Dal Drugo a Llewyn Davis: gli antieroi strampalati dei Coen - parte 2

Scopriamo le prime dieci posizioni della classifica dedicata ai personaggi più pittoreschi e significativi del cinema di Joel ed Ethan Coen.

Se ci avete seguito nella prima parte del nostro viaggio (qui trovate il nostro articolo), avrete cominciato a intuire le nostre preferenze tra le tante bizzarre creature che popolano i film di Joel ed Ethan Coen. Adesso è giunto il momento della verità. Il momento di celebrare insieme i magnifici dieci, i personaggi più significativi, carismatici, sorprendenti, cool, commoventi e divertenti di una filmografia senza paragoni. Chi sarà il re della nostra classifica? Se non l'avete già indovinato, scopritelo insieme a noi partendo dalla decima posizione.

10. Chad Feldheimer (Burn After Reading - A prova di spia)
Nel bestiario umano di Burn After Reading - A prova di spia, quello di Brad Pitt è il personaggio più esilarante. Per l'attore deve essere stato uno spasso interpretare un idiota purosangue capace, in ogni singola inquadratura a lui dedicata, di strappare una risata. Chad Feldheimer è un istruttore di ginnastica dalla pettinatura improbabile. Lo vediamo saltellare a ritmo di dance mentre incita i suoi clienti, lo vediamo recarsi agli appuntamenti in bicicletta e caschetto d'ordinanza, indossare tutine attillate, succhiare rumorosamente frappè dalla cannuccia e strizzare gli occhi per darsi un tono. Farà una fine ingloriosa dopo essersi introdotto di soppiatto nella casa della moglie di un ex agente segreto, spaventando a morte l'amante della donna (George Clooney). La sua unica colpa? Aver accettato di aiutare una collega a trovare i soldi per permetterle di pagarsi le operazioni di chirurgia estetica che la donna sogna da sempre.

9. Gaear Grimsrud e Carl Showalter (Fargo)
Come il personaggio di Marge Gunderson è stato scritto per Frances McDormand, anche quello di Carl è stato pensato per Steve Buscemi. E' evidente da subito nell'incontro fatidico in cui affida a lui e al suo silenzioso socio Gaer (Peter Stormare) che il nostro "benintenzionato" Jerry Lundegaard (William H. Macy) sta prendendo una cantonata madornale - non che pianificare il rapimento a scopo di riscatto della propria moglie possa mai essere un'idea brillante. Lo stesso Carl si rende conto del guaio in cui è finito quando l'impassibile Gaer uccide il poliziotto e la coppia in auto a Brainerd, ma invece di tornare sui suoi passi, di salvare la vita all'innocente signora che ha a bordo, di liberarsi del compare col grilletto facile, decide di chiedere più soldi a Jerry. Gaer ha ancora meno scrupoli, ma soltanto perché è ancora più stupido, talmente stupido da essere incapace di dare il minimo valore alla vita umana: l'aspetto più spaventoso di Fargo è come la violenza sia inevitabilmente generata dalla spicciola stupidità. La banalità del male non è un concetto così peregrino.
8. H.I. McDunnough (Arizona Junior)
Criminale recidivo perché non conosce altra esistenza che non sia quella legata ai piccoli furti ed espedienti ai margini della legalità, l'ingenuo H.I. (Nicolas Cage) decide di mettere la testa a posto per amore quando scocca la scintilla con la graziosa e assennata poliziotta Ed. Ma è proprio lei a spingerlo a compiere il reato più grave quando scopre di non potere avere figli: una famiglia che vive nei paraggi ha appena avuto cinque gemelli, e potrà bene fare a meno di uno di loro per regalarle la gioia della maternità.
Pur di fare felice l'adorata moglie, H.I. rapisce il piccolo Nathan Jr., facendo scattare una carambola di eventi incontrollabili, che rischiano di schiacciarlo prima che possa avere modo di restituire il bambino alla sua famiglia, ottenendo un magnanimo, cosmico perdono per un sorprendente happy ending. Se lo merita per la sua buona fede, per il fatto che rappresenta uno dei pochi sempliciotti dal cuor d'oro del cinema dei Coen, e per la sua misteriosa eloquenza: "Ho fatto di tutto per rigare dritto, ma non è facile con quell'infame di Ronald Reagan alla Casa Bianca. Non so, dicono che sia un brav'uomo, dev'essere colpa dei suoi consiglieri allora."
