Il 19 dicembre 2001 uscì nelle sale americane un film la cui realizzazione era stata data per impossibile per anni: Il signore degli anelli - La compagnia dell'anello, primo capitolo di una trilogia epica quanto il materiale di base, i romanzi di J.R.R. Tolkien, e il risultato della tenacia del regista neozelandese Peter Jackson, che iniziò ad inseguire il sogno di portare sullo schermo la Terra di Mezzo nel 1995. Da quel momento sino all'uscita dell'edizione estesa de Il signore degli anelli - Il ritorno del re, il capitolo finale che nel 2004 si è portato a casa 11 Oscar (un trionfo inaudito per un genere come il fantasy), è passato quasi un decennio, al quale vanno aggiunti gli otto anni tra l'annuncio della realizzazione de Lo Hobbit e l'ultima edizione home video dell'episodio finale di quello che è divenuto una seconda trilogia. In altre parole, Jackson ha passato un'abbondante ventina d'anni nel mondo di Tolkien, e il risultato originale è considerato dai più un exploit cinematografico come pochi, che molti hanno provato a replicare senza successo. Un exploit che noi vogliamo ricordare evocando i retroscena più curiosi legati al suo arrivo nei cinema.
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1. Due in uno?
Inizialmente la realizzazione del progetto era in mano alla Miramax, che aveva già collaborato con Jackson distribuendo negli Stati Uniti Creature del cielo e aveva previsto di far uscire due film. Il primo avrebbe coperto gli eventi dei primi due libri e parte del terzo, concludendosi con l'arrivo di Gandalf e Pipino a Minas Tirith. Il problema è che la Miramax aveva in mente di spendere 75 milioni di dollari per il doppio lungometraggio, salvo poi scoprire che molto probabilmente il budget avrebbe superato la soglia dei 150 milioni. A questo punto fu deciso di girare un unico film, il che avrebbe comportato la rimozione di sequenze come la battaglia del Fosso di Helm e un ruolo ridotto o persino nullo per Saruman. Jackson ebbe a disposizione quattro settimane per trovare un altro studio disposto a finanziare la sua versione del film, e per fortuna scese in campo la New Line.
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2. Filologia pecuniaria
È entrato nella storia, grazie anche agli extra dei DVD, l'aneddoto secondo il quale le alte sfere della New Line avrebbero proposto di espandere il progetto da due film a tre per rispettare la struttura dei romanzi. In realtà quella decisione fu dettata da fattori strettamente economici: la casa di produzione, nota soprattutto per Nightmare - Dal profondo della notte e commedie come Scemo e più scemo, era alla ricerca di materiale da cui fosse facile trarre un franchise, e puntò sul progetto di Jackson perché i sequel erano già previsti nei piani di lavorazione. Altre saghe notevoli lanciate dalla New Line nel medesimo periodo sono quelle nate da Rush Hour - Due mine vaganti e Final Destination, nonché la trilogia di Blade.
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3. Casting alternativi
Sebbene la trilogia sia notevole per il suo uso di attori non conosciutissimi all'epoca delle riprese (anzi, molti di loro devono proprio al mondo tolkieniano una nuova direzione carrieristica), Jackson non si è proprio astenuto dall'idea di scritturare volti famosi. È risaputo, infatti, che la parte di Gandalf fu offerta a Sean Connery, il quale affermò di non aver capito nulla leggendo la sceneggiatura, mentre Liam Neeson e Daniel Day-Lewis rifiutarono rispettivamente i ruoli di Boromir e Aragorn (Day-Lewis fu ricontattato a riprese già iniziate, quando fu necessario sostituire Stuart Townsend). Per la parte di Elrond si propose di sua sponte nientemeno che David Bowie, ma in questo caso fu il regista a dire di no, per via dell'eccessiva iconicità della rockstar britannica. Uma Thurman dovette invece rinunciare alle parti di Arwen ed Eowyn (le furono proposti entrambi i ruoli) poiché era appena diventata madre e volle prendersi una pausa dal cinema.
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4. Alpinista suo malgrado
Sean Bean ha una vera e propria fobia per quanto riguarda gli elicotteri, il che divenne un problema quando era necessario girare in certe location. In particolare, per la sequenza dove la Compagnia dell'Anello attraversa un passo innevato, l'attore britannico si prese quindi la briga di alzarsi prestissimo, indossare il costume di scena e farsi a piedi il tragitto fino alla cima della montagna, impiegando due ore ogni mattina mentre gli altri interpreti arrivavano tranquillamente in volo.
