Dopo Marseille in Francia, Las Chicas del Cable in Spagna e finalmente Suburra in Italia, Netflix si prepara a lanciare anche la sua prima serie tedesca. Un'occasione importante che ha meritato un'attenzione altrettanto marcata, con una presentazione alla stampa in quel di Berlino alla quale abbiamo partecipato, avendo modo di guardare in anteprima gli episodi di Dark e realizzare alcune interviste molto interessante a realizzatori ed interpreti di Dark, una serie in dieci episodi che sarà inserita nel catalogo del canale streaming a partire dal 1 Dicembre. Sullo sfondo di un Hotel de Rome impreziosito da scenografie che richiamano temi e luoghi della prima serie tedesca di Netflix, abbiamo potuto porre le nostre domande a chi questa complessa avventura, durata 155 giorni di riprese, l'ha vissuta in prima persona.
A cominciare da Baran bo Odar e Jantje Friese, rispettivamente regista e sceneggiatrice di Dark, coppia nella vita e dall'intesa che è emersa nel corso del nostro incontro, visibilmente emozionati ed ansiosi di "lasciar andare il nostro bambino", curiosi e preoccupati di vedere come sarà accolta una produzione così complessa, che parte dalla sparizione di due ragazzi per seguire le vicende di quattro famiglie, con risvolti soprannaturali e più di una linea temporale, alternando l'immediato futuro del 2019 al 1986. Ancora una volta gli anni '80, che tornano dopo Stranger Things, It ed il look di altre produzioni degli ultimi tempi, una curiosità dalla quale è iniziata la nostra conversazione.
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Cos'è Dark? Idee e suggestioni della serie Netflix
Che ne pensate del paragone che sta venendo fuori con Stranger Things?
Baran bo Odar: In realtà noi eravamo già in produzione quando è uscito Stranger Things, quindi non sapevamo molto della serie. Ovviamente abbiamo colto delle similitudini con il nostro progetto, ma l'abbiamo trovato interessante, ci è piaciuto, ed alla fine è una cosa positiva. Essere paragonati a qualcosa di buono è certamente meglio che essere messi a confronto con qualcosa che non lo è. Ma ci abbiamo pensato molto, perché nel frattempo c'è stato anche It e c'è un motivo per cui anche quel film è uscito in questo periodo nonostante se ne sia parlato per tantissimo tempo: perché ci sono filmakers americani che hanno un certo potere ora in USA che sono cresciuti negli anni '80 e condividono le stesse paure e idee, oltre a una certa nostalgia per un periodo che conoscono bene. Tra dieci anni, magari, accadrà qualcosa di simile con gli anni '90.
Jantje Friese: Penso che sia chiaro che i fratelli Duffer e noi abbiamo le stesse influenze, che si possono riferire a Stephen King che sicuramente abbiamo letto e amiamo entrambi, ma loro ci hanno aggiunto una spruzzata di Steven Spielberg, mentre noi abbiamo virato più su David Lynch. Ma è una serie interessantissima da guardare e siamo entrambi fan di Stranger Things.
Baran bo Odar: Un giornalista ha detto che in Dark è come se David Fincher avesse diretto Stranger Things ed è una definizione che mi riempie d'orgoglio.
Dark ruota attorno al concetto che tutto si ripete, che ci potete dire di questa idea?
Jantje Friese: È un'idea che mi ha sempre affascinata, il ragionare sul da dove veniamo, dove andiamo, cos'è questo fottuto posto [scherza] e cos'è la realtà. In particolare l'inizio e la fine, una sorta di circolarità. Ma non era un concetto legato ad un progetto specifico.
Baran bo Odar: Ma ci poniamo molti dubbi sulla realtà, sul cosa sia reale e cosa no. Pensare all'universo, al fatto che sia infinito, ci fa letteralmente uscire di senno! Anche nostra figlia di recente ha iniziato a pensarci, mi ha detto "mio Dio, papà, l'universo è infinito!" ed ho visto l'espressione sbigottita sul suo viso. Le classiche domande come "chi è nato prima, l'uovo o la gallina?", quelle cose che ti fanno rendere conto che non sai assolutamente nulla. Il fatto che ci siano cose che non hanno risposte e per le quali forse non avremo mai risposto ci lascia sconvolti ed è per questo che creiamo questo tipo di storie.
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Avete citato David Lynch, ma viene in mente anche Top of the Lake di Jane Campion. Quali altre influenze avete avuto per Dark?
