"Credo che l'immagine sia il 25% di un film, la musica un altro 25% e il resto dell'esperienza la fa il pubblico" ha affermato David Fincher ospite al London Film Festival per presentare in anteprima la serie tv Mindhunter, su Netflix dal 13 Ottobre. Il regista originario del Colorado ha lasciato il segno nella storia del cinema internazionale, portando sul grande schermo alcuni thriller indimenticabili. Difficile trovare qualcuno che non abbia mai visto Fight Club, Seven o Zodiac, veri e propri cult che raccontano storie coinvolgenti e psicologicamente intriganti, che spesso ruotano intorno ad una personalità disturbata con un mondo interiore oscuro da esplorare.
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Mindhunter, una serie tv autentica
"Avevo letto un libro circa dieci anni fa che parlava della genesi del profilo di un serial killer. A quel tempo non avevo mai fatto televisione e non sapevo quali compromessi avrei dovuto affrontare. Poi è capitato House of Cards e, poco dopo, Charlize Theron mi ha mandato la sceneggiatura di Mindhunter", ha raccontato Fincher parlando di questo nuovo progetto televisivo basato sul libro Mindhunter del 1995 scritto da John R. Douglas. "Ho pensato subito che fosse opera di uno sceneggiatore televisivo di talento e ho pensato di farlo. Così abbiamo incontrato Joe Penhall, con cui Charlize aveva già lavorato, e abbiamo parlato del progetto. Abbiamo chiamato tutti i personaggi con i loro veri nomi e ci siamo preoccupati di approfondire e studiare le loro vite. Per questo probabilmente ci sono voluti otto anni per fare questa serie tv" ha aggiunto, sottolineando che "gli eventi raccontati sono accaduti tra il 1974 e il 1979. Penhall ha scritto una Bibbia di cinque stagioni che, in un primo momento ha interessato la HBO, ma poi è uscito True Detective e così siamo andati da Netflix, che ci ha detto di preparare dieci episodi, e il resto è storia".
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Mindhunter infatti è una serie tv crime che si distingue dalle altre per una personale autenticità narrativa. La sceneggiatura è infatti basata su documentazioni reali (filmati, registrazioni audio e rapporti dell'FBI) che forniscono un quadro dettagliato dell'opera di alcuni dei più pericolosi serial killer degli anni '70. Jonathan Groff e Holt McCallany interpretano Holden Ford e Bill Tench, i due agenti protagonisti che si confrontano con queste menti danneggiate per comprendere le origini delle loro azioni aberranti e sanguinarie. "Prima la polizia trovava il cattivo, lo catturava e lo buttava in prigione o lo eliminava per sempre. Invece negli anni' 70, dopo la morte di Hoover, le cose cominciano a cambiare per l'FBI, con una trasformazione del punto di vista sulla criminalità. E prende piede questo programma di sedersi a parlare con le menti più depravate in circolazione per provare a capire cosa attraversa la loro testa. Si sente il bisogno di conoscere il proprio nemico che, in fondo, è pur sempre un essere umano. E questo l'ho trovato interessante" ha spiegato David Fincher, che ha vinto la sua sfida televisiva dopo anni di cinema. "Un cantante d'opera è un cantante, ma anche uno che canta jingles è un cantante. Però sono due discipline completamente diverse. Così il cinema e la televisione in un certo senso".
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Gli attori? Bambini estremamente precoci
Lo screen talk del London Film Festival è stata un'occasione per ripercorrere la carriera di Fincher, ricordando alcuni dei suoi film più iconici. Come una sorta di lezione di cinema il regista ha condiviso alcune curiosità ed emozioni che il set gli ha regalato nel corso degli anni. "Ho combattuto molto per fare delle scene come volevo io e trovare il giusto modo per rappresentarle, attraverso i comportamenti dei personaggi e i momenti anche meno importanti" ha detto prima che fosse mostrata al pubblico in sala una clip dal film Seven del 1995, con Brad Pitt, Morgan Freeman e un bravissimo Kevin Spacey. "Gli attori fanno un atto di fiducia verso il regista, ti offrono un dono, e se capisci questo sei in grado di sfruttarlo al meglio. Io probabilmente ho un modo diverso dai miei colleghi di trattare gli attori, come dei bambini estremamente precoci. Mi sento come loro, quindi affrontiamo la sfida insieme. Devo giocare con loro e mantenere quella voglia di giocare per tutto il film. Anche se non è facile perché quando fai un film stai spendendo soldi, sei nervoso e a volte ti senti imprigionato", ha aggiunto.
