Oscar 2017, La La Land contro tutti: perché il film di Chazelle merita di vincere e probabilmente lo farà

A pochi giorni dalla Notte degli Oscar, facciamo il punto su questa stagione dei premi cinematografici e sulle sue connotazioni politiche, che non basteranno a fermare il film di Damien Chazelle a un passo dal trionfo.

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Non è mai facile essere il favorito, perché quando tutti ti danno del vincente in realtà sono tutti in qualche modo interessati ad una cosa soltanto: vederti perdere. Questo vale nello sport per esempio come per la vita, e vale certamente anche per gli Oscar. L'abbiamo visto in tempi recenti con I segreti di Brokeback Mountain di Ang Lee per esempio, o per The Social Network di David Fincher, due degli sconfitti più clamorosi (e se vogliamo più "ingiusti") degli ultimi anni. E lo vedremo ancora spesso negli anni a seguire, ma probabilmente non quest'anno.

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Perché se è vero che il film di Damien Chazelle, proprio come i titoli di cui sopra, è stato il frontrunner per un'annata intera, è anche vero che La La Land per la categoria principale del Miglior Film, e molte altre considerate "minori", non ha un rivale davvero insidioso. Il suo vero rivale al massimo è il suo stesso successo e quell'alone di instant classic che l'ha seguito fin dalle prime proiezioni accolte con gioia da critica e pubblico.

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La La Land: un'immagine dalla scena musicale iniziale
La La Land: un'immagine dalla scena musicale iniziale

Ma La La Land ha anche degli alleati importanti e "insospettabili" proprio in quegli aspetti extra cinematografici che normalmente potrebbero rappresentare un ostacolo per gli Oscar: perché quello con protagonisti Ryan Gosling ed Emma Stone non è un film politico o con una particolare valenza sociale, è semplicemente un film. Un film che parla di amore, sogni e di cinema, un film che parla di Hollywood proprio nel momento in cui Hollywood vorrebbe invece parlare di altro. E proprio questo, mai come quest'anno, potrebbe rappresentare non solo un paradosso ma anche un vantaggio.

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#OscarSoPolitical

The Salesman: Taraneh Alidoosti e Shahab Hosseini in un momento del film
The Salesman: Taraneh Alidoosti e Shahab Hosseini in un momento del film

Quando diciamo che Hollywood vorrebbe parlare d'altro ovviamente ci riferiamo alla politica di Trump, osteggiata dalla quasi totalità di divi e addetti al lavoro fin dalla campagna elettorale e poi affrontata di petto sia dalla "sottovalutata" Meryl Streep ai Golden Globes con un discorso molto forte che da molti membri dell'Academy a causa del ban imposto anche al regista Asghar Farhadi, candidato per il suo bellissimo Il cliente all'Oscar come Miglior film straniero. Tra i tanti film che potrebbero in qualche modo essere avvantaggiati da questo desiderio di dare un voto contro Trump c'è proprio quello del regista iraniano (già premiato 5 anni fa per il capolavoro Una separazione) a sfavore del favorito della viglia, il tedesco Vi presento Toni Erdmann.

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Moonlight:una delle primissime immagini disponibili del film
Moonlight:una delle primissime immagini disponibili del film

Sarà davvero così? È tutto da vedere ovviamente, ma non ci sono dubbi che il mondo di Hollywood sia davvero tentato dalla possibilità di dare una riposta forte al "cosiddetto Presidente", come lo chiama Michael Moore, e d'altronde non dimentichiamo che ha anche la necessità di dimostrare al mondo intero che siamo entrati davvero in una nuova fase degli Academy Awards e che quella diversità caldeggiata ed auspicata a gran voce dalla comunità black e dalle altre minoranze è già realtà e non solo una vuota promessa. In questo senso la presenza nella categoria più prestigiosa di film forti quali Moonlight (8 nomination), Barriere (Fences, 4 nomination), Il diritto di contare (Hidden Figures, 3 nomination) e in fondo anche Lion - La strada verso casa (6 nomination) dimostra ampiamente che almeno in fase di nomination c'è stata una certa attenzione a dare spazio a tutte le voci. Soprattutto quando i due frontrunner erano due film "bianchissimi" come La La Land e Manchester by the Sea.

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Una scena di Barriere (Fences)
Una scena di Barriere (Fences)

Ma, appunto, parliamo delle nomination, ora che si andrà al voto cosa succederà? Questi film "not so white" non finiranno forse per farsi concorrenza l'uno con l'altro? Non saranno pochi i votanti che vorranno "rimediare" ai torti passati e assegnare più statuette possibili a personalità di colore o etniche e quantomeno le categorie attoriali, soprattutto quelle da non protagonisti, abbondano di possibilità in questo senso, ma chi votare? Per Moonlight, per molti vero rivale di La La Land, per il film di una vera e propria icona black quale Denzel Washington (che, vincendo il terzo Oscar, entrerebbe nella storia), per la grande sorpresa al botteghino di Hidden Figures o per il film multiculturale ambientato in gran parte India?

