"Un'ultima occhiata ai miei amici". Rubiamo le toccanti parole di D-3BO, l'androide dorato, per spiegare cos'è, per molti di noi, Star Wars: L'ascesa di Skywalker. L'Episodio IX, nelle sale dal 18 dicembre, chiude la saga di Star Wars, una lunga storia iniziata 42 anni fa (era il 1977) con il film che tutti abbiamo sempre chiamato Guerre stellari. Una storia che, in pratica, per molti di noi ha coinciso con la nostra vita, c'è sempre stata da quando eravamo dei bambini fino ad ora. Vedere la sua conclusione - parliamo delle vicende degli Skywalker, perché l'universo Star Wars, in molti modi, continua - è qualcosa che ha un enorme impatto emotivo. Qualcosa che può tramutarsi in felicità, entusiasmo, ma anche delusione. E in questo modo si spiegano le reazioni fortemente polarizzate (pro o contro) che stiamo leggendo in questi giorni, a poche ore dall'uscita del film. È il caso di fare, a questo punto, un bilancio dell'intera trilogia. Crediamo che, al netto di alcuni errori, la nuova trilogia - gli episodi VII, VIII e IX - in qualche modo sia riuscita a infondere una nuova "Forza" alla saga - il gioco di parole ci sta - una Forza che, nella seconda trilogia, quelli degli episodi I, II e III, diretti dallo stesso Lucas, ci era sembrata un po' persa. Vediamo come J.J. Abrams e Rian Johnson ci sono riusciti.
J.J. Abrams, un regista fan
Iniziamo partendo da J.J. Abrams, creatore della nuova trilogia, e regista di due episodi della nuova trilogia. Lo avevamo incontrato qualche anno fa a Roma, per presentare quello che era il suo reboot di Star Trek. "Lo confesso, sono un grande fan di Star Wars e L'impero colpisce ancora è uno dei miei film preferiti in assoluto" ci aveva svelato. Il suo intento, in Star Trek, era stato proprio quello di portare un po' della passione, dell'impeto e dell'energia della saga di Lucas in un mondo più filosofico e intellettuale. Abrams è un fan dichiarato di Star Wars e in questo senso si può capire il rispetto per l'eredità di Lucas. Il suo Episodio VII è una rilettura filologica della materia di Star Wars ed è chiaro che la storia, troppo simile a quella del primo Guerre stellari, possa aver scontentato qualcuno. ma va vista nel senso del rispetto per qualcosa di sacro. A volte viene da pensare che J.J. Abrams sia più Lucas di George Lucas e che, da appassionato fan della saga, sia più rispettoso del mito ancor più del suo stesso creatore.
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Daisy Ridley, Adam Driver e gli altri attori (allora) poco noti
Ma se c'è un altro complimento da fare a J.J. Abrams (non vogliamo fargliene troppi, onde essere messi sotto attacco dal partito dei fan delusi) è nel casting. In quel lontano 1977 nessuno conosceva Mark Hamill (Luke), Carrie Fisher (Leia) e Harrison Ford (Han Solo). Per questo motivo questi tre attori, nella nostra mente, sono sempre stati quei tre personaggi (Ford avrebbe poi impersonato altre icone del cinema, ma è un altro discorso). La carta vincente di Abrams è stata scegliere attori poco noti, o addirittura sconosciuti, per i ruoli principali, come aveva fatto Lucas nel 1977. A differenza degli attori della seconda trilogia, tutti più noti, i nuovi attori del progetto di Abrams permettono una totale identificazione con i loro personaggi: sono loro perché non sono stati quasi mai altro, al cinema. Oggi è diverso, Adam Driver (Kylo Ren), soprattutto, ma anche Daisy Ridley (Rey) e John Boyega (Finn) sono notissimi. Ma in quel 2015, in cui usciva l'Episodio VII, li abbiamo conosciuti con i loro personaggi. E, da subito, quei personaggi ci sono sembrati già dei classici.
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Luke Skywalker, Leia Organa, Han Solo: uno Star Wars è per sempre
Ma, anche con questi nuovi attori, tutti bravissimi, la nuova trilogia non sarebbe stata la stessa cosa senza i grandi personaggi con cui siamo cresciuti. J.J. Abrams si è trovato un regalo servito su un piatto d'argento: rispetto alla trilogia prequel di Lucas ha avuto la possibilità di portare in scena i grandi vecchi della saga, Mark Hamill (Luke), Carrie Fisher (Leia) e Harrison Ford (Han Solo). E poi Chewbacca e i cari vecchi droidi, RD-D2 e C-3PO. Con degli ingressi in scena sapientemente dosati, con la loro scomparsa, con alcune apparizioni improvvise e impreviste, questi personaggi sono stati i nostri vecchi amici che tornavano, i nostri giocattoli che abbiamo tirato fuori da uno scatolone che credevamo fosse perduto in soffitta. E sono stati il trait d'union tra la trilogia originale e la nuova: sono serviti a tirarci ancor di più dentro la storia. Nella nuova trilogia ci sono Lando Calrissian e la maschera di Darth Vader, il Millennium Falcon e la Morte Nera, le spade laser e l'X-wing di Luke. Potete chiamarlo fan service. O potete chiamarlo tradizione, memoria storica, mito.
