Recensione L'esorcista: la genesi (2004)

Quel senso di angoscia che Friedkin era riuscito a trasmettere qui viene completamente dimenticato, in quanto tutto sembra essere volto al puro intrattenimento e Padre Merrin sembra un Indiana Jones dal passato tormentato.

The Show Must Gore On

Da anni annunciato e più volte rimandato, arriva finalmente nelle sale italiane L'esorcista: la genesi, prequel del capolavoro satanico diretto nel 1973 da William Friedkin, girato interamente negli studi romani di Cinecittà e la cui fotografia è stata curata dal nostro Vittorio Storaro, vincitore di tre Premi Oscar.

Le traversie produttive che hanno investito la produzione del film sono ormai leggenda, tanto che si è parlato di una vera e propria maledizione (trovata pubblicitaria?). Prima c'è stata l'inaspettata scomparsa del regista John Frankenheimer, che ha lasciato quindi la direzione a Paul Schrader, poi il licenziamento di quest'ultimo, il quale aveva realizzato una versione del film troppo poco sanguinolenta secondo i produttori. Alla fine, mentre si vocifera che l'operato di Schrader avrà una probabile distribuzione nel mercato dell'home video, a dirigere la versione per le sale è stato chiamato Renny Harlin, famoso regista finlandese, artefice di blockbuster come Die hard 2 - 58 minuti per morire e Cliffhanger - l'ultima sfida, che mosse i suoi primi passi nel mondo della celluloide proprio con pellicole horror come Prison e Nightmare 4 - Il non risveglio, per poi riavvicinarsi al genere negli ultimi anni con lo shark-movie Blu profondo.

La vicenda, ambientata nel 1949, mette in scena un giovane Padre Merrin (Stellan Skarsgård), privatosi della fede a causa delle atrocità viste durante il periodo nazista, alle prese col suo primo incontro con il demone Pazuzu, in Turkana, fra gli scavi archeologi che hanno riportato alla luce un'antica chiesa bizantina.

Stroncato un po' dovunque, questo nuovo episodio della saga demoniaca, interpretato anche da James D'Arcy (Master and commander: Sfida ai confini del mare) e dal piccolo esordiente Remy Sweeney, riesce ad intrattenere efficacemente lo spettatore alternando momenti di tensione e disgusto che ne fanno un b-movie ad alto budget, ma ha purtroppo lo svantaggio di essere obbligatoriamente paragonato all'indimenticabile capostipite (ignoriamo tranquillamente il 2 e il 3), caratterizzato da silenzi bergmaniani ed atmosfere decisamente coinvolgenti.

Quel senso di angoscia che Friedkin era riuscito a trasmettere qui viene completamente dimenticato, in quanto tutto sembra essere volto al puro intrattenimento: Padre Merrin è un Indiana Jones dal passato tormentato, l'ambientazione è simile a quella de La mummia di Stephen Sommers (con tanto di tempesta di sabbia) e l'agile indemoniata (Izabella Scorupco), pur ricordando molto la truccata Linda Blair, si comporta come i posseduti della trilogia de La casa. Diciamo che agli spettatori più impressionabili qualche brivido lo strapperà sicuramente, grazie soprattutto ai disturbanti effetti speciali di trucco di Gary J. Tunnicliffe (Hellraiser - La stirpe maledetta, Halloween 6: La maledizione di Michael Myers), però tutto ha l'aria di essere costruito più con i soldi che col cervello ed i momenti di noia non mancano, ma i produttori saranno soddisfatti, visto che il loro obiettivo principale era, a quanto pare, quello di soddisfare i fan del blood'n'gore.

Nonostante tutto, L'esorcista: la genesi non rientra tra i peggiori horror degli ultimi anni, anche se risulterà totalmente inutile per tutti coloro che hanno passato notti insonni dopo aver visto il capolavoro del 1973, e, montato dall'ottimo Mark Goldblatt , presenta perfino una probabile citazione da Demoni 2: l'incubo ritorna del nostro Lamberto Bava.
Pessimi gli effetti speciali visivi curati dall'italiana Proxima (quella di Natale sul nilo!), visibilmente fasulli e che conferiscono al prodotto un look da tv-movie.