Nel 2005 con l'uscita di Romanzo criminale - La serie, tratto dall'omonimo libro di Giancarlo De Cataldo, l'Italia scopriva in massa l'esistenza dell'intricata rete criminale della capitale, sintetizzata nella figura della Banda della Magliana, con diramazioni capillari non solo nella città, ma anche nel resto della penisola, fino a raggiungere aree della società al di là di ogni sospetto, come il Vaticano.
Il film, diventato un fenomeno di culto, soprattutto a Roma, è riuscito a fare tre cose: regalare a Michele Placido il miglior lavoro della sua carriera, portare alla ribalta una serie di giovani attori, fino ad allora visti in ruoli di secondo piano, che sarebbero poi diventati alcuni tra i maggiori interpreti della loro generazione, come Pierfrancesco Favino e Claudio Santamaria, e rendere di nuovo popolari i film di genere criminale, rimasto in soffitta dai poliziotteschi anni '70.
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Da Romanzo Criminale e Gomorra
Fiutato il potenziale, Sky, che nel 2007 si è assunta il rischio di mandare in onda una serie irriverente come Boris, che prende in giro tutto il "sistema fiction all'italiana", nel 2008 ha cominciato a produrre titoli indipendenti: il primo, Quo Vadis, Baby?, ispirato all'omonimo film di Gabriele Salvatores, è stato immediatamente seguito da Romanzo criminale - La serie, versione televisiva della pellicola di Placido. Forse ancora più del film, il racconto televisivo è riuscito a far innamorare il pubblico, grazie a due elementi fondamentali: la scelta di un cast sconosciuto, che ha permesso la totale immedesimazione con i personaggi, e la regia di Stefano Sollima.
L'arrivo di Sollima sulla scena cinematografica e televisiva è il punto fondamentale.
Grazie alla sua visione totale del prodotto, di cui ha curato non solo regia ed estetica, ma ha anche supervisionato la storia, diventando forse il primo vero showrunner della televisione italiana, il regista ha creato un prodotto dall'impronta autoriale ben precisa, che ha poi perfezionato con Gomorra - La Serie, anche questa prodotta da Sky e anche questa tratta dall'omonimo film di Matteo Garrone, a sua volta ispirato a un altro romanzo molto discusso, quello di Roberto Saviano.
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Da Gomorra a Suburra
Successo planetario, Gomorra - La serie ha ripetuto la stessa formula di Romanzo Criminale - La serie: estetica curata, un progetto di scrittura ben preciso e asciugato, attori sconosciuti diventati immediatamente volti familiari. Nel frattempo Sollima ha diretto due film, A.C.A.B., del 2012, e Suburra, uscito nel 2015, tratto ancora da un romanzo-scandalo di De Cataldo, scritto a quattro mani con Carlo Bonini. Accolto forse con meno entusiasmo rispetto ai lavori precedenti del regista, il film fa emergere due figure dal potenziale narrativo enorme, ovvero Numero 8, alias Aureliano Adami, signore del litorale romano interpretato dall'astro nascente Alessandro Borghi, e il Samurai, burattinaio di tutti i traffici di Roma, che ha il volto indecifrabile di Claudio Amendola.
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La fascinazione generata da questi due personaggi è stata tale, e il successo di Gomorra un esempio sempre più da seguire, che Netflix ha deciso di dedicare la sua prima produzione originale italiana proprio a un prequel di Suburra, inizialmente incentrato soprattutto su queste due figure. Annunciato nel 2015, il progetto ora è realtà, con una prima stagione di dieci episodi disponibili sulla piattaforma di streaming dal 6 ottobre.
Suburra - La serie
Arriviamo dunque alla serie di Netflix, vero e proprio anello di congiunzione tra tutto ciò di cui abbiamo parlato fino a ora: prequel del film, Suburra - La serie vede ironicamente, ma forse non è un caso, scambiarsi di nuovo il testimone tra Sollima e Michele Placido, che ha diretto i primi due episodi, presentati in anteprima mondiale alla 74esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, di cui proprio Alessandro Borghi è stato il padrino. Richiamato a interpretare Numero 8, l'attore romano è uno dei volti del film che ha ripreso in mano i personaggi a cui aveva già dato vita, insieme a Giacomo Ferrara, che è di nuovo Spadino, alias Alberto Anacleti, e Adamo Dionisi, ancora l'indimenticabile Manfredi Anacleti. Il Samurai invece non ha più la faccia di Amendola, ma quella di Francesco Acquaroli, e fanno la loro comparsa diverse figure nuove, tra cui quelle centrali di Sara Monaschi (Claudia Gerini), moglie di un imprenditore che lavora in Vaticano, e Amedeo Cinaglia (Filippo Nigro), politico disilluso che si fa corrompere quando vede che la sua carriera è a un punto morto.
