The Walking Dead 8, Simon e Jesus: “Gli zombi oggi siamo noi, sempre con gli occhi sul cellulare”

Intervista a Steven Ogg e Tom Payne, rispettivamente Simon, braccio destro di Negan, e Paul 'Jesus' Rovia in The Walking Dead, che si avvia verso la conclusione dell'ottava stagione.

The Walking Dead: Tom Payne è Jesus in La legge della probabilità
The Walking Dead: Tom Payne è Jesus in La legge della probabilità

Manca solamente un episodio dell'ottava stagione di The Walking Dead, in onda ogni lunedì su Fox in contemporanea con gli Stati Uniti, e, mai come ora, nessuno dei protagonisti è al sicuro. Le dinamiche tra i Salvatori e il gruppo di Rick (Andrew Lincoln) sono sempre più complicate e, anche all'interno di alleanze che sembravano inattaccabili, cominciano a sorgere moti di ribellione: è il caso di Simon, braccio destro di Negan (Jeffrey Dean Morgan), che non ci sta a essere semplicemente un esecutore.

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Lo conferma il suo interprete, Steven Ogg, che abbiamo incontrato a Londra, in occasione della Walker Stalker, convention itinerante dedicata ai fan di The Walking Dead, insieme al collega Tom Payne, che nella serie interpreta Jesus: "Simon sta giocando col fuoco" ci ha detto Ogg, spiegando meglio: "Ma se deve andarsene, almeno lo farà rimanendo coerente con se stesso. Se Negan vorrà sfasciarmi la testa a colpi di mazza va bene: ma non piegherò la testa, dovrà farlo mentre lo guardo negli occhi. È l'orgoglio di Simon. Credo che se ne siano accorti anche gli sceneggiatori: in ogni scena, neanche per un minuto, ho abbassato lo sguardo. È diventato un tratto distintivo del personaggio: il suo senso di orgoglio. Mi ricorda i senza tetto di Parigi durante l'inverno: con i primi freddi arrivano pulmini a prenderli per evitare che muoiano congelati e mi ricordo quest'uomo, che osservavo spesso passando, morto perché si rifiutava sempre di farsi prendere perché troppo orgoglioso. Non voleva essere aiutato. È un'analogia strana, ma credo che Simon si comporti in modo simile: sa che Negan potrebbe fracassargli la testa in ogni momento, ma non abbassa lo sguardo comunque".

The Walking Dead: Steven Ogg in una foto di The Big Scary U
The Walking Dead: Steven Ogg in una foto di The Big Scary U

Jesus invece al momento è in fase di stallo, come conferma il suo interprete: "Al momento Jesus fa quello che fa sempre: cercare cibo e gettare furgoni nei laghi! A Hilltop c'è una situazione complicata, lui ha paura che Maggie spari a tutti gli ostaggi e anche loro hanno bisogno di cibo. È Jesus che pensa al sostentamento di tutti: non c'è quasi nessun altro che lo faccia".

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Gli zombi oggi

The Walking Dead: l'attore Tom Payne nell'episodio Go Getters
The Walking Dead: l'attore Tom Payne nell'episodio Go Getters

Da quando George A. Romero, negli anni '60, rese immortali gli zombi con il suo La notte dei morti viventi, ciò che rappresentano si è evoluto negli anni. La stessa The Walking Dead, dal suo esordio nel 2010, è cambiata molto, anche rispetto al fumetto originale di Robert Kirkman da cui è tratta. Cosa rappresentano oggi per gli attori? "Gli zombi hanno sempre simboleggiato un particolare aspetto della società: oggi sento che gli zombi siamo noi, perennemente con gli occhi sui nostri cellulari" ha ammesso Payne, proseguendo: "Un paio di giorni fa, ero su un taxi, e ho avuto una conversazione piacevole con il tassista: lui mi ha ringraziato, perché mi ha detto che la maggior parte dei suoi clienti hanno sempre il cellulare in mano e a malapena salutano". Per Ogg invece: "Questi zombi spingono più a riflettere sul comportamento umano: negli anni '60 erano una metafora politica, oggi sono un mezzo per esplorare la mente umana, per capire cosa siamo disposti a fare per sopravvivere".

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Nel segno di Negan

The Walking Dead: Steven Ogg in una scena dell'episodio The Lost and the Plunderers
The Walking Dead: Steven Ogg in una scena dell'episodio The Lost and the Plunderers

Tra tutti gli antagonisti visti fino a ora, Negan è sicuramente quello che affascina di più il pubblico, soprattutto perché, nonostante la sua follia omicida, ha un codice morale preciso, che spesso invece il "buono" Rick non rispetta: "Fa impressione vedere i bambini vestiti come lui, con la mazza da baseball in mano!" ha detto ridendo Ogg, spiegando come mai Simon non abbia paura di mettersi contro di lui: "Non credo che sia preoccupato di agire alle spalle di Negan, perché pensa al bene più grande, al bene di tutti, ed è convito di poterlo spiegare. Crede in quello che fa". Più filosofico Payne: "La vita è difficile: la serie parla di un gruppo di persone che si uniscono dopo una tragedia e affrontano la situazione. Tutti vogliono essere la persona che pone rimedio alla tragedia, ma nessuno può: bisogna semplicemente andare avanti. Credo che questo permetta a tutti di rapportarsi a questi personaggi". Chi è quindi il leader migliore secondo gli attori? Secondo Payne: "Per me è Rick. E anche Maggie". Per Ogg invece: "Anche per me è Rick". Quando gli abbiamo fatto notare che in qualità di braccio destro di Negan questa risposta non era proprio adeguata si è dimostrato coerente con le ultime scelte di Simon: "Beh se non devo dire lui, allora dico me stesso!".

