Foster. Non è cosa semplicissima trovare una detective donna in un thriller, anche perché solitamente la donna è vittima di complotti, maniaci, familiari malvagi. Il silenzio degli innocenti, però, prende questa regola e la frantuma, ma lo fa gradualmente e ricordandosi sempre di sfumare il confine tra la Clarice coraggiosissima detective, e la Clarice bionda vittima (probabile) del serial killer Buffalo Bill e di un sistema, quello dell'FBI, di cui vuole entrare a far parte, assolutamente maschilista. Come farà la signorina Starling a realizzare il sogno di diventare una detective senza finir male tra le grinfie del canone di un genere cinematografico o di un assassino? Con un aiutante speciale: lo psichiatra pazzo e antropofago Hannibal Lecter. Che chiede a Clarice la sola cosa che anche un detective non può non giudicare più importante della giustizia: la libertà.
Il silenzio degli innocenti: un'indagine da brivido negli abissi dell'anima
Philip Marlowe - Il lungo addio (1973)
Quando si ha per le mani uno dei migliori lavori di Raymond Chandler è difficile sbagliare, ma Robert Altman ama le sfide ed è per questo che, nel portare Il lungo addio sullo schermo nel 1973, decide di non partire dal romanzo ma dalle lettere dell'autore. Dopo Humphrey Bogart ne Il grande sonno nessuno sarà più lo stesso detective Philip Marlowe, questo Altman lo sa bene, ecco perché prova a fare qualcosa di diverso. Nell'America degli anni '70 il suo Marlowe non può più essere il detective tutto d'un pezzo che aveva fatto innamorare le donne nel 1946, quando un mondo alle prese con le ferite della guerra aveva bisogno di esempi. Ma chi poteva essere il suo Marlowe 30 anni dopo? Solo il volto di Elliot Gould, con quell'espressione disillusa e sorpresa allo stesso tempo. Il suo detective conserva lo smalto e l'intelligenza delle pagine di Chandler, ma è un cavaliere nostalgico, con qualche difficoltà economica, che non si sente mai al suo posto. Capelli ricci ribelli e andatura dinoccolata, neppure con le donne Marlowe ha la fortuna di un tempo. Ma la dignità quella sì, è la stessa degli anni '40, così come uno spirito in fondo in fondo sempre ribelle: così, quel "perdente nato" che si sente rivolgere dall'amico Terry, è il click, nella sua testa e nella sua mano, che gli permette di trovare in un colpo solo il colpevole e i fasti del bel tempo che fu.
Sherlock Holmes - Sherlock Holmes (2009)
Sherlock Holmes a modo suo è un supereroe, non solo per l'incredibile mole di casi impossibili risolti, ma soprattutto per le doti intellettuali assolutamente fuori dall'ordinario. Che come ogni eroe che si rispetti mette al servizio di chiunque chieda il suo aiuto (o almeno di chiunque gli sottoponga un caso interessante). Ma, nonostante tutti i suoi anni, Holmes, il più grande detective d'Inghilterra e uno dei più famosi che la letteratura ricordi, non è mai andato così vicino ad essere un supereroe come nel 2009, quando un Robert Downey Jr. appena uscito dalla tuta di Iron Man, e dal laboratorio di quel genio di Tony Stark, l'ha nuovamente portato sullo schermo. Lavorando su una sceneggiatura ispirata al fumetto di Lionel Wigram e, ovviamente, all'immortale personaggio di Sir Arthur Conan Doyle, Guy Ritchie ha riportato sullo schermo il detective più intelligente del mondo con il suo buon amico e aiutante dottor Watson (Jude Law). Regalando a un personaggio sempre e comunque tanto amato, nonostante non perda occasione per sfoggiare la propria superiorità, una "caratteristica" che solo due supereroi nella storia del cinema hanno avuto l'onore di condividere: la simpatia e l'eccentricità di Robert Downey Jr.
Guglielmo da Baskerville - Il nome della rosa (1986)
Davvero per entrare nella squadra speciale dei detective del grande schermo serve solo un po' di intuito? Assolutamente no, ma per il frate più riflessivo di tutte le abbazie del mondo sentiamo di dover fare uno strappo alla regola. E in fondo, seppur camuffato con saio e sandali, Guglielmo da Baskerville è un detective in piena regola: ha un caso, che contempla molteplici omicidi, riceve una richiesta d'aiuto, dall'abate stesso, ha pure un aiutante, il giovane Adso. Soprattutto: il dotto frate possiede tutte le caratteristiche di intuito, spirito d'osservazione, velocità di ragionamento, furbizia, immaginazione, oltre ad essere sicuramente il più colto tra tutti i detective fin qui presentati. Cosa necessaria per il caso particolare che si trova a dover sbrogliare. A tutto questo, nel 1986, quando il frate passa dall'essere un cumulo ben congegnato di parole, di Umberto Eco, all'avere corpo e volto di Sean Connery, ne Il nome della rosa di Annaud, si aggiunge una suggestione: che, oltre ad essere un detective perfetto, Guglielmo da Baskerville abbia anche molto in comune con il miglior agente segreto al servizio di sua maestà, James Bond.