Baran bo Odar: Ci sono riferimenti a molti autori, a Scorsese per esempio o registi degli anni '50. Quanto a David Lynch, più che alla sua opera nel complesso ci siamo ispirati al suo lavoro su Twin Peaks che amiamo molto. Siamo anche grandi fan di David Fincher, che consideriamo un autore efficace e intelligente. Di recente ci ha lasciati senza parole Mindhunter, una vera sorpresa per il suo essere un drama lento e focalizzato sui personaggi. È solo quello, non è Seven, non ha azione. Sono solo persone in una stanza che parlano, la cosa più difficile per un regista, perché non ti permette di usare trucchi. È una delle cose più da brividi: due persone sedute che parlano, come Robert De Niro e Al Pacino in Heat - La sfida. C'è azione in Heat, ma uno dei miei momenti preferiti è quello in cui loro parlano e basta.
Jantje Friese: Un'altra ispirazione è stata assolutamente Lost. Il modo in cui quella serie ha costruito la sua mitologia ci ha affascinato, abbiamo amato guardare quello show.
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Abbiamo parlato di Lost e Twin Peaks, di quella che era un'altra era della televisione, con episodi trasmessi di settimana in settimana che facevano aumentare la curiosità del pubblico. Ora, con il binge-watching e gli episodi a disposizione tutti insieme, cosa cambia nel modo di scrivere una serie?
Jantje Friese: Il modo di lavorare cambia sicuramente. Una serie come Dark non funzionerebbe con una programmazione settimanale, a causa della sua complessità, i tanti personaggi, e la resa migliore si ha guardandola tutta di fila o in tre o quattro blocchi. Non posso dire che sia stato intenzionale, ma il sapere che la gente può fare binge-watching apre a delle possibilità, perché non si ha bisogno di semplificare, si può essere più complessi. Sicuramente cambia il modo in cui si racconta una storia.
E nel corso della scrittura avevate attori o attrici in mente?
Jantje Friese: Sì, avevamo una intera griglia di attori ben definita, perché è così che lavoro. Ho sempre in mente dei volti mentre scrivo, anche se alcuni possono essere attori irraggiungibili come Susan Sarandon. Non deve necessariamente essere qualcuno che può essere scritturato...
Baran bo Odar: Mads Mikkelsen è sempre uno di loro! [scherza]
Jantje Friese: ... ma Louis Hofmann e Oliver Masucci sono stati presi molto presto ed ho sempre avuto il loro volto in mente.
Riguardo l'uso dello split screen in alcune sequenze, è qualcosa che avete considerato sin dall'inizio o è un'idea venuta in fase di montaggio?
Baran bo Odar: L'abbiamo pensata sin dall'inizio, in realtà era proprio presente nello script, indicata come "split screen con queste immagini da una parte e queste altre dall'altra"
Da dove viene l'orologio che si vede nella serie?
Baran bo Odar: Ci siamo rifatti a suggestioni steampunk, una combinazione di antico e moderno che ci piace molto. Abbiamo chiesto allo scenografo di fare qualcosa che avrebbe funzionato in un mondo steampunk e lui odia quello stile, ma ha fatto un lavoro fantastico.
Jantje Friese: Ci piaceva l'idea che potesse fondere passato e futuro, perfettamente in linea con lo spirito di Dark!
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Dalla Germania al mondo
Entrambi venite dal cinema ed i film. Com'è stato lavorare a qualcosa di diverso come una serie di lunga durata?
Baran bo Odar: Non avevamo mai fatto serie prima, quindi abbiamo affrontato questo lavoro come se fosse un film. Ma si è trattato di un film molto lungo, di dieci ore, quindi è quella la differenza principale rispetto alle esperienze passate. Devi alzarti presto dal letto ed andare sul set più di cento volte, piuttosto che trenta. Fare il film è una corsa, mentre una serie è una maratona, nella quale devi sapere come gestire e concentrare le forze. Mi sono ispirato ad una frase presa dal making de Il signore degli anelli presente sui DVD, in cui gli chiedevano come si sopravvive alla realizzazione di tre film di quella portata. Lui diceva che era necessario concentrarsi sul giorno di ripresa successivo. Ed è quello che ho fatto io. Ma nel complesso è un'esperienza positiva, perché si ha tempo per costruire i personaggi insieme agli attori, si parte il primo giorno di ripresa con uno stato mentale che è completamente diverso da quello che si ha all'ottantesimo giorno. In un film non si ha il tempo per farlo.
Jantje Friese: Anche l'approccio alla scrittura è completamente diverso. Un film ha una formula ben definita, si inizia da un personaggio che ha un problema e lo risolverà o meno. Una serie è molto più legata allo sviluppo dei suoi personaggi, si hanno tanti personaggi e li si mette continuamente a confronto con i loro problemi. È un po' una struttura circolare anche in questo caso. La sfida è stata decidere come strutturare una serie e farlo per una storia come quella di Dark che è molto diversa dalle altre serie, non abbiamo potuto dire, per esempio, "funziona come Braking Bad" o "possiamo fare come quell'altra serie". Abbiamo tanti personaggi e una struttura a più livelli, abbiamo dovuto decidere quando porre domande e quando dare risposte, quando prendere lo spettatore per mano e quando spingerlo già da una scogliera. Ed è qualcosa che abbiamo capito lavorandoci.
