Batman Begins: come Christopher Nolan ha rivoluzionato, ma anche rovinato, i film di supereroi

A quindici anni dall'uscita, passiamo in rassegna gli effetti positivi e negativi di Batman Begins e della trilogia di Christopher Nolan.

Christian Bale in una scena del film di Christopher Nolan, Batman Begins
Christian Bale in una scena del film di Christopher Nolan, Batman Begins

17 giugno 2005: due giorni dopo l'esordio americano arriva anche in Italia Batman Begins, realizzato da Christopher Nolan. Un grande successo di critica, anche se il pubblico, forse ancora scottato dall'ultima volta che aveva visto sullo schermo il vigilante ideato da Bob Kane e Bill Finger, è un po' meno presente: 373 milioni di dollari incassati nel mondo, cifra di tutto rispetto e in linea con la maggior parte delle produzioni supereroistiche in voga all'epoca (solo lo Spider-Man di Sam Raimi raggiungeva vette paragonabili a Harry Potter o Star Wars), ma lontana anni luce dall'exploit fenomenale dei due sequel, usciti nel 2008 e nel 2012. Un'opera epocale, che ha riscritto le regole della realizzazione dei film di supereroi, nel bene e nel male. Ed è proprio questo argomento che vogliamo trattare, passando in rassegna le conseguenze positive e negative dell'operato di Nolan all'interno del genere.

Non "solo" un fumetto

Una scena del film Spider-Man 2
Una scena del film Spider-Man 2

Come già detto, era il 2005, un periodo in cui i supereroi non godevano di grandissima popolarità al cinema, almeno non se paragonati a oggi: c'era lo Spider-Man di Raimi che era andato molto bene, c'erano i primi due film degli X-Men che avevano ottenuto buoni risultati ma senza dominare incontrastati il box office, e poi c'erano praticamente tutti gli altri, in genere poco apprezzati dalla critica e in molti casi dei veri disastri al botteghino (basti pensare alla doppietta letale di Catwoman ed Elektra, che alimentò il luogo comune sullo scarso appeal commerciale di tutte le storie di supereroi al femminile). Per i film più riusciti c'era l'apprezzamento della stampa, ma solitamente senza entusiasmi che andassero oltre la sfera dell'intrattenimento puro. Poi è arrivato Batman Begins, una sorta di fulmine a ciel sereno, che applicò con maggiore criterio e su scala più ambiziosa la lezione del primo X-Men (citato esplicitamente da Christopher Nolan come un modello): collocare il tutto in un contesto verosimile, operazione molto facile nel caso di Batman dato che è notoriamente privo di superpoteri. Un mondo creato quasi del tutto senza CGI e senza scenografie posticce, utilizzando i veri esterni di città come Chicago e New York per regalarci una Gotham City reale, tangibile, ma anche intrisa di gotico nei momenti giusti, grazie al gas della paura ideato dallo Spaventapasseri. Ed ecco che i personaggi in calzamaglia cominciano ad apparire nelle liste dei migliori film dell'anno, a pari merito con lungometraggi più tradizionali.

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Christian Bale spicca il volo in una scena di Batman Begins
Christian Bale spicca il volo in una scena di Batman Begins

Con l'avvento del Batman interpretato da Christian Bale si è arrivati alla consacrazione definitiva del supereroe come personaggio cinematografico di tutto rispetto, soprattutto se calato in un contesto accostabile ad altri generi più nobili quali il noir o il crime movie, elemento evidente soprattutto ne Il cavaliere oscuro che si rifà in parte a Heat - La sfida. Emblematico, in tal senso, il giudizio del mai troppo compianto Roger Ebert, decano della critica americana, che aprì la propria recensione (quattro stelle, il voto massimo) con la seguente frase: "Batman non è più un fumetto." Frase di per sé condivisibile, se applicata alla differenza concettuale tra quella versione e i due film di Tim Burton, per esempio, ma che per certi versi è sintomatica di come la trilogia di Nolan abbia generato la scuola di pensiero in base alla quale il genere supereroistico possa avere una certa dignità solo se si discosta il più possibile dalla tradizionale estetica fumettistica (anche se, sempre grazie a Nolan, c'è stata una maggiore apertura mentale nei confronti di pellicole meno ambiziose sul piano tematico). Una scuola di pensiero che ha raggiunto l'apice lo scorso anno con l'uscita di Joker, il cui regista Todd Phillips ha apertamente detto di aver girato un film "vero" sotto mentite spoglie, servendosi strategicamente dell'iconografia del più celebre antagonista dei comic books americani.