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Con i se e con i ma... all'Oscar non si va

Lion: Dev Patel in una scena del film
Lion: Dev Patel in una scena del film

Difficile immaginare uno scenario in cui i sostenitori della campagna #OscarSoWhite possano schierarsi tutti per lo stesso film, e a questo punto la dispersione dei voti non farebbe altro che favorire La La Land che comunque, come si evince dal record di nomination, sembra essere piaciuto più o meno a tutti. Ma proviamo per un attimo ad immaginare se in questa Awards Season non ci fosse stato un frontrunner forte, e forse imbattibile, come La La Land: che tipo di Oscar Race ci saremmo trovati davanti? In questo momento, considerato il buzz e la spinta fortissima che sta ricevendo soprattutto dalla comunità black, ci verrebbe da immaginare un confronto molto acceso in cui a spuntarla a sorpresa potrebbe essere proprio Il diritto di contare, il film del gruppo forse più discutibile (insieme a Lion) da un punto di vista puramente cinematografico ed artistico ma anche il più politico e politicizzato di tutti. Perché la storia vera di queste tre donne che hanno cambiato la NASA e la corsa allo spazio nei primi anni '60, appare l'unica vera risposta possibile alla politica di chiusura scelta dal neopresidente USA.

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Manchester by the Sea: Lucas Hedges e Casey Affleck in una scena del film
Manchester by the Sea: Lucas Hedges e Casey Affleck in una scena del film

Non Moonlight - nonostante parli di una tema importante come l'omosessualità in un contesto inedito come quello dei ghetti black - e non Manchester by the Sea che sono due (bei) film emozionanti ed intimisti, ma non politici. E non il Barriere di Denzel Washington che racconta sì la comunità black ma in modo quasi (auto)critico, ma un biopic molto tradizionale e dalle poche pretese come Il diritto di contare. Ed è per questo, solo per questo, che nonostante l'entusiasmo (tardivo) di queste ultime settimane non ha probabilmente alcuna chance di battere un film molto amato come La La Land.

The Birth of a Nation: Nate Parker in un momento del film
The Birth of a Nation: Nate Parker in un momento del film

Ci fosse stato però un film che avesse unito temi così importanti ed attuali a qualità artistiche maggiori, ci fosse stato un film, per fare un esempio, come 12 anni schiavo qualche anno fa in questo momento storico e politico le cose sarebbero andate molto diversamente. Così come - nella mente della Fox Searchlight Pictures che spese soltanto la cifra record di 17 milioni e mezzo per acquisirne i diritti - sarebbero potute andare diversamente le cose per un film come The Birth of a Nation che a partire dallo scorso Sundance conquistò critica e pubblico, per poi finire col tempo nel dimenticatoio anche a causa delle controversie legate al passato del regista Nate Parker. Senza quelle oggi, forse, staremmo parlando di una Oscar Race molto diversa.

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Il diritto di contare: Octavia Spencer in un'immagine di gruppo del film
Il diritto di contare: Octavia Spencer in un'immagine di gruppo del film

L'importanza di essere sognatori

La La Land
La La Land

E allora se un Oscar davvero politicizzato non può essere, tanto vale guardarsi in casa e magari anche un po' indietro ai tempi d'oro di Hollywood come fa Chazelle e celebrare e (auto) celebrarsi ancora una volta, cosa che l'Academy ha dimostrato di sapere fare in più occasioni. Meglio mettere il cinema davanti ad ogni cosa - e questo invece, lo sappiamo bene, non sempre succede - meglio rendere onore a chi ha saputo emozionare e coinvolgere soltanto con le immagini e con le canzoni e non per significati o motivazioni o interessi nascosti.

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La La Land
La La Land

Meglio regalare un po' di gioie a tutti coloro che hanno amato La La Land non solo per le indiscutibili qualità artistiche e tecniche, ma perché rappresenta in qualche modo anche l'anima del cinema: coloro che, nel Dolby Theatre così come a casa, continuano a vedere Hollywood principalmente come una "city of stars"; coloro che continuano ad affrontare difficili "audition" e ad aspettare che in "an other day of sun" ci sia "someone in the crowd" che possa riconoscere il loro talento e la loro sensibilità. Questo aspetto di La La Land forse non parlerà a tutti, ma siamo certi che tra i membri dell'Academy saranno in tanti a sentirsi chiamati in causa. Non dimentichiamo che Hollywood da sempre è definita "la fabbrica dei sogni". E quindi patria dei folli e dei sognatori.

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