Imperturbabile, dallo sguardo luciferino, ma solo all'apparenza. Così Christopher Walken ci appare alla fine dell'incontro che lo ha visto protagonista del secondo appuntamento del 2011 di Viaggio nel Cinema Americano, il format realizzato dalla Fondazione Cinema per Roma che ha portato e continua a portare nella Capitale grandi registi e attori di Hollywood per un confronto diretto con pubblico e addetti ai lavori. Come in passato hanno fatto celebrità del calibro Richard Gere, David Lynch, Susan Sarandon, Jane Fonda, Frances McDormand, Spike Lee, Joel Coen e Ethan Coen, Sydney Pollack, James Ivory, John Turturro, Michael Cimino, Tim Burton, Arthur Penn e Sidney Lumet, anche Christopher Walken ha ripercorso le fasi salienti della sua straordinaria carriera di attore guardando e commentando insieme al pubblico le sequenze dei film che l'hanno reso famoso in tutto il mondo.
Il debutto di Christopher Walken (all'anagrafe Ronald Walken) nel mondo dello spettacolo risale alla fine degli anni '50 con le prime puntate della storica soap Sentieri e diversi spettacoli teatrali come ballerino, ma la sua carriera nel grande cinema decolla vent'anni dopo, precisamente nel 1977. In quello stesso anno infatti, non ancora trentacinquenne, Walken dapprima partecipa nel ruolo del fratello depresso di Diane Keaton al bellissimo Io e Annie, il film diretto e interpretato da Woody Allen, e poi si aggiudica l'Oscar come miglior attore non protagonista per la sua interpretazione al fianco di Robert De Niro nello straordinario Il cacciatore, il capolavoro di Michael Cimino che segna una svolta importante nella sua carriera e nella sua vita. Da quel momento l'attore newyorkese diviene meritatamente uno degli interpreti più richiesti ed eclettici del cinema mondiale e a cavallo tra gli anni '80 e '90 interpreta da protagonista tanti film di successo come l'inquietante La zona morta di David Cronenberg, King of New York e The Addiction di Abel Ferrara, Batman - Il ritorno e Il mistero di Sleepy Hollow di Tim Burton e anche Pulp Fiction di Quentin Tarantino, film che ci ha regalato uno dei monologhi più irriverenti e indimenticabili della sua carriera. Lavora con grandi registi dunque, giovani e meno giovani, moderni e classici, cineasti straordinari che lo hanno voluto al loro fianco, segno inequivocabile di un talento che non solo è rimasto immutato nel tempo ma che ha mostrato film dopo film una rara versatilità interpretativa. Look inconfondibile, sguardo non proprio tra i più rassicuranti e capigliatura elettrizzata, che per sua stessa ammissione ha svolto un ruolo fondamentale verso la conquista del successo, Walken ha interpretato molti ruoli da cattivo nei panni di vampiro, angelo del male, cavaliere senza testa, psicopatico, veggente, fiero militare e mafioso, ma forse non tutti sanno che dietro le sue sembianze gotiche e il suo aspetto smagrito e pallido si nasconde un talentuoso ballerino. Avvicinatosi al mondo dello spettacolo proprio grazie ai musical e agli spettacoli teatrali, Walken ha quasi costretto, per via di questa sua grande passione, alcuni grandi registi con cui ha lavorato ad inserire nei loro film almeno una scena di ballo: "Mi veniva spontaneo chiedere di ballare almeno in una scena, ho smesso di chiedere questa cosa per colpa dei critici, quando si accorsero di questa cosa qualcuno di loro scrisse "Walken balla nel film, spesso senza motivo", al che ho smesso per evitare di essere preso in giro (ride)". Non ci credete? Non vi resta che dare un'occhiata al divertentissimo video musicale del singolo Weapon of Choice di Fatboy Slim, rimarrete letteralmente a bocca aperta davanti ad un Christopher Walken dinoccolato come non mai in una balletto surreale diretto dalla sapiente mano di Spike Jonze, lo stesso balletto che ha chiuso in bellezza la serata scatenando l'ilarità della folla giunta per applaudirlo.Dichiarando di essere nato proprio come ballerino alla fine degli anni '50 e di aver conosciuto la moglie durante l'adattamento teatrale di West Side Story, Walken è stato invitato più volte