5. Una voce d'autore
Prima di ottenere la parte di Gandalf, Ian McKellen era quasi completamente ignaro dell'universo tolkieniano (sostiene, nell'introduzione di un libro sulla trilogia cinematografica, di aver letto Lo Hobbit una volta da ragazzo). Successivamente divorò con un certo interesse il testo originale, portandoselo dietro anche sul set, come altri attori e membri della troupe, e arrivò persino ad ispirarsi alla voce di Tolkien per interpretare Gandalf, dopo aver ascoltato delle registrazioni dell'autore che leggeva i romanzi. Queste registrazioni furono anche usate dall'insegnante di dizione elfica per aiutare il cast con le battute scritte nelle lingue fittizie create dallo scrittore.
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6. La morte invisibile
Christopher Lee, interprete di Saruman e massimo esperto tolkieniano (rileggeva i libri una volta all'anno ed era l'unico nel cast ad aver incontrato Tolkien), fu notoriamente deluso dall'omissione della morte del suo personaggio dalla versione cinematografica del terzo episodio, dal momento che era a dir poco inspiegabile ed ingiustificabile l'assenza totale di uno degli antagonisti principali della saga. La cosa fu poi rettificata con l'uscita della versione estesa, ma Lee continuò a criticare tale decisione per anni, al punto che nel 2012, quando Jackson lo invitò alla premiere londinese de Lo Hobbit: un viaggio inaspettato, l'attore rispose: "Sei sicuro che io ci sia ancora nel film?"
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7. Riscrittura continua
Peter Jackson ha ammesso candidamente che per tutta la durata delle riprese la sceneggiatura dei tre film fu riscritta quotidianamente, per avvicinarsi maggiormente al testo di Tolkien ma anche per assecondare, qualora fossero pertinenti, le proposte degli attori (Viggo Mortensen, per esempio, chiese di poter recitare un numero maggiore di battute in elfico). Questo fece sì che spesso il cast dovesse accantonare quanto memorizzato la sera prima, con conseguenze talvolta divertenti: se fate caso a Sean Bean durante la sequenza del Consiglio di Elrond, ogni tanto l'attore guarda in basso, perché le sue battute erano scritte su un pezzo di carta che lui teneva tra le gambe.
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8. Uno stregone non è mai in ritardo
Ian McKellen fu quasi costretto a rinunciare al ruolo di Gandalf perché le riprese si sovrapponevano a quelle di X-Men, in cui interpreta Magneto. Quando il regista Bryan Singer venne a sapere di questa cosa riorganizzò il calendario di lavorazione affinché McKellen potesse lasciare il set in anticipo e recarsi in Nuova Zelanda. Iniziò a girare le sue scene nel gennaio del 2000, qualche mese dopo gli altri attori. Tra le sequenze già completate in sua assenza c'era, guarda caso, quella in cui i membri della Compagnia piangono la morte di Gandalf il Grigio. Da notare anche che, siccome i tre film venivano girati contemporaneamente, McKellen passò nell'arco di una settimana dalla primissima apparizione dello stregone al suo addio finale.
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9. Ruoli aggiuntivi
Oltre ad interpretare Gollum/Smeagol, Andy Serkis prestò anche la voce ai Nazgûl in determinate scene, in particolare nel primo film quando arrivano nella Contea e poi quando inseguono Frodo e Arwen. La voce di Gollum appartiene invece a Dominic Monaghan nella scena in cui Bilbo trova l'anello, almeno nel girato (poiché Serkis quel giorno non era disponibile). Infine, la voce di Barbalbero nel secondo e terzo capitolo è, in inglese, quella di John Rhys-Davies, l'interprete di Gimli. Questi sostiene di aver chiesto a degli esperti di Tolkien quale fosse il timbro vocale giusto per un albero, e loro gli avrebbero risposto che l'unica persona in grado di doppiare Barbalbero, a loro avviso, era James Earl Jones, la voce di Darth Vader in Guerre stellari.
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10. Fino all'ultimo secondo
Le riprese di tutta la trilogia finirono ufficialmente nell'autunno del 2000, ma ci furono diversi turni supplementari fino al novembre del 2003 (per le versioni cinematografiche) e persino dopo la cerimonia degli Oscar (per le edizioni estese). Nello specifico, Andy Serkis girò la sua ultima scena come Gollum - la reazione del personaggio quando si rende conto che Frodo intende distruggere l'anello - nella casa di Peter Jackson, poche settimane prima dell'uscita del terzo film. Lo stesso Jackson non riuscì a vedere il film ultimato prima della premiere, a causa dei ritmi lavorativi a dir poco accelerati.