Sono passati quasi venticinque anni da quando Point break, Punto di rottura uscì nelle sale americane (12 luglio 1991), consacrando Kathryn Bigelow come grande regista di genere e regalando al pubblico un bromance struggente fra un criminale e l'agente dell'FBI incaricato di arrestarlo. Un film che ha segnato l'immaginario cinematografico del suo decennio di appartenenza, e questo non solo negli Stati Uniti (come vedremo entrando nello specifico dei meriti della pellicola).
Certo, ai fan duri e puri l'idea di un rifacimento può far venire l'orticaria (difatti in America la nuova versione, anche per via della concorrenza spietata di Star Wars: Il risveglio della forza, sta andando decisamente male al box office, mentre i risultati migliori si registrano sul territorio cinese, dove la saga di Lucas è praticamente sconosciuta), ma in un certo senso la volontà di riproporre la storia per le nuove generazioni è un altro segno dell'impatto che l'originale ha avuto sui cineasti di oggi.
Per quanto concerne le nostre sale, il remake arriverà il 27 gennaio. Nel frattempo, abbiamo pensato di rivisitare il capostipite, concentrandoci su cinque elementi chiave.
1. Kathryn Bigelow
Oggi è una cineasta acclamata e di successo, con tanto di Oscar per la regia di The Hurt Locker, ma nel 1991 la signora Bigelow era nota più come la terza moglie di James Cameron, mentre i suoi meriti registici erano conosciuti praticamente solo tra gli estimatori di film di genere, grazie a pellicole apprezzate ma poco viste come Il buio si avvicina e Blue Steel - Bersaglio mortale. Point Break fu il salto di qualità, incassando nel mondo il quadruplo dei suoi costi di produzione e trasformando la sua regista in un nome da tenere d'occhio. Unendo rapine, surf e sport estremi, Bigelow si impose come un'artista di talento, dotata di un occhio registico che non aveva nulla da invidiare ai più noti colleghi maschi, aprendo la strada ai vari Strange Days, K-19 e Zero Dark Thirty. L'unico punto a sfavore di qualsiasi remake, a prescindere dalla qualità, è proprio questo: dopo il lavoro della Bigelow, cosa può essere aggiunto a livello di spettacolo ed action?
2. Bodhi e Johnny Utah
Fondamentale per l'esito artistico positivo del film è stato anche il rapporto fra Bodhi, ladro surfista dotato di grande carisma e di una filosofia molto particolare, e Johnny Utah, l'agente federale che, infiltratosi nella gang di Bodhi, finisce per diventarne veramente amico. Se questa relazione è riuscita, il merito è anche di Patrick Swayze, allora una delle più grandi star di Hollywood grazie a Dirty Dancing e Ghost - Fantasma, e Keanu Reeves, che invece deve proprio a Point Break la sua carriera nel cinema d'azione. Inizialmente fu scartato dai produttori poiché la sua fama era legata alla commedia demenziale Bill & Ted's Excellent Adventure (si pensò invece ad attori come Johnny Depp e Charlie Sheen), ma fu Kathryn Bigelow ad insistere perché Reeves interpretasse Utah. Il suo stile di recitazione, agli antipodi di quello di Swayze, rese credibile la paradossale complementarietà dei due personaggi, che raggiunge l'apice nel tragico finale, forse la rappresentazione più strappalacrime di amicizia virile nel cinema d'azione americano.
Leggi anche: Top 50 Anni '80: i nostri film e momenti cult del cinema USA
3. Le rapine
Al di là della maestria tecnica nella rappresentazione delle stesse (anticipando il tour de force firmato da Michael Mann in Heat - La sfida), queste sono entrate - giustamente - negli annali del cinema per via di un delizioso particolare iconografico: l'uso delle maschere che riproducono le fattezze di presidenti americani. Per l'esattezza, vengono scomodati Ronald Reagan, Jimmy Carter, Lyndon Johnson e Richard Nixon (con tanto di uso volutamente ironico della sua celebre frase "I'm not a crook"), dando così al film, per chi volesse interpretarlo in tal modo, una vena aggiuntiva di natura politica. L'impatto di questa trovata è stato tale che a rendergli omaggio c'hanno pensato persino Aldo, Giovanni e Giacomo in Tre uomini e una gamba (dove vengono tirati in ballo Pertini, Cossiga, Scalfaro e Iotti).
4. L'inseguimento a piedi
Anticipando l'estetica ipercinetica di Paul Greengrass, il film ci regala una sequenza intrisa di ritmo e grande tensione, quando Utah, dopo aver assistito all'ennesima rapina, insegue Bodhi (mascherato da Reagan), fino al momento in cui ha l'opportunità di sparargli e non ci riesce. Questo mo(vi)mento d'azione e suspense dura tre implacabili minuti, durante i quali la tensione è assolutamente tangibile, grazie alla macchina a mano e alla partecipazione convinta di entrambi i protagonisti. (Ri)vedere per credere, come dimostra il video qui sotto:
5. Utah vs. Harp
Se tra Utah e Bodhi, in teoria avversari, si forma una solida, seppur contraddittoria, amicizia, tra il giovane agente dell'FBI e il suo collega Ben Harp (John C. McGinley, già allora in modalità "Dottor Cox") non corre affatto buon sangue, principalmente perché Harp dubita delle capacità del nuovo arrivato. Questo porta ad un breve ma memorabile scambio di battute che, almeno in inglese, è entrato nella storia del cinema: parliamo, più specificamente, del momento in cui Harp definisce Utah "young, dumb and full of cum" (non c'è bisogno di tradurlo, vero?), e poi si allontana dicendo "Immagino che dobbiamo essere a corto di stronzi." Il commento di Utah, ovviamente, è "Per ora no." Ovvero: non solo action, qui c'è anche spazio per l'ironia e l'arguzia verbale. D'altronde, con McGinley nel cast, non poteva essere altrimenti...