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Scritto da Andrew Kevin Walker, Seven segue il detective Somerset e il suo collega Mills sulle tracce di un serial killer che colleziona vittime secondo i vizi capitali, come una sorta di fanatico religioso estremamente intelligente e furbo. Come lui stesso ha tenuto a precisare precedentemente, la musica ha sempre giocato un ruolo fondamentale nei suoi film e in Seven il merito di questa suggestione va a Trent Reznor, che "aveva capito come realizzare la musica per le immagini. L'ho inseguito per 8-9 mesi, ma alla fine ha fatto qualcosa di straordinario".
Scrivere non è compito del regista
Una particolarità di David Fincher, tuttavia, è che lui non ha mai firmato una sceneggiatura e quando gli hanno fatto notare questo durante il festival inglese egli ha risposto: "Ho un enorme rispetto per gli sceneggiatori e chiunque sia in grado di farlo ha la mia simpatia. Ma credo che il lavoro del regista non sia scrivere. Mi sento meglio ad affrontare storie che non vengono direttamente da me. Mi piace il processo di cercare di interpretare il ritmo di altre persone". In particolare ha riflettuto sul film Fight Club, dicendo: "Ho letto il libro di Chuck Palahniuk e ho pensato che fosse pazzo, ma anche divertente e strano. La sceneggiatura l'ha scritta Jim Uhls, ma entrambi siamo diventati estremamente possessivi con le parole di Chuck". Fight Club racconta la storia di un uomo comune interpretato da Edward Norton che, un giorno, incontra Tyler Durden (Brad Pitt), l'incarnazione del male che seduce e tira fuori dagli altri il loro lato più aggressivo, il "maschismo imperante", all'interno di un posto segreto dove tirare pugni e sfogarsi. "Qualche critico dell'epoca sottolineava che Tyler Durden fosse troppo attraente e che io come regista non capissi che quello che diceva era repellente. Dovremmo stare seduti per due ore e mezza ad ascoltare un personaggio che non è altro che un jackass? Ma io penso che il compito di Tyler fosse quello di sedurre e invitare a percorrere la strada meno tradizionale e facile", ha spiegato Fincher.
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Quante ore puoi passare nella mente di un serial killer?
Dai film di David Fincher emerge tuttavia il suo desiderio di esplorare la mente criminale con i suoi angoli bui, la follia imprevedibile e i colpi di scena che hanno reso uniche le sue storie al cinema. Un esempio in tal senso è Zodiac, il film con Jake Gyllenhaal e Mark Ruffalo impegnati a smascherare il serial killer che ha terrorizzato la Baia di San Francisco negli anni '60. "Quello che hai imparato facendo Zodiac ti ha aiutato a realizzare Mindhunter?" ha chiesto il giornalista del London Film Festival a Fincher, che ha risposto: "L'idea del profilo di un assassino seriale e di capire la motivazione delle persone attraverso lo studio del loro subconscio interessa Zodiac e Mindhunter. Ma Zodiac è più concentrato, mentre in Mindhunter ho potuto spaziare, con i personaggi che parlano tra di loro e con questi mostri portando avanti delle conversazioni intime e dettagliate. Se avessi fatto un film di dieci ore avrei ottenuto lo stesso anche con Zodiac forse, ma sarebbe stato narrativamente insostenibile".
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"Non vedo tanti film come vorrei" ha confessato Fincher al termine dell'incontro presso il BFI Southbank di Londra. "Ho visto The Love Witch recentemente e l'ho trovato uno dei film più cool e strani dell'anno. Un'esperienza interessante" ha sottolineato, svelando infine che uno dei suoi film preferiti è Viale del tramonto. "Sono affascinato dal passato, in particolare dagli anni '40, '50 e '60, per motivi socio-economici più che per lo stile cinematografico".