Se gli amanti dei romanzi del Re del Brivido hanno visto uno dei loro più grandi sogni realizzarsi con l'arrivo del nuovo adattamento di IT diretto da Andy Muschietti, c'è un'altra opera della sua sconfinata bibliografia che i fan volevano assolutamente veder rivivere sullo schermo: L'Ombra dello Scorpione. Come accadde per IT, a cui nel 1990 era stata dedicata una prima miniserie televisiva, anche l'epico racconto post-apocalittico dello scrittore del Maine - da molti considerato il suo più grande capolavoro - era passato in tv negli anni Novanta con un adattamento (che aveva tra i suoi protagonisti Gary Sinise e Molly Ringwald) non particolarmente fortunato. La miniserie de L'ombra dello Scorpione (titolo italiano non molto apprezzato dai fan, lontano dall'originale The Stand, "La resistenza") risentiva, tanto come quella di IT, di quelli che all'epoca erano i limiti del mezzo televisivo, sia in termini di budget che del target a cui necessariamente si doveva rivolgere, vista la messa in onda su un canale network. A quasi trent'anni di distanza i tempi sono senza dubbio cambiati, e già il fatto che il nuovo adattamento di The Stand, in uscita oggi negli Stati Uniti per il servizio streaming CBS All Access e in arrivo da noi dal 3 di gennaio su StarzPlay, sarà una miniserie in ben 10 episodi, ci fa ben sperare che l'enorme mole di materiale scritto da King avrà più spazio per essere sviluppata (con un budget più consistente alle spalle) rispetto alla trasposizione del 1994.
Dopo aver visto in anteprima il primo episodio della serie creata e diretta da Josh Boone cercheremo di fare il punto (parziale ovviamente) della situazione, evidenziando i pregi e i difetti di questo nuovo adattamento: il nuovo The Stand è quello che i fan di King stavano aspettando o potrebbero restare ancora una volta delusi? Attenzione, se non conoscete la trama de L'Ombra dello Scorpione questo articolo potrebbe contenere qualche spoiler, a voi la scelta se continuare con la lettura.
La struttura narrativa
Cominciamo con quella che per noi, per ora, potrebbe essere l'unica nota dolente di questo The Stand: la sua struttura narrativa. Per farlo, però, dobbiamo prima fare un piccolo passo indietro e riassumervi a grandi linee la storia nata dalla prolifera penna di King. Un giorno (il romanzo è ambientato alla fine degli anni Settanta, la serie ai giorni nostri) in un laboratorio governativo della California viene creata una versione estremamente mortale dell'influenza e, per un errore, viene diffusa. Un soldato già infetto, Charlie Campion, esce dalla base, subito prima che venga sigillata, per portare in salvo la moglie e la figlia piccola. Nel farlo, però, condanna l'umanità alla rovina, portando nel mondo un virus che, in brevissimo tempo, sterminerà il 99% della popolazione terrestre. Nella prima parte del romanzo seguiamo le storie di quei pochi individui immuni che sopravvivono all'epidemia: Stu Redman, un uomo vedovo che è tra i primi ad entrare in contatto con Campion, Frannie Goldsmith, una studentessa universitaria che ha da poco scoperto di essere incinta, Nick Andros, un ventenne sordomuto originario del Nebraska, Larry Underwood, un cantautore diventato famoso con la pubblicazione del suo primo singolo, e tanti, tantissimi altri. Col tempo questi personaggi si incontreranno e decideranno di dirigersi prima nel Nebraska, poi a Boulder in Colorado, seguendo le indicazioni avute in sogno da una donna, Madre Abagail (Whoopi Goldberg nella serie), che vuole guidarli alla salvezza. L'anziana signora (che ha più di 100 anni) dichiara di essere un messaggero di Dio in Terra e che presto i sopravvissuti dovranno cominciare una guerra contro Randall Flagg, l'Uomo Nero, una creatura demoniaca che cerca di conquistare il potere sul mondo. La seconda parte del romanzo è quindi dedicata alla ricostruzione di una nuova società e all'inasprirsi dello scontro tra la fazione comandata da Madre Abigail, quella dei "buoni", e quella di Flagg, dei "cattivi", che hanno fatto di Las Vegas la loro base operativa.
Torniamo quindi a quella che abbiamo definito una possibile nota dolente della nuova miniserie: la struttura narrativa del romanzo nella trasposizione non viene rispettata e la storia si apre con i sopravvissuti già stabilitasi a Boulder e pronti allo scontro con Flagg. Da quando la notizia è trapelata sul web, come potrete immaginare, i fan sono insorti: la parte iniziale del romanzo, quella che segue la diffusione della malattia e il lento percorso dei personaggi (prima da soli e poi insieme) è infatti la porzione del libro in assoluto più amata (rispetto al finale che attira da sempre pareri contrastanti), e l'ipotesi di un taglio ha attirato moltissime critiche. Fortunatamente, una volta visto il primo episodio, ci siamo tranquillizzati al riguardo: la vicenda si apre sì quando i personaggi sono già a Boulder (seguendone uno in particolare, come vedremo), ma veniamo quasi subito trasportati ai primi giorni di luglio, quando la malattia, chiamata da tutti Captain Trips, comincia a mietere le prime vittime.