7. Barton Fink (Barton Fink - È successo a Hollywood)
Barton Fink è una creatura decisamente inquietante. Un artista duro e pure, un tantinello disadattato, consumato dal sacro fuoco dell'arte e assuefatto al palcoscenico newyorkese da cui trae linfa vitale. Una volta catapultato nella solare Hollywood, tra produttori rapaci, bellezze arriviste e un sole cocente che scioglie ogni fantasia, lo stralunato Fink sperimenta il peggior blocco dello scrittore mai rappresentato in un film. Occhiali sghembi, sguardo febbrile, fronte imperlata dal sudore, un cespuglio di capelli ricci ritti sulla testa, John Turturro dà vita a un'interpretazione magistrale che comunica ansia in ogni inquadratura. Sperduto nella capitale del cinema, Barton trova conforto sono nella vicinanza del compagno di stanza, l'assicuratore Charlie, e in una bella segretaria che però, quando gli concede le sue grazie, poco dopo viene ritrovata dilaniata nel letto. Agnello sacrificale, figura portatrice di una valenza simbolica, Barton è destinato a subire le ire di quelli che lo circondano senza diritto di replica. Il sesso con lui diventa morte. La relazione sottilmente omoerotica con Charlie (il wrestling simulato tra i due nella stanza d'albergo non è un'ulteriore forma di contatto fisico intimo?) sprofonda in tragedia quando l'amico si rivela un violento serial killer. Incatenato in un contratto capestro che lo lega a Los Angeles, non gli resta che sperare nel futuro fissando l'immagine di una procace pin-up su una spiaggia deserta.
6. Jesus Quintana (Il grande Lebowski)
Breve, ma intensa la presenza di Jesus. Tra i personaggi iconografici partoriti dalla mente del duo del Minnesota, il suo vince la palma per la creatura più bizzarra. Rivale di bowling dalla provenienza incerta (l'esilarante accento sapientemente riprodotto da John Turturro tradirebbe un'origine cubana), Jesus seduce la palla da bowling leccandola prima di lanciarla. Inguainato in tutine aderenti dai colori pastello, i capelli fermati da una retina, le mani cariche di pesanti anelli, danza sinuoso sulla pista al ritmo di una spagnoleggiante Hotel California e aggredisce verbalmente il Drugo e i suoi compari con una sequela di irripetibili improperi. A lui è dedicato un breve flashback volto a corroborare l'informazione fornita da Walter su di lui. Jesus sarebbe, infatti, un pedofilo che si è fatto qualche mese di carcere per aver molestato un bambino di otto anni. A vederlo in azione non si stenta a crederlo.
5. Walter Sobchak (Il grande Lebowski)
Scritto appositamente per John Goodman, il reduce del Vietnam amante delle armi, del bowling e delle maniere brusche Walter è uno dei personaggi più esilaranti creati dai Coen. Protagonista di esilaranti tirare militariste, sempre pronto a dare una mano (tranne durante il Sabbath che, pur essendo cattolico polacco, osserva in omaggio alla ex moglie di cui è ancora invaghito), Walter è responsabile degli errori più grossolani compiuti dal Drugo nella gestione dei rapporti con l'omonimo miliardario Lebowski. I suoi comportamenti eccessivi lo portano a maltrattare il povero Donnie, a scagliare paralitici giù dalla sedia a rotelle, a far fallire una trattativa con dei criminali e a farsi cacciare da un locale 'per famiglie'. Il tutto sempre in buona fede. La scena più esilarante lo vede intento a vendicarsi di un omertoso quindicenne distruggendogli l'auto sportiva a bastonate per poi scoprire che questa appartiene a un ignaro (e inferocito) vicino di casa.