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Il potere della parola scritta

The Walking Dead: Tom Payne e Lauren Cohan in The Other Side
The Walking Dead: Tom Payne e Lauren Cohan in The Other Side

Prima di morire Carl (Chandler Riggs) ha scritto diverse lettere, tra cui una anche a Negan, il nemico, e al padre, Rick, che non ha avuto ancora il coraggio di leggerla.
L'importanza data alla parola scritta nella serie è interessante: anche gli attori sentono che il potere della scrittura è un valore da proteggere?
Per Payne: "Credo che la parola scritta abbia un valore diverso, anche solo per il fatto che la scrivi fisicamente a mano su un foglio: ti ci devi mettere, pensarci, non è come sui social, dove scrivi la prima cosa che ti viene in mente".

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The Walking Dead: un fenomeno già nella storia della televisione

Nonostante continui a perdere ascolti e pubblico e critica sottolineino continuamente come lo show abbia perso lo smalto di un tempo, The Walking Dead continua a essere un fenomeno, di cui l'interprete di Jesus è pienamente consapevole: "The Walking Dead è già nella storia della televisione: pensare di farne parte è incredibile. Oggi, con le migliaia di serie che ci sono e la possibilità di vederle in streaming, è sorprendente come lo show riesca a creare questo fenomeno intorno a sé: ultimamente ha perso un po' di ascolti, ma è ancora molto forte in tutto il mondo. Ogni episodio è sia il preferito che il più odiato da molte persone: la conversazione sulla serie è ancora molto calda".

The Walking Dead: un'immagine dell'episodio intitolato Worth
The Walking Dead: un'immagine dell'episodio intitolato Worth

Payne è molto grato al personaggio di Jesus, arrivato in un momento critico: "Quando sono entrato nella serie avevo da poco trent'anni, in una strana fase in cui sei troppo vecchio per interpretare ruoli da ragazzino e troppo giovane per essere il protagonista, anche perché sembro molto più giovane per la mia età. Quindi avevo l'ansia di sembrare più maturo: lo show mi ha dato una grande possibilità con questo personaggio, anche economicamente. Prima di prendervi parte ero pieno di debiti, ho dovuto fare un paio di lavori tremendi solo per pagarmi le bollette, la Visa era quasi scaduta e stavo per tornare dai miei. Poi è spuntato fuori il ruolo di Jesus: mi ha letteralmente salvato".

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The Walking Dead: Andrew Lincoln e Danai Gurira nell'episodio Still Gotta Mean Something
The Walking Dead: Andrew Lincoln e Danai Gurira nell'episodio Still Gotta Mean Something

Entrare a far parte di un fenomeno così grande non è stato però semplice all'inizio per Payne: "All'inizio ero preoccupato, non volevo deludere le aspettative dei fan del fumetto, ma oggi mi fanno il miglior complimento possibile, ovvero che il mio Jesus è migliore dell'originale. Come per ogni personaggio, ci sono delle differenze rispetto al fumetto, ma se ai fan vado bene allora vuol dire che sto facendo un buon lavoro. La serie ha un dipartimento di casting fantastico: riescono a trovare le persone adatte a ogni ruolo: ogni volta che si aggiunge qualcuno di nuovo pensi che sia perfetto". Non solo ansia da prestazione, ma anche da notorietà: "Quando sono entrato nella serie, sono andato alla première della sesta stagione, al Madison Square Garden, e ho dovuto fermarmi un momento per calmarmi: una cosa incredibile, con migliaia di persone! Tutta quella gente che urla quando sente il tuo nome... quando giri sei concentrato sul tuo ruolo e non ti rendi conto di quello che c'è fuori e che verrà dopo: che venti milioni di persone vedranno il tuo lavoro, che in ogni parte del mondo le persone ti riconosceranno. Recito da dieci anni e non ho mai provato nulla di simile: sono felice che sia successo a trent'anni, credo che, quando succede prima, ti incasini parecchio la mente. Oggi mi sento pronto ad affrontarlo".

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La serie, oltre a notorietà e un compenso che permette di pagare le bollette, ha offerto a Payne possibilità inaspettate: "È incredibile come far parte di questa serie offra delle possibilità impensate: Slash è un fan di The Walking Dead e non solo sa chi sono, che è già incredibile, ma mi ha invitato a una festa! Io e la mia ragazza siamo andati a un concerto dei Foo Fighters e abbiamo potuto andare nel backstage e parlare con Dave Grohl. È davvero strano. Noi siamo fan di altri come tutti ed è davvero strano poter parlare con alcuni dei nostri miti".

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Oltre The Walking Dead

The Walking Dead: Steven Ogg nell'episodio The Key
The Walking Dead: Steven Ogg nell'episodio The Key

Oltre a The Walking Dead, Steven Ogg recita anche in Westworld, che sta per tornare con la seconda stagione il prossimo 22 aprile: "Sono un maiale avido e, nonostante le riprese fossero in conflitto, sono riuscito a fare anche Westworld: Rebus sta per tornare. È un personaggio molto divertente da interpretare, non tanto quanto vorrei, ma, in ogni caso, Rebus non muore. Sono molto fortunato a poter partecipare a due show così importanti, che puntano ad alzare il livello".
Per Payne invece il futuro dopo la serie è ancora incerto: "Non sono diventato attore per interpretare sempre lo stesso personaggio, voglio ruoli diversi e provare cose differenti, quindi una parte di me pensa che non vorrò interpretare Jesus per sempre, dall'altra, vedo che in otto anni la serie è cambiata molto e potrebbe andare avanti per un bel po'. Vedremo dove mi porterà".