Roma 2009, giorno tre: largo ai divi George e Richard

Un giusto connubio di divismo hollywoodiano e di cinema d'autore sta alla base della terza giornata del Festival del Cinema di Roma. Da un lato le presenze di George Clooney, giunto per presentare "Tra le nuvole", e di Richard Gere, protagonista di un incontro con il pubblico. Dall'altro le sperimentazioni formali dei film in concorso "After" e "Chaque jour est une fête".

Basterà Hollywood a risollevare questa edizione del Festival del Cinema di Roma esordita un po' sottotono? In ogni caso la terza giornata di programmazione pare almeno sulla carta soddisfare le aspettative degli amanti del glamour e dello star system. O forse sarebbe più giusto dire delle "amanti", in particolare quelle attratte dal fascino particolare che emanano i divi sugli "anta", meglio se accompagnati dal seducente capello brizzolato d'ordinanza. Non c'è bisogno di dire che stasera il red carpet dell'Auditorium sarà tutto per lui: George Clooney - al Festival nelle vesti di "tagliatore di teste" per il film Tra le nuvole di Jason Reitman. L'altro divo, Richard Gere si è invece già ieri sera concesso una passerella assieme al fedele Hachiko, protagonista canino che quasi gli ruba la scena nel commovente film di Lasse Hallström. Ma le fan del sempreverde American Gigolò stiano tranquille, perché Richard sarà nuovamente in Auditorium alle 18 per incontrare il pubblico.

Mentre tutti probabilmente si stanno chiedendo quali siano i nuovi sviluppi sulla liason Clooney-Elisabetta Canalis, che già alla Mostra di Venezia ha rischiato di monopolizzare del tutto la copertura mediatica oscurando il dibattito sui film, forse è meglio concentrarsi sull'ultima fatica di Jason Reitman, di nuovo al Festival di Roma dopo il trionfo di Juno nel 2007. Up in the Air segna un ritorno alla vena caustica e satirica della società americana che aveva animato l'esordio di Reitman Thank you for Smoking. Ancora una volta a essere protagonista è l'ennesimo "venditore di fumo", Ryan Bingham, interpretato da un brillante George Clooney, che per guadagnarsi da vivere fa il "tagliatore di teste", ovvero si occupa di licenziare il personale in esubero nelle aziende. L'ipocrisia è il suo stile di vita, ma pian piano Ryan comincerà a comprendere che la sua stessa esistenza è una finzione, fatta di biglietti aerei, carte millemiglia, badge per entrare in una camera d'albergo diversa ogni sera. La prima parte del film, che si concentra su un'analisi acuta e sarcastica delle distorsioni del capitalismo statunitense in crisi, cede il passo a un epilogo più standardizzato, che invece si inserisce nei tradizionali solchi della commedia americana, dove predomina il valore della famiglia. In ogni caso Jason Reitman qui conferma i punti di forza che hanno caratterizzato la sua precedente filmografia: sceneggiatura raffinata, piena di battute sagaci e di pungente ironia, e una straordinaria direzione degli attori, che oltre ai protagonisti George Clooney e Vera Farmiga, sfrutta come al solito il talento di comprimari d'eccezione, come le vecchie conoscenze Jason Bateman e J.K. Simmons, e perfino il vulcanico Zach Galifianakis in una piccola apparizione.
Gli altri titoli in concorso della giornata sono, invece, indirizzati a un pubblico più cinefilo e amante delle sperimentazioni d'autore. Chissà se farà discutere After dello spagnolo Alberto Rodriguez, una rivisitazione in chiave estrema di un tema tipico della tradizione cinematografica, quella del ménage à trois. Le vite di tre individui, la coppia Manuel e Ana e il loro amico Julio, ciascuno dei quali insoddisfatto della propria esistenza, si intrecciano in un rapporto ambiguo fondato solamente su sesso, droga e alcol. Suddiviso in tre distinti capitoli, il film segue una sorta di struttura "alla Rashomon", raccontando la medesima serata dal punto di vista di ciascuno dei tre diversi protagonisti, e rivelando di volta in volta particolari inediti della storia. Il riferimento più evidente è il cinema manierista di Alejandro González Iñárritu, ma Rodriguez non sembra possedere uno stile sufficientemente autonomo per distaccarsi dai modelli di partenza ed elaborare delle nuove riflessioni su un tema così abusato.
Politica, emancipazione femminile, e visionarietà autoriali sono invece alla base di Every Day Is A Holiday (Chaque jour est une fête) della giovane regista d'origini libanesi Dima El-Horr. Un gruppo di donne intraprende un viaggio in pullman per raggiungere i rispettivi mariti detenuti in un carcere nei pressi di Beirut. In seguito alla morte dell'autista durante il viaggio, le donne si troveranno in mezzo al deserto, senza conoscere la strada per la destinazione e per giunta nel bel mezzo di un conflitto nei villaggi vicini. Il film si focalizza sulle storie personali di tre protagoniste femminili, ciascuna delle quali nutre un rapporto conflittuale nei confronti del proprio marito. Un road movie decisamente atipico, che rinuncia ai dialoghi per lasciar parlare soprattutto le immagini, mettendo in scena delle situazioni con forti accenti simbolici. Il rischio è quello di sconfinare nell'ermetismo, anche se alcune invenzioni visive sono senza dubbio dotate di un certo fascino visionario.
A riportare il festival a un clima più glamorous ci pensa una delle icone della Hollywood degli anni Ottanta, ma anche di oggi, Richard Gere. Dopo il suo fragoroso esordio, che lo ha visto emblema del cinema edonistico e "corporale" di qualche decennio fa, Gere ha saputo reinventarsi completamente; e pochi attori come lui possono vantare un curriculum che annovera sodalizi con grandi maestri del cinema, da Michael Cimino a Paul Schrader, da Robert Altman a Todd Haynes. L'attore si confesserà al pubblico capitolino alle 18 in Sala Petrassi, e c'è da aspettarsi una conversazione ricca e variegata, visti i molteplici interessi del divo buddista oltre il cinema: dall'ambientalismo (in perfetta sintonia con questa edizione del festival) alla lotta per i diritti civili in Tibet. Insomma, non solo American Gigolò...