Diciamolo subito: il fatto di arrivare dopo le serie di Romanzo Criminale e Gomorra non è un vantaggio per Suburra, perché il contesto della malavita romana è stato già visto e perché, anche per contemporaneità, molte scene e dialoghi sono impostati come quelli dei cugini partenopei, senza però avere la stessa forza della scrittura e della messa in scena di Gomorra. Proprio i primi due episodi diretti da Placido sono quelli che mettono maggiormente alla prova lo spettatore: il regista forse è meno a suo agio con i tempi televisivi, e si vede, finendo per introdurre una lunga serie di personaggi in modo forse troppo frettoloso e scontato, con scene brevi, che non permettono di approfondire nessuna delle storyline principali. Poi però, con le puntate dirette da Andrea Molaioli, il tiro si aggiusta, si comincia a scavare nell'intimità dei personaggi e la serie decolla.
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I Lannister di Ostia
Le parti con i problemi più evidenti sono quelle relative alla sfera politica e ai suoi rapporti con il Vaticano: scritte con uno stile che sembra appartenere alla fiction italiana classica, sono quelle che meno incidono e che diventano presto ripetitive. Quando invece gli interessi dell'onorevole Cinaglia si intrecciano con quelli di Samurai, e quelli di Sara Monaschi con i giovani rampolli dei clan Anacleti e Adami, sporcandosi letteralmente, sia di sangue che nel linguaggio, allora Suburra raggiunge il suo scopo: quello di entrare in un sottobosco strisciante, che si accompagna alle vite in apparenza normali della città eterna, humus di vizi e tentazioni che fanno sempre più presa sui protagonisti, ubriachi di potere fin dal primo assaggio.
Lì dove Suburra diventa una serie eccellente è quando racconta le opposte famiglie degli Anacleti, "gli zingari demmerda", come li chiamano i loro rivali, e quella degli Adami, "i cravattari de Ostia", due clan che hanno quasi l'epica delle famiglie di serie fantasy come Il trono di spade, con Numero 8 che si auto candida a Lannister del litorale romano. Nel prequel scopriamo infatti il rapporto di Aureliano con la famiglia, il padre-padrone, che lo crede incapace di gestire gli interessi di famiglia, e soprattutto la sorella Livia, una strepitosa Barbara Chichiarelli, vera rivelazione della serie, qui al suo primo ruolo davanti alle telecamere, un animale criminale, con il cervello per gli affari e la freddezza di premere il grilletto quando serve. La sua Livia è perfetta nella postura, nella dizione (che esaspera accentuando il modo diverso di parlare a Roma Sud, in cui i soldi non sono "i soldi" ma "i zsordi"), e con un solo sguardo dice tutto. Il rapporto tra i due fratelli Adami è il più interessante, insieme a quello tra Numero 8 e Spadino, che nella serie scopriamo essere inizialmente amici. Il sentimento di attrazione e repulsione tra i due dà vita a un'infinita possibilità di sottotesti, che fornisce spessore all'intero racconto.
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Verso una seconda stagione?
Se gli Adami sono i Lannister di Ostia, anche gli Anacleti non sono da meno: seguendo l'associazione con Il trono di spade potrebbero essere i Bruti o i Dothraki, con regole interne alla loro famiglia, completamente estranee a quelle della società comune, con una casa che sembra una città a sé e addirittura una loro lingua a parte. Se Giacomo Ferrara, con il suo Spadino sempre allucinato e tormentato, si conferma un talento da tenere d'occhio, vero volto da cinema impagabile è Adamo Dionisi (ex capotifoso del gruppo di ultras della Lazio "gli Irriducibili") che interpreta Manfredi: una fisicità fatta per questo genere di racconto.
Ingarbugliando fino alla fine i rapporti tra i personaggi, Suburra - La serie lascia ampio spazio a un eventuale secondo ciclo di episodi, in cui si spera che le linee narrative si intreccino, questa volta fin da subito, alla perfezione, e il talento di giovani attori come Borghi, Ferrara e Chichiarelli sia messo sempre più in evidenza.
Movieplayer.it
3.5/5