Dieci anni fa, se ci avessero detto che il più grande successo cinematografico basato su un fumetto della DC Comics, tra la fine del 2018 e l'inizio del 2019, sarebbe stato un film dedicato ad Aquaman, come avremmo reagito? Probabilmente con la stessa incredulità per chi, nello stesso periodo, ci avesse detto che dall'altro lato della barricata, in casa Marvel, personaggi come Black Panther e i Guardiani della Galassia avrebbero battuto Spider-Man e Wolverine sul piano commerciale. Fatta forse eccezione per la serie televisiva Entourage, che comunque declinò la cosa in chiave molto ironica nel 2005 e nel 2006, nessuno credeva veramente nel potenziale di Arthur Curry per il grande schermo, complice la sua reputazione di personaggio "sfigato". Tra le più note battute di The Big Bang Theory c'è "Aquaman sucks!", e in uno sketch a tema Comic-Con, incentrato su un quiz per la cittadinanza nerd, il comico Conan O' Brien, ironizzando sulla nota capacità di Arthur di comunicare coi pesci, costrinse Chris Hardwick a riformulare la domanda "Qual è il superpotere di Aquaman?", trasformandola in "Cosa fa Aquaman?".
Ed eccoci invece davanti a un traguardo notevole: mentre scriviamo queste righe, Aquaman ha superato il miliardo di dollari al box office mondiale, pronto a scavalcare Il cavaliere oscuro - Il ritorno come maggiore successo cinematografico della DC (e secondo in assoluto per la Warner Bros., dopo l'ultimo capitolo di Harry Potter). Un risultato epocale non solo per un lungometraggio il cui protagonista fino a qualche anno fa era oggetto di scherno, ma anche per il sesto tassello di quell'oggetto curioso e controverso che è l'universo cinematografico DC, inaugurato nel 2013 e caratterizzato da diversi alti e bassi, in primis la gestione di Justice League che è stato pesantemente riscritto e rigirato nel giro di pochi mesi prima dell'uscita. Il successo del film di James Wan - di cui abbiamo parlato anche nella nostra Recensione di Aquaman - apre nuove porte, che proviamo ad analizzare in questa sede partendo dalle origini dell'exploit finanziario del blockbuster subacqueo e meditando su come rappresenti il percorso giusto per la DC andando avanti.
Questioni di metodo
Tra le principali critiche mosse, a priori, contro l'universo cinematografico della DC c'è stata quella relativa alla strategia annunciata delle uscite: prima il film collettivo, con i vari membri della Justice League, e poi le avventure individuali dei singoli membri (esclusa Wonder Woman, il cui lungometraggio personale è uscito cinque mesi prima del team-up). In altre parole, l'esatto contrario della Marvel, il cui universo si basa invece sull'introduzione graduale dei vari eroi in storie singole, prima di riunirli (con alcune eccezioni come Black Panther e Spider-Man). Alla radice della polemica c'era la nozione che fosse necessario conoscere bene i vari personaggi per poter seguire ed apprezzare il lavoro di squadra, un'idea tutto sommato errata: basti pensare a The Avengers, il cui successo stratosferico sorprese anche la Marvel dato che solo Iron Man aveva davvero fatto breccia nel cuore del pubblico, o ad altri cinecomics corali come quelli dedicati agli X-Men. C'è però un altro concetto che si ricollega alla critica di cui sopra, che è valida ma per un motivo diverso da quello che si pensava.
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Lo scopo dei film individuali, infatti, non era tanto quello di farci conoscere i vari personaggi, ma piuttosto di abituarci all'idea di un universo espanso e condiviso dove i vari lungometraggi sono collegati tra di loro ma comunque fruibili singolarmente: Doctor Strange funziona senza aver visto Ant-Man, e viceversa. Persino le avventure corali, all'inizio, si reggevano in piedi da sole, e ad oggi, per esplicita ammissione degli sceneggiatori, solo due dei venti film usciti vengono poco incontro allo spettatore neofita: Captain America: Civil War e Avengers: Infinity War. Due film su venti, usciti rispettivamente nel 2016 e nel 2018, ossia otto e dieci anni dopo il debutto del Marvel Cinematic Universe. Tempo sufficiente per familiarizzarsi con il franchise, così come ha fatto la 20th Century Fox con il franchise dei mutanti: i due episodi che si avvalgono maggiormente delle conoscenze pregresse sul piano narrativo e/o emotivo risalgono al 2014 e al 2017, quasi due decenni dopo l'avvio della saga. E in entrambi i casi, gli studios hanno aspettato prima di annunciare uscite multiple nel medesimo comunicato.