4. Norville Barnes (Mister Hula Hoop)
Tenero spilungone, Norville Barnes è un ingenuo e speranzoso giovanotto, volenteroso, ma non particolarmente sveglio, giunto a New York in cerca di fortuna. All'epoca della release di Mister Hula Hoop, Norville è stato paragonato dai più ai personaggi del cinema di Frank Capra, in particolare al protagonista di Mr. Smith va a Washington. Paragone davvero calzante. Dinoccolato, sorriso aperto, parlantina vivace, dotato di un cuore d'oro e di un entusiasmo contagioso, a volte pure troppo, il ragazzone originario di Muncie, Indiana (irresistibile la sequenza in cui intona l'inno di fronte a una stupita Amy Archer), è il capro espiatorio ideale per i loschi intrighi finanziari dell'azienda in cui compie un'ascesa improvvisa. Da portalettere a presidente. Neppure nelle più rosee aspettative. L'idea è quella di usarlo come specchietto delle allodole per far svalutare l'industria e le sue pacchiane invenzioni, in particolare l'hula hoop che 'è per i bambini' e l'atteggiamento naif servono allo scopo. Inebriato dalla posizione di potere raggiunta inaspettatamente, Norville rischia di montarsi la testa e di fare il vuoto intorno a sé, perdendo anche l'amore di Amy, ma il suo buon cuore, l'inconsapevolezza e un pizzico di magia lo salveranno dalla catastrofe. A dar volto alle guanciotte tonde e alle fossette di quest'anima candida è l'energico Tim Robbins, irresistibile nel ruolo del sempliciotto di provincia dolce e ridicolo al tempo stesso.
3. Anton Chigurh (Non è un paese per vecchi)
Un killer spietato con una pettinatura ridicola. In un cinema di contrasti e surrealismo, i capelli di Anton Chigurh sono un capolavoro. Nel film più crudo e violento dei Coen Javier Bardem interpreta una macchina di morte, un uomo senza sentimenti, uno psicopatico privo di umanità che elimina tutti coloro che incrociano il suo cammino con soluzioni sanguinarie. Occasionalmente affida alla sorte la sopravvivenza dei suoi vicini lanciando in aria una moneta. Più spesso li fa fuori anche quando non richiesto dal contratto. Possiede una sua etica che però rimane oscura ai più, visto che spara col suo Remington semiautomatico a tutti coloro a cui rivolge la parola. Cosa lo rende umano? L'improbabile caschetto liscio e sbarazzino in stile Caterina Caselli e la straordinaria interpretazione (da Oscar) di Javier Bardem. Si vocifera che di fronte alla chiamata dei Coen l'attore abbia chiesto: 'Non guido, parlo un pessimo inglese e odio la violenza. Perché avete voluto me?' 'Proprio per queste ragioni' hanno risposto i Coen.
2. Marge Gunderson (Fargo) "Il Minnesota è come la Siberia, ma con più ristoranti per famiglie". Così i Coen descrissero il loro stato di provenienza. Un definizione che ci fa pensare all'eroina del film con qui hanno "omaggiato" il Minnesota, Fargo, la black comedy per antonomasia: la poliziotta Marge, una donna dalle abitudini semplici e dalla vita modesta, che vediamo arrancare nella neve appesantita dal suo stato di avanzata gravidanza; ma di lì a capire che è uno dei pochi protagonisti di Fargo ad avere del sale in zucca, e scoprire in lei, a lungo andare, anche una detective coi fiocchi, il passo è breve. Frances McDormand non si lascia sfuggire l'occasione fornitale da marito e cognato per far risplendere un personaggio dolcemente forte, il più amabile, forse, dell'intera filmografia coeniana, e che le è valso anche un meritatissimo Oscar: un raggio di luce nella tenebra di un mondo abitato da egoisti, pusillanimi, violenti e inetti.
1. Drugo Lebowski (Il grande Lebowski)
Il Drugo, ovvero della rassegnazione. La creatura più celebre dell'universo dei Coen è il sacerdote inconsapevole di una religione privata. Parla di sé in terza persona, ama il bowling, se ne va in giro con mise improbabili (dalle vestaglie ai maglioni multicolori, dalle mollette in testa ai pantaloni afro), si nutre di latte, marijuana e White Russian, non perde (quasi) mai la calma riuscendo a mantenere il sangue freddo di fronte a sconosciuti che mingono sul suo tappeto, gli infilano la testa nel water e gli lanciano nella vasca da bagno furetti assatanati. Il suo aplomb da figlio dei fiori postmoderno è irresistibile quasi quanto gli sguardi di disapprovazione lanciati ai compari Walter e Donnie o ai nemici che di volta in volta si presentano alla sua porta. Dotato di un'attività onirica decisamente sviluppata, il Drugo ama la solitudine, ma non disdegna la compagnia di donne affascinanti, anche se non sono ammesse implicazioni sentimentali. Fuori forma e indolente, il Drugo ha lo sguardo sornione, il capello selvaggio e il fascino da teddy bear di Jeff Bridges, mai più così perfetto. Un'icona.