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Un'eredità scomoda

Henry Cavill in una scena de L'uomo d'acciaio
Henry Cavill in una scena de L'uomo d'acciaio

Questa differenza tra cinema "vero" e altri film di supereroi ha anche portato alle recenti difficoltà produttive della DC Comics al cinema, che da un lato voleva portare avanti la filosofia nolaniana con L'uomo d'acciaio (di cui il regista inglese è produttore e soggettista), ma dall'altro anche emulare il progetto più filologico della Marvel, che ha reso popolare sullo schermo la nozione dell'universo espanso che è uno dei marchi di fabbrica dell'originale cartaceo, sperando in entrambi i casi di replicare il successo commerciale della trilogia di Batman (il secondo capitolo è stato il primo film di supereroi a incassare un miliardo di dollari nel mondo). E mentre adesso la produzione si sta diversificando in base ai singoli titoli e personaggi, realizzando da un lato Shazam! e dall'altro The Batman (annunciato come un film che metterà al centro la personalità da detective del vigilante di Gotham), per un periodo di tempo, da parte dei fan della DC, c'è stata una sorta di ostilità nei confronti di qualsiasi progetto dai toni più leggeri, con tanto di accuse di voler essere "come la Marvel" (anche se il tono è fedele al fumetto in questi casi).

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Batman v Superman: Batman osserva il costume di Robin
Batman v Superman: Batman osserva il costume di Robin

Un'ostilità unita a un misto di vittimismo e complottismo, giustificando le reazioni negative nei confronti di un progetto come Batman v Superman: Dawn of Justice con l'affermazione che critica e pubblico vogliono solo film "colorati e stupidi" in salsa Marvel. Una nozione assolutamente errata, come dimostrano il successo dei film di Nolan (due dei quali usciti dopo la nascita del Marvel Cinematic Universe), degli X-Men e del Joker di Phillips, e che sottolinea una certa ipocrisia da parte di chi accusa gli altri di volere un solo tipo di superhero movie, salvo poi attaccare qualunque progetto DC che ostenti un minimo di humour (e dimenticando che anche nei tre film di Nolan i momenti leggeri abbondano, soprattutto nel terzo). E mentre oggi quasi tutti difendono la performance di Ben Affleck nel DC Extended Universe, nel 2013, al momento dell'annuncio, egli era considerato indegno come successore di Bale, e quando l'amico Matt Damon lo difese dicendo "È Batman, non Re Lear" non mancarono le reazioni negative, come se dopo il 2012 fosse inammissibile voler fare qualcosa con il personaggio senza andare oltre il fumetto, ridotto a elemento di imbarazzo. Una lettura che mostra un profondo fraintendimento dell'operato di Nolan, il quale ha sì creato un universo tutto suo, ma al contempo molto fedele alle varie incarnazioni del mondo cartaceo, da Frank Miller a Jeph Loeb passando per Alan Moore.

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L'Autore, i fan e la rete

Christian Bale davanti al costume di Batman in una scena di Il cavaliere oscuro - Il ritorno
Christian Bale davanti al costume di Batman in una scena di Il cavaliere oscuro - Il ritorno

Con il successo della trilogia di Nolan si è anche creato una sorta di culto della personalità attorno al regista, fenomeno tutt'altro che nuovo ma che con l'ascesa del web e dei social ha assunto contorni a dir poco inquietanti. I fan tossici non sono certo una novità (basti pensare a quanto accadde con la seconda trilogia di Star Wars), ma una svolta di non poco conto arrivò con Il cavaliere oscuro - Il ritorno, e per l'esattezza con le recensioni, prima dell'uscita: il sito americano Rotten Tomatoes, aggregatore dei giudizi di vari nomi e testate importanti a livello di critica, dovette eliminare la sezione dei commenti dopo che alcuni fan, senza neanche aver visto il film, arrivarono persino a minacciare di morte i pochi recensori che avevano espresso un parere negativo. Sette anni dopo, a causa di altri atti di vandalismo virtuale, il sito eliminò anche la possibilità di commentare un film non ancora uscito. Su Twitter abbondano gli attacchi personali nei confronti di attori e registi, da Zack Snyder (il quale, ironia della sorte, nel 2013 fu oggetto di insulti da parte dei fan di Nolan) a Rian Johnson (preso di mira perché nel caso di Star Wars gli appassionati più conservatori non amano l'autorialità). Da quel punto di vista è sicuramente un bene che Nolan, celebre per il fatto di non avere né un cellulare né un indirizzo email personale, non sia presente su piattaforme come Twitter o Facebook, e rimanga all'oscuro dell'effetto più nefasto della sua ottima trilogia. Perché coloro che hanno imparato le lezioni sbagliate dai suoi film non sono morti da eroi, ma hanno vissuto abbastanza a lungo da diventare i cattivi, e su internet non c'è supereroe che tenga per riuscire a fermarli.

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