dal pubblico con un applauso ad esibirsi in qualche passo sul palco ma ha declinato per via di un dolore al ginocchio. Dopo un doveroso ricordo di due grandi registi scomparsi di recente ai quali lo legava una sincera amicizia, Sidney Lumet e Arthur Penn, il primo conosciuto sul set di Rapina record a New York e l'altro nelle aule dell'Actors Studio, la serata ha avuto finalmente inizio con la proiezione della prima delle cinque coppie di clip estratte dalle sue interpretazioni più celebri. Ha aperto le danze il duetto Io e Annie/Pulp Fiction con la proiezione della scena in cui Walken racconta ad un terrorizzato Woody Allen il suo incubo suicida ricorrente seguita dal magistrale "monologo dell'orologio" scritto da un Tarantino in grande spolvero. "Ricordo che ho girato quella scena di Pulp Fiction in due soli giorni, gli ultimi due di lavorazione del film. Eravamo rimasti io, Quentin e il bambino che recitava con me, gli altri erano andati tutti via, ad un certo punto ricordo che chiesi a Quentin di mandare via anche il bambino che aveva fatto la sua parte ed era esausto, quindi mi sono ritrovato da solo sul set davanti alla macchina da presa a ridere come un pazzo alle mie battute. Avevo studiato quel monologo di otto pagine per un mese intero, mentre lavoravo sul set di un altro film, ripetendolo per un'ora al giorno senza mai fermarmi, d'altronde con un copione scritto in quel modo non potevo fare brutta figura...".
Due registi diversissimi Allen e Tarantino, due esperienze del tutto diverse a contatto da una parte con un personaggio schivo, silenzioso e sempre in disparte che "sembrava avere il film in testa già finito" come Allen, dall'altra con un regista meticoloso come Tarantino "uno che non lascia spazio all'improvvisazione e che scrive per filo e per segno tutto quello che vuole che tu dica". Secondo duetto quello composto da Il cacciatore di Michael Cimino (scena agghiacciante della roulette russa con De Niro) e King of New York di Abel Ferrara (scena della sparatoria per il controllo del traffico di droga della città). "Ai tempi de Il cacciatore ero un ragazzo e per me lavorare con attori come Robert De Niro e Meryl Streep era un sogno che si avverava, di quel periodo ricordo che girammo in tre posti diversi per ricostruire il Vietnam tra cui la Thailandia, per la precisione Bangkok. Ci dissero di non andare mai in giro da soli di sera ma io puntualmente lo facevo, e non mi successe mai niente. Ricordo la giungla, le forti piogge, sembrava di stare sott'acqua quando camminavi per strada, non era la città che è ora ovviamente. Ricordo anche le sensazioni che provai nel lavorare al fianco di grandi attori, la consapevolezza di star partecipando ad uno di quei film che cambiano la carriera di un attore per sempre. Da allora ho avuto tante proposte, molti più soldi, notorietà e un Oscar...".
Su Michael Cimino, che non dirige un film ormai dal lontano 1996 e che proprio nel 2007 si è reso protagonista sullo stesso palco di uno degli incontri romani più interessanti di sempre con un excursus sul cinema di Visconti, Walken ha la sua personalissima opinione: "Michael è un uomo molto misterioso, non so perchè abbia mollato la macchina da presa, è un cineasta talentuoso, non so se sia autolesionista o sia la Hollywood moderna che non comprende la sua arte. So che scrive di continuo, probabilmente ai riflettori del set preferisce la tranquillità della scrittura, forse ha capito che è quella la sua dimensione. Fare il regista è molto faticoso, devi trattare con produttori, attori, con tanta gente che ti suggerisce le inquadrature, è un po' come fare il generale dell'esercito, devi sapere in ogni momento chi fa ogni cosa e come la fa. Ogni tanto ci vediamo ma raramente parliamo di queste cose".
Straordinaria interpretazione anche quella in King of New York, che avvalora una teoria bizzarra, forse un po' provincialista come suggerisce Mario Sesti: è proprio con i registi dal cognome italiano (Tarantino, Cimino, Ferrara) che Walken ha offerto le migliori interpretazioni della sua carriera.