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Qual è stato l'approccio della Warner/DC? Un piano ambizioso, annunciato nell'autunno del 2014, poco più di un anno dopo l'uscita del primo tassello del puzzle: dieci film, due all'anno tra il 2016 e il 2020, alternando la storyline principale presente nei lungometraggi di Zack Snyder a racconti più autoconclusivi. Prescindendo da quello che sembra essere stato un malinteso tra il cineasta e lo studio (lui voleva raccontare una storia completa, con un finale ben definito, mentre la Warner voleva un universo dalla durata indeterminata, come quello della Marvel), rimane il fatto che il franchise noto ufficiosamente come DC Extended Universe fosse esattamente quello che un universo espanso non dovrebbe essere: poco accomodante nei confronti dello spettatore occasionale. Batman v Superman: Dawn of Justice contiene non pochi momenti che al non-fan posso creare dei grattacapi (vedi il cameo semi-onirico di Flash) e passa un bel po' di tempo a porre le basi per il film sulla Justice League, che a sua volta richiede la conoscenza di quanto accaduto prima, essendo il terzo di cinque lungometraggi che Snyder aveva in mente per raccontare il "suo" universo DC (e nonostante le modifiche in post-produzione rimangono elementi che presumibilmente dovevano essere esplorati più avanti e ora forse non lo saranno mai). Lo stesso cineasta, nel 2016, si difese dalle critiche negative dicendo che il suo era un film "per i fan", affermazione molto pericolosa quando si tratta di produzioni da 100 e passa milioni di dollari: gli appassionati riempiono le sale nel primo weekend di programmazione, mentre per le settimane successive occorrono gli spettatori normali, quelli che non vanno a vedere un film solo perché fa parte di un determinato franchise o è diretto da un certo regista.
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Un nuovo approccio
Alla luce di tutto questo non sorprende che i piani della major siano cambiati, tra riscritture e uscite posticipate (il film di Flash, inizialmente annunciato per il 2018, arriverà forse nel 2021). Del "vecchio regime", a parte l'imminente Shazam!, era rimasto solo il debutto in solitario di Aquaman, l'unico dei film DC attuali usciti finora a non aver avuto qualche tipo di problema dietro le quinte (persino Wonder Woman ha dovuto fare i conti, per quanto brevemente, con l'addio della prima regista scelta dalla Warner, per divergenze creative). Al di là del potere contrattuale di James Wan, che dal 2013 gestisce un altro franchise di punta della Warner (il Conjuring Universe), l'assenza di litigi è probabilmente dovuta anche al fatto che l'avventura subacquea di Arthur Curry è esattamente il tipo di cinecomic che il pubblico predilige: per lo più lineare e fruibile come singolo episodio pur facendo parte di un mondo più grande. Così come il racconto delle origini di Wonder Woman conteneva solo un piccolo rimando alla sua amicizia con Bruce Wayne nel presente, il film di Aquaman si limita a menzionare en passant un certo Steppenwolf. Il resto, per quanto zeppo di elementi che fanno gioire i fan (anche il polpo batterista viene dai fumetti), è un pezzo di entertainment ideale per chi non ha mai letto un albo della DC, con la giusta dose di azione, humour e pathos per convincere lo spettatore ad avvicinarsi in seguito alla fonte letteraria.
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A questo va aggiunto un fattore di non poco conto, accostabile al successo altrettanto strepitoso di Black Panther all'inizio del 2018: in una realtà produttiva dove le storie di supereroi, nel bene e nel male, sono per lo più simili tra di loro, è particolarmente ben accolta la novità. Nel caso della Marvel, si tratta di un racconto ambientato lontano dalla civiltà occidentale e quasi del tutto privo di personaggi bianchi angloamericani; per la DC, che in parte gioca anche sull'elemento multietnico (Arthur è un ibrido, interpretato da Jason Momoa che è polinesiano da parte di padre, e Wan è australiano ma di origine cinese), l'elemento forte è la creazione di un mondo inedito, fatto di regni oceanici sommersi che vanno dal maestoso (Atlantide) al terrificante (la zona nota come Trench). Dopo l'ennesima variazione sul tema di Batman e Superman, questa è stata un'autentica boccata d'aria fresca. È il motivo per cui Wan ha scelto di raccontare proprio la storia di Arthur, sfruttando tutti i mezzi a disposizione per regalarci qualcosa di vagamente familiare ma al contempo nuovo di zecca, un'avventura il cui protagonista, precedentemente considerato una barzelletta e ora può competere, a livello di popolarità, con i due più noti e amati eroi della sua casa editrice.
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E adesso?
Ne avevamo già avuto il sentore negli ultimi mesi tramite vari annunci della Warner, ma il successo del film avrà sicuramente rafforzato quella che sembra essere la nuova strategia creativa: puntare sui singoli lungometraggi, senza crucciarsi dei vari collegamenti e delle macrostorie (guarda caso, anche la Marvel ha parlato di una nuova "fase" senza un vero fil rouge come le Gemme dell'Infinito). La nuova avventura di Wonder Woman funzionerà senza che sia necessario vedere Birds of Prey, mentre il film dedicato al Joker sarà addirittura ambientato in un mondo a parte, lontano dall'universo condiviso attuale. Una ricostruzione che segue, nel modo migliore, l'esempio della concorrenza: nel 2008, non avendo a disposizione i suoi pezzi da novanta, la Marvel costruì il proprio franchise con personaggi come Iron Man e Thor; la DC, in attesa di ricalibrare l'ultimo figlio di Krypton e il vigilante di Gotham City, sta ora puntando su figure "minori" come Harley Quinn e Billy Batson, andando a scavare nella vastità di un catalogo fumettistico che esiste da più di otto decenni. Ora il pubblico potrà scoprire per davvero ciò che i fan sanno da anni: non esistono solo Batman e Superman. A patto, ovviamente, che si evitino scivoloni del calibro di Lanterna verde.