Mark McPherson - Vertigine (1944)
"Farà meglio a farsi vedere, McPherson, o finirà in un reparto psichiatrico. Non penso che abbiano mai avuto un paziente innamorato di un cadavere": nel 1944, nel periodo migliore del genere noir, succedeva anche questo, che nell'onirico Vertigine diretto da Otto Preminger il detective Mark McPherson finisse con l'innamorarsi dell'oggetto del suo lavoro: il "fantasma" di Laura (Gene Tierney), la protagonista che dà il titolo al film nella versione originale. Quella per cui McPherson perderà la testa non è la vera Laura ma una sua creatura, la donna che il detective stesso ricostruisce nella sua immaginazione in base al contenuto delle lettere, alle testimonianze raccolte e soprattutto al ritratto posto nel suo appartamento sopra il camino. Proprio attraverso il dipinto, stilema molto in voga nel noir dell'epoca (se si pensa che La donna del ritratto di Fritz Lang è dello stesso anno), Preminger condurrà, come in un sogno, il suo tenente alla scoperta della sorprendente verità.
Lisbeth Salander - Millennium - Uomini che odiano le donne (2011)
La detective-hacker Lisbeth Salander è nata nel 2005 dalla penna del giornalista e scrittore Stieg Larsson ed è la co-protagonista dell'iniziale trilogia della serie Millennium. Genio dei computer, astuta più di una volpe, sa combattere con qualunque cosa le capiti tra le mani, Lisbeth possiede delle capacità incredibili, compresa quella di reagire dopo ogni caduta, fisica o meno che sia. Lo dimostra ampiamente nel primo capitolo Millennium - Uomini che odiano le donne, di cui esistono la versione svedese con Noomi Rapace e quella hollywoodiana del 2011, diretta da David Fincher e interpretata da Daniel Craig e Rooney Mara. Mikael Blomkvist si rivolge proprio a lei per risolvere il misterioso caso della scomparsa di Harriet Vanger. E Lisbeth Salander non soltanto lo aiuta nelle indagini aprendo sempre nuove piste, ma alla fine gli salva la vita. C'è qualcosa in cui la signorina Salander non possa riuscire con tutte le sue incredibili capacità? Forse no, tanto che siamo sempre più convinti che in realtà non sia lei ad avere problemi mentali ma un mondo che non è ancora pronto per comprendere una Lisbeth Salander.
Basil di Baker Street - Basil l'investigatopo (1986)
Poche volte i topi sono stati creature meravigliose, e quando è successo è stato quasi sempre in qualche classico Disney. Come nel 1986 con Basil l'investigatopo, che altri non è se non la versione minuscola con coda e orecchie di Sherlock Holmes. A scanso di equivoci, Basil accompagna sempre il suo nome con il suo indirizzo, Baker Street, proprio sotto l'abitazione del più famoso collega. Naturalmente Basil ha ereditato da Sherlock tutti i pregi: è molto intelligente, anzi è più che altro un genio, astuto, ha coraggio ed energie da vendere e ha un ottimo fiuto per casi difficili e "persone" scomparse. Come il papà della piccola Olivia, la topolina che chiede il suo aiuto e che lo porterà, inconsapevolmente, ancora una volta a confrontarsi con l'acerrimo nemico Rattigan, pesantemente sconfitto da questo nuovo scontro con Basil di Baker Street.
Keiko Kirishima - Nightmare detective (2006)
Il protagonista e il vero indagatore dell'incubo a tutti gli effetti non è Kagenuma? Sì, ma è l'ispettrice Keiko Kirishima (Hitomi) il vero motore dell'azione, considerando che addirittura è lei a cercare e trovare l'aiuto di un ritroso Kagenuma. La giovane Keiko è la prima a capire che dietro quella serie di suicidi si cela in realtà una minaccia più grande che ha a che fare con una dimensione paranormale. All'interno del distretto di polizia le credono in pochi, in verità, e i più la considerano una ragazzina supponente dallo stomaco debole. Ma quando il collega Wakamiya cade vittima di questo signor Zero (il regista Shinya Tsukamoto) che ipnotizza le vittime attraverso il telefono, allora tutto il corpo di polizia non può far altro che mettersi nelle mani di Keiko. Che scova il medium Kagenuma, l'unico in grado di aiutarla, trasformando in esca addirittura se stessa e i propri sogni pur di giungere alla risoluzione del caso.
Lew Harper - Detective's Story (1966)
Il detective Lew Archer, insieme a Philip Marlowe e a Sam Spade, è una di quelle figure che definiscono un intero genere, letterario prima e cinematografico poi. Sul grande schermo, però, l'investigatore nato dalla prolifica penna di Ross Macdonald, ha avuto meno fortuna dei suoi colleghi. A cominciare dal nome: leggenda vuole che il protagonista di Detective's Story si sia chiamato Harper per un capriccio del suo interprete, Paul Newman, ma la verità è che Macdonald non volle cedere i diritti del personaggio all'ultimo momento, così ecco la soluzione di Hollywood, basta cambiare qualche lettera. Forse l'H ha dato al detective un tono più scherzoso, ma in fondo non basta un'iniziale a stabilire le sorti di un carattere. E Harper è davvero molto simile ad Archer: Lew si muove nei piani alti della società californiana costellati di ricche vedove, star e starlette del mondo dello spettacolo, gangster, giocatori d'azzardo. In questo è molto simile al Marlowe di Chandler, due eroi quasi fuori tempo massimo con un forte senso di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Se non fosse che Lew Harper/Archer non riesce a vivere in un alone di romanticismo nostalgico: i suoi occhi infallibili lanciano continuamente lo sguardo stanco sulla corruzione e l'avidità del presente, smascherando l'ipocrisia della società prima ancora del colpevole.