In principio era Iron Man. Era il 2008 quando la Marvel e Kevin Feige hanno dato il via al progetto del Marvel Cinematic Universe che ora apprezziamo e amiamo, un progetto che si avvia al termine della fase due (lo farà questa estate con Ant-Man) e si lancia con decisione verso una terza che si preannuncia drammatica. Un universo sempre più ampio, con l'inclusione di una porzione di storia più lontana come quella dei Guardiani della Galassia o delle serie TV che intrecciano le loro storyline con quelle dei film, e sempre più ricco, grazie ad un lavoro di coordinamento tra i singoli progetti che riesce a rendere l'insieme ben maggiore della somma delle singole parti.
La consacrazione definitiva di questo progetto ambizioso è arrivata tre anni fa con l'arrivo in sala di The Avengers e di Joss Whedon al timone del film (e non solo), perché l'autore di Buffy non è solo nerd quanto gli spettatori Marvel, forse di più, ma è anche un talento unico del panorama cinetelevisivo, capace di scrivere e mettere in scena i gruppi di personaggi e le dinamiche tra essi in modo insuperabile, di gestire alla perfezione i tempi emotivi della narrazione, di concertare sequenze d'azione adrenaliniche e originali. Lo ha dimostrato tre anni fa, si è ripetuto ora.
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L'importanza della continuità
Lasciando per un attimo da parte Whedon, tenendo qualche secondo in stand-by il discorso sull'importante cast che ha animato il MCU fin qui, l'elemento che più di tutti rende il progetto cinematografico Marvel unico e del tutto compiuto è l'aver instillato in esso una continuity potente e ben bilanciata, una forza coesiva che unisce i film completandoli l'un l'altro, ma senza che mai sia impossibile fruirne senza il loro contesto. Un valore aggiunto mai opprimente o limitante, che accresce il piacere della visione con collegamenti e approfondimento dei personaggi su larga scala, ma non vincola lo spettatore. Non si discosta da questa idea Avengers: Age of Ultron, che proprio dalle prime battute dà dimostrazione di ciò: il film apre come finiva il precedente, mostrandoci gli eroi Marvel impegnati in combattimento, in una scena d'azione tirata, potente, frenetica, aperta da un piano sequenza di un paio di minuti che segue, uno dopo l'altro, i personaggi impegnati in battaglia. Ma basta procedere di poco nella storia per capire quanto è importante tutto quello che in quel mondo è accaduto, da Agents of S.H.I.E.L.D. a Captain America: The Winter Soldier, ai personaggi, allo SHIELD e l'Hydra. Quello di Avengers 2 è un incipit che è una dichiarazione d'intenti, come se il regista volesse dirci da subito che il primo film è solo un punto di partenza, che questo non è una semplice fotocopia ma un progetto che da quella base vuole andare avanti e porsi nuovi traguardi e obbiettivi.
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I Vendicatori in azione
E lo fa, spingendo sull'acceleratore dell'azione, mettendo in scena almeno quattro grandi battaglie in modo sempre più creativo e distruttivo (basta pensare al possente faccia a faccia tra Hulk e la Hulkbuster di Tony Stark), con scontri e lotte condite da immagini di grandissima potenza, un dispiego di mezzi tecnici invidiabile e soprattutto l'inconfondibile ironia tipica dell'autore, portandoci dalla Sukovia a New York passando per la Corea e l'Africa, per una varietà di situazioni e location, nonché di registri e toni, che rende la pellicola visivamente ricca e mai ripetitiva. Colpisce in positivo il modo in cui Whedon riesce a sfruttare le caratteristiche dei singoli eroi Marvel, dando ad ognuno di essi piena dignità nell'ambito del film, della storia e di tutto il Marvel Cinematic Universe, tratteggiando le sfumature di Captain America che gli impediscono di essere un paladino bidimensionale alla furia cieca e incontrollabile di un Hulk. Allo stesso modo, stupisce quanto ci sia in Avengers 2, in termini di luoghi, personaggi, toni e citazioni, ma anche significati e sottotesti in vista dei prossimi lavori della Casa delle Idee, che ricordiamo sono pianificati fino al 2019 e vedranno presto l'arrivo della new entry Spider-Man: a dispetto di una campagna pubblicitaria aggressiva, che ha portato sui monitor di tutto il mondo trailer, spot, clip, poster per ogni personaggio e serate televisive tra chiacchiere e quiz, non si ha mai la sensazione di già visto nel corso della visione del film e si resta meravigliati di quanto altro ci sia ancora da assaporare che va a completare ed ampliare quegli accenni che le clip ci hanno mostrato (pensiamo ad esempio alla sequenza che chiude il party in casa Stark, quella della sfida per sollevare il martello, che va al di là della scena mostrata e ricorre in più dialoghi disseminati nel corso del film).