The Addiction, King of New York, Fratelli, New Rose Hotel, quattro film di Abel Ferrara interpretati da Walken che hanno scandito negli anni un'amicizia solida tra due artisti bizzarri e fuori dalle righe. "Con Abel si lavora in maniera del tutto diversa dal solito, non ha mai uno script in mano, ti invita a casa sua e su due piedi ti inventa una storia che costruisce giorno dopo giorno, anche sul set durante le riprese. Ricordo che quando abbiamo iniziato le riprese di King of New York vidi per la prima volta l'attore che avrebbe recitato al mio fianco, e devo ammettere che lo trovai inquietante. "Ma dove l'hai trovato questo?" gli chiesi, lui mi rispose ridendo "io fossi in te gli starei lontano..." e io seguii il consiglio. Volete sapere chi era l'attore in questione? Naturalmente Laurence Fishburne, che poi ho incontrato diversi anni dopo completamente cambiato, lui è uno di quegli attori che sul set si trasforma, cambia voce, modo di camminare, è un altro".
Altra accoppiata vincente quella composta da Il mistero di Sleepy Hollow di Tim Burton (la scena in cui il cavaliere senza testa arriva a cavallo e poi morde la donna portandola via con sé) e La zona morta di David Cronenberg (la scena della premonizione della bambina che brucia nella casa in fiamme). Due film avvicinabili ad un genere, l'horror, che spesso finisce per ghettizzare i suoi interpreti attirandoli a sè per poi imprigionarli in una subdola ragnatela da cui é difficile liberarsi. Dopo aver comunicato a Tim Burton che avrebbe accettato la parte a patto di non dover correre rischi in scene pericolose gli venne assegnata la scena del cavaliere senza testa con un partner d'eccezione, lo stesso cavallo elettronico usato nel 1944 da Elizabeth Taylor in Gran Premio: "Quando registi come Tim Burton e David Cronenberg ti chiamano per partecipare ad un loro film cerchi sempre di dare il meglio di te e sai che comunque vada il risultato sarà sempre straordinario. Per registi di questo calibro il casting è la parte più importante del lavoro di produzione, scelgono gli attori in maniera impeccablie, quindi sai che se ti scelgono per un determinato ruolo è perchè vogliono veramente te, sai che si prenderanno cura di te a prescindere dal genere di film che stai per interpretare e delle scene che dovrai interpretare".
La stessa cosa Walken dichiara di pensarla riguardo un altro grande regista come Steven Spielberg, che lo ha scelto nel 2002 per il suo Prova a prendermi al fianco di Leonardo DiCaprio (i due interpretano padre e figlio), interpretazione che è valsa a Walken la seconda nomination agli Oscar della sua vita. L'intensa scena di Prova a prendermi, in cui padre e figlio si incontrano in un locale e il ragazzo annuncia le sue nozze ricevendo in cambio la notizia della separazione definitiva dei suoi genitori, è stata abbinata alla proiezione di un estratto dell'unico film girato da Walken in Italia. Parliamo di Celluloide, il film girato nel 1995 da Carlo Lizzani con Giancarlo Giannini (presente in sala insieme al regista), Massimo Ghini e Massimo Dapporto.
In chiusura l'attore ha ammesso la difficoltà di attori over 50 nel trovare ruoli interessanti "Le donne hanno molte più difficoltà passata una certa età, a noi maschietti di sicuro non fanno fare più i cattivi, al massimo fai il padre di famiglia e se ti va male addirittura il bisnonno..." ed ha espresso il desiderio di lavorare ancora con Tarantino e con due giganti come Bernardo Bertolucci e Martin Scorsese con il quale avrebbe dovuto lavorare ne L'ultima tentazione di Cristo, film poi cancellato per essere ripreso dieci anni più tardi e affidato a Dafoe.Distintosi sempre per quell'aria vagamente distaccata, per il suo look un po' eccentrico, per l'eleganza delle movenze, per la particolare mimica facciale e l'intenso tono di voce, Walken si è divertito a guardarsi sul grande schermo dopo tanto tempo e a giudicare dalle risate, dalle richieste di autografi a fine serata e dagli applausi sperticati che ha strappato in sala il pubblico non ha dovuto rimpiangere di certo il prezzo del biglietto. Una tappa importante del meraviglioso Viaggio nel Cinema Americano che non dimenticheremo tanto facilmente.