Normalmente lavorate per il mercato tedesco, è cambiato qualcosa sapendo di rivolgervi ad un pubblico internazionale?
Baran bo Odar: No. Abbiamo fatto quello che sappiamo fare e abitualmente guardiamo tante cose internazionali, tante produzioni americane, ma amiamo anche tanto cinema orientale, in particolare sud-coreano e giapponese, e questo ci influenza e spinge a raccontare una storia in modo più internazionale. Ad essere sinceri, non pensiamo al paese di appartenenza, io non sono nemmeno tedesco ma ho una varietà di influenze diverse nella mia discendenza, dal turco al russo a tanto altro, da non essere mai cresciuto con l'idea di essere un regista tedesco e di dover raccontare una storia tedesca.
Gli attori hanno spiegato quanto fosse chiara la vostra visione. Come siete arrivati a una tale sicurezza in una storia così articolata e come eravate d'accordo su ogni aspetto?
Baran bo Odar: Prima di tutto perché siamo una coppia e per quindici anni abbiamo condiviso lo stesso DNA cinematografico. Ci piacciono le stesse cose, l'unica su cui siamo in disaccordo è Dirty Dancing. Che per inciso io non considero un gran film!
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Jantje Friese: Non è vero, in realtà gli piace molto!
Baran bo Odar: Non è vero! Quanto alla sicurezza, credo che debba essere il mio lavoro sapere cosa voglio ottenere. Nessun altro lo sa sul set, devo essere io a dire ad ognuno cosa deve fare e come deve farlo. Si può dire che sia il mio unico compito, insieme all'osservare e capire se ci sono stati errori o se il tutto risulta credibile. In più scritto tutto ciò che serve e realizzo storyboard, perché mi piace fare fumetti per divertimento e mi viene naturale. So esattamente cosa voglio sul set, ma allo stesso tempo cerco di lasciare spazio agli attori. Proviamo tanto, che non è la norma in televisione, e talvolta accolgo le scelte degli attori.
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Cosa accadrà, in Dark e nel mondo dell'intrattenimento?
Avete già pensato ad eventuali altre stagioni?
Jantje Friese: Sarebbe stupido non pensarci, ma allo stesso tempo devi concentrarti su quello che stai facendo al momento. Devi avere un piano e una struttura in mente, ma con la flessibilità di poterti adattare a quello che accade. A volte ci si trova a sorprendersi per sviluppi ai quali non si era pensato. Ora per esempio abbiamo diverse idee in mente su quello che dovrebbe accadere ai personaggi in una seconda stagione, ma chi può dire che rimarremo fedeli a queste idee. Credo sia uno degli aspetti più belli di una serie, poter essere così aperti e liberi.
Dopo la controversia del Festival di Cannes sulla presenza di Netflix, cosa ne pensate della necessità di far uscire i film in sala?
Jantje Friese: Il cambiamento arriverà e nulla potrà fermarlo. Se c'è la possibilità di dare alla gente la possibilità di fruire di un film nel modo in cui vogliono farlo, perché non farlo? È il processo naturale, accadrà, e chiunque lo nega si dimostra cieco. Ma io trovo che ci sia un'enorme opportunità per i filmaker in questo contesto, perché se guardo alle recenti uscite vedo un deserto, solo grandi blockbuster e supereroi, abbiamo perso l'intrattenimento per adulti che avevamo negli anni '90. Con Netflix e gli altri servizi streaming abbiamo la possibilità di ridare visibilità a questo tipo di narrazione più adulta e penso che sia molto positivo. Riguardo l'andare al cinema... si vedrà!
Baran bo Odar: Anche se cambierà il modo in cui fruiamo delle storie, continueremo a raccontarne. È un bene per chi fa questo lavoro, perché non lo perderà, ma è ovviamente un male per le sale. Ce ne saranno meno e saranno qualcosa di più elitario, che riguarderà alcune produzioni in particolare. Dunkirk, per esempio, non è ugualmente coinvolgente in TV rispetto alla sala, ma posso godermi tanti altri film sulla mia televisione così come al cinema. È molto triste che un film come Blade Runner 2049sia andato così male, perché penso che sia molto bello. Penso che il Blade Runner originale sia il mio film preferito in assoluto di tutti i tempi ed ero terrorizzato quando ho saputo che Denis Villeneuve ne avrebbe fatto un seguito, ma credo che abbia fatto un lavoro fantastico nel creare il proprio mondo ma restare fedele a quello dell'originale. Eppure pochi l'hanno guardato e credo che difficilmente si tenterà qualcosa del genere nei prossimi dieci anni ed è molto triste. Ma per concludere, posso dire che il modo in cui fruiremo delle storie cambierà nel prossimo futuro, ma noi non smetteremo di raccontarne.