No Loki, no party?
Funziona tutto in Avengers: Age of Ultron? Sì, a grandi linee sì, ma un paio di piccole perplessità ci restano. La prima riguarda Chris Hemsworth, o meglio Thor, non per limiti reali della sua interpretazione e del suo ruolo nella storia, ma perché nella versione finale di Avengers: Age of Ultron, di 141 minuti contro le oltre tre ore del primo cut, è quello che più sembra risentire dei tagli, come se alla sua storyline mancasse qualcosina. La seconda perplessità riguarda invece il cattivo Ultron, villain di questo nuovo lavoro Marvel: se in originale la voce di James Spader è senza dubbio un punto di forza che caratterizza e dà grande spessore al personaggio (ricordiamo che l'attore è stato scelto da Whedon proprio per le sue peculiarità), questo valore aggiunto non è presente nell'edizione italiana del film e la sensazione che resta a noi italiani è di un nemico meno d'impatto e carismatico del Loki che nel primo capitolo aveva voce, ma anche volto, di Tom Hiddleston. D'altra parte lo dicevamo poco più su: i nomi in gioco nel MCU sono di primissimo piano ed è fondamentale il loro apporto ai rispettivi personaggi, a cominciare da Robert Downey Jr., che si conferma una delle scelte di casting più indovinate degli ultimi decenni, a Scarlett Johansson che anche qui dà prova di poter dare profondità ed emozione alla Vedova Nera, a Mark Ruffalo, efficace sia come Bruce Banner che nel performance capture di Hulk, Jeremy Renner che ha più spazio per dar spessore al suo Occhio di Falco, e fino a Cobie Smulders che può dare dignità a Maria Hill pur nel pochissimo tempo a sua disposizione. Interpreti che riempiono lo schermo con grande carisma, che fanno funzionare i testi brillanti di Whedon, anche senza parlare, che mettono in scena negli screzi e gli scontri tra i loro personaggi il vero nemico degli Avengers: loro stessi.
King of the Nerds
Avengers: Age of Ultron non chiude la fase due Marvel (seppur contenutisticamente ci vada molto vicino), ma molto probabilmente conclude l'avventura di Joss Whedon al servizio del MCU, tale l'impegno richiesto per il ruolo che la Marvel/Disney ha voluto affidargli alla guida del progetto nel suo insieme. E' stato la persona giusta per farlo, per le sue competenze e caratteristiche, per il suo essere geniale nerd e l'entusiasmo con cui ha abbracciato Marvel Cinematic Universe nella sua interezza, non limitandosi alla scrittura e regia dei due film a lui affidati, ma come guida per i colleghi alle prese con gli altri personaggi e la capacità di tracciare una via da seguire così forte da poter essere seguita anche prendendosi delle libertà (vedi il secondo Captain America, così più riuscito e maturo del primo, coerente con l'Universo della Casa delle idee pur essendo di base un film di spionaggio). Whedon ha dedicato due terzi della sua carriera cinematografica (prima di Avengers aveva diretto per il grande schermo il solo Serenity) a questi personaggi, ne ha ricevuto popolarità e visibilità, compiendo il percorso da semplice nerd a loro re. La strada della Marvel al cinema è già tracciata e pianificata fino al 2019 e difficilmente il papà di Buffy ne farà parte... ma siamo in buone mani, perché la sua impronta è troppo forte per poter essere ignorata da chi lo seguirà, lo hanno già dimostrato i fratelli Russo (che si occuperanno di Infinity War) e James Gunn.
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4.5/5