Il mito dell'eterno ritorno
La memoria storica, l'heritage, di Star Wars, non sta solo nel riportare in scena i personaggi più amati, ma anche costruire i nuovi personaggi per riprendere quelli originali. Il droide rotolante, BB-8, è il nuovo R2-D2. E Poe Dameron (Oscar Isaac) è il nuovo Han Solo. Il nuovo Luke Skywalker è una donna, Rey, ma di questo parleremo dopo. Soprattutto ne Il risveglio della Forza tante cose riprendono il modello originale. Il film inizia in un pianeta sabbioso e desolato, Jakku, che sembra tanto il Tattoine dove viveva Luke. C'è un passaggio in una cantina, quella del pirata Maz Kanata, che ricorda la fantastica cantina a Mos Eisley (qui c'è musica reggae dove lì c'era il jazz). C'è un'arma di distruzione di massa com'era la Morte Nera.
Non ci sono più i cattivi di una volta: Darth Vader e Kylo Ren
Il maggiore ostacolo della nuova trilogia è stato chiaro fin da subito: non avrebbe mai più potuto mettere in scena il personaggio in assoluto più noto e iconico della trilogia originale e dell'intera saga, Darth Vader. Il nuovo villain doveva richiamarlo, ma allo stesso tempo non avrebbe mai potuto essere lo stesso. Kylo Ren è una vera novità nell'ambito della saga, un cattivo dalle mille sfaccettature. Porta anche lui una maschera, ma la sua è una scelta: non è costretto a indossarla perché sfigurato, ma per darsi forza, per raggiungere il suo mito, Darth Vader, uno che teme di non poter eguagliare in quanto a oscurità. È un cattivo con dei dubbi e delle debolezze, con l'ansia da prestazione, un ragazzo interrotto, divorato dall'ansia, un perfetto specchio dei nostri tempi. La novità della terza trilogia di Star Wars sta proprio qui: a parte il famoso passaggio al Lato Oscuro della saga di uno dei personaggi principali, buoni e cattivi erano ben distinti, mentre qui i contorni sono sfumati. Il rapporto tra Rey e Kylo Ren fa parte di tutto questo, e ne parleremo più diffusamente nei prossimi giorni.
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Jedi, il tuo nome è donna: Rey
Nella nuova trilogia non poteva mancare il nuovo Luke Skywalker. Dalle prime scene de Il risveglio della Forza abbiamo conosciuto un personaggio giovane, inesperto, povero, come lui (e come l'Anakin dell'Episodio I), che scopre di avere la Forza e deve imparare a governarla. Ma è una donna, si chiama Rey, Rey e basta, perché nessuno sa il suo cognome, da dove venga, chi siano i suoi genitori. Un personaggio femminile come eroe principale di una storia non è una novità, è nella tendenza della Hollywood di oggi, ma la Rey di Daisy Ridley è eroe, pur restando sempre un vero personaggio femminile, con la sensibilità e la dolcezza tipiche di una ragazza. Non ci sono forzature nella costruzione e nella crescita di questo personaggio.
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C'è qualcosa di nuovo nella Forza
Nel tanto vituperato Episodio VIII di Rian Johnson c'era la voglia di cambiare le carte sul tavolo da gioco, di sparigliare, di essere irriverenti, e c'erano delle novità interessanti. Per la prima volta si prova a farci entrare nella Forza, a visualizzarla, a farcela percepire. E questo ha a che fare sia con il Lato Chiaro che con il Lato Oscuro. Ci sono movimenti, luoghi, visioni, sensazioni. Rian Johnson ha provato a metterci nei panni degli Jedi o degli aspiranti tali. In Episodio VIII ed Episodio IX la Forza è anche qualcosa che permette di mettersi in contatto con l'altro: Kylo Ren e Rey, grazie ai loro poteri, riescono a "sentirsi", a trasportarsi l'uno di fronte all'altro. E, nell'atto finale della storia, i loro poteri crescono ancora.
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I dubbi di Skywalker
Il penultimo episodio, tra l'altro, ha avuto anche il pregio di farci vedere un Luke inedito, dolente e carismatico, intenso e ricco di sfaccettature che quarant'anni fa non aveva avuto modo di farci vedere. È un Eroe che mette in dubbio la leggenda degli Jedi, la demolisce, ne trova i punti deboli nella superbia: un eroe stanco, o un antieroe, un uomo fallibile che ci parla di vanità, paura, odio. Insieme a lui, anche noi siamo stati assaliti dal dubbio, disorientati, con il terreno di certezze che ci eravamo fin qui costruiti che è crollato sotto i nostri piedi. Nel capitolo finale della saga anche Luke, in qualche modo, tornerà ad essere lui. Ma vederlo fragile ce lo ha fatto amare anche di più.