I lunghi flashback che scandiscono la narrazione (torniamo al presente solo durante il finale) ci permettono di incontrare e conoscere Stu (James Marsden), Frannie (Odessa Young) e Harold Lauder (che è quello che potremmo definire il narratore di questo primo episodio), un giovane problematico innamorato di lei. Presto scopriamo che cosa è accaduto a Stu dopo essere entrato in contatto con Campion, come Frannie abbia reagito alla morte di suo padre e come Harold - che è nato e cresciuto nella stessa cittadina dove vive lei - la aiuti a superare il dolore. Sempre sul finale, poi, ci spostiamo ancora più indietro nella cronologia della vicenda, seguendo Campion quando scopre del disastro imminente nel laboratorio militare e decide di scappare con la famiglia. È qui che incontriamo per la prima volta (anche se era apparso già in altre forme nel corso dell'episodio) Randall Flagg (Alexander Skarsgård).
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Una scelta rischiosa?
La domanda che inevitabilmente ci poniamo, quindi, è: optare per questa particolare struttura narrativa sarà stata una scelta vincente? A nostro parere in parte sì, in parte no. L'idea di sviluppare la storia in questo modo, per flashback, è probabilmente molto adatta a quella che è la fruizione di una serie tv, e ci permette di capire con esattezza che cosa è successo nel passato per poi rispostarci nuovamente nel "presente", dove siamo già pronti a tuffarci in quello che è il momento culmine della vicenda: lo scontro dei nostri eroi con Flagg. In questo modo la serie riesce a prendersi di più il giusto tempo per costruire il finale, parte della storia che nella prima miniserie (ma anche nell'opera originale, ammettiamolo) lasciava l'impressione di essere qualcosa di forse un po' affrettato e tirato via (contando quanto tempo avevamo speso insieme ai personaggi prima che si trovassero tutti insieme a Boulder).
Detto questo, però, è anche probabile che la nostra reazione alla serie sia in qualche modo influenzata da quello che già sappiamo: essendo dei grandi amanti del romanzo - che conosciamo molto bene - una struttura a flashback continui non ci risulta poi così confusa, diverso potrebbe essere invece per chi non ha mai affrontato la lettura dell'opera di King. Per noi è facile spostarci da un piano temporale all'altro, seguire lo sviluppo dell'epidemia in base a quello che ascoltiamo dalle trasmissioni alla radio e alla televisione in sottofondo, cogliere dettagli nelle conversazioni tra i personaggi che se non avessimo già letto il romanzo forse ci sarebbero sfuggiti. La sensazione è, quindi, che per un pubblico di neofiti questo The Stand potrebbe sembrare un po' confuso, forse inizialmente difficile da seguire. Inoltre, il fatto che ci vengano svelati subito dettagli del percorso dei personaggi (ossia di tutto quello che è accaduto durante il loro viaggio, visto che noi li conosciamo già a Boulder) ci toglie un po' il piacere di scoprire lentamente la loro storia - che, scusate se lo sottolineiamo ancora una volta - era il bello del romanzo - rovinandoci così la sorpresa.
Vedremo come verrà sviluppata la storia nei prossimi episodi e se quest'impressione dipende esclusivamente dall'averne visto solo uno.
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I personaggi e cast
Passiamo ora ad uno degli indiscussi pregi della miniserie di Josh Boone: le ottime scelte di cast. Da quel poco che abbiamo potuto vedere (ma anche da quello che sappiamo in generale sul cast, anche su chi ancora non è comparso per la prima volta) gli interpreti scelti sono a nostro parere particolarmente azzeccati. James Marsden fa un ottimo lavoro nel dare vita a Stu, un uomo qualunque che si trasformerà in eroe nella più inaspettata delle situazioni, e Odessa Young ci è sembrata particolarmente adatta al ruolo di Frannie, molto più di Molly Ringwald che la interpretava nell'altro adattamento. Owen Teague, che conosciamo per il ruolo di Victor Criss in It e It: Capitolo 2, è perfetto nel trasmettere la viscida duplicità di Harold (che come sappiamo avrà un ruolo importantissimo nella vicenda). Questo primo episodio dà particolare risalto al suo personaggio, ed è in parte narrato dalla sua prospettiva: quello che immaginiamo è che anche i prossimi potrebbero incentrarsi su altri dei protagonisti, dandoci così la possibilità di approfondirli al meglio (cosa che non accadeva nella vecchia miniserie, in cui la caratterizzazione dei personaggi lasciava un po' a desiderare).
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Vogliamo i prossimi episodi!
Tirando le somme di quanto detto finora questo primo episodio di The Stand è stato un ottimo assaggio di una serie che - pur avendo fatto la scelta di stravolgere lo sviluppo narrativo del romanzo su cui è basata, cosa che non ci ha particolarmente convinto - potrebbe rendere giustizia all'omonimo capolavoro di Stephen King. Già il fatto che non vediamo l'ora di proseguire nella visione è indicativo di quanto lo show di Boone ci sembri promettente, la speranza è che tutti quei temi e quegli spunti che sono stati introdotti vengano poi sviluppati al meglio. L'atmosfera e le sensazioni che The Stand ci ha tramesso sono quelle giuste, e noi siamo pronti a tuffarci nel mondo post apocalittico (che vista la situazione di emergenza in cui ci troviamo, non è mai sembrato così terrificante) partorito dal Re del Brivido.