Un incontro casuale sulle strisce di un semaforo, un fugace scambio di sguardi... è la prima apparizione di Emma, la ragazza dai capelli azzurri capace di risvegliare un intero universo emotivo nella mente e nel cuore della diciassettenne Adèle. Lo sguardo misterioso e sensuale che si affaccia sotto quel caschetto blu appartiene a Léa Seydoux, un'attrice il cui contributo è stato fondamentale per infondere a La vita di Adèle quel trasporto e quella visceralità in grado di rendere il film di Abdellatif Kechiche uno dei maggiori capolavori dell'ultimo decennio.
Se Emma è il ruolo che più di ogni altro, almeno finora, le ha assicurato un posto di primo piano nel panorama del cinema europeo, Léa Seydoux può vantare tuttavia una carriera assolutamente invidiabile, che si estende ben oltre lo splendido racconto di formazione ispirato alla graphic novel di Julie Maroh. E oggi, in occasione del suo trentesimo compleanno, proviamo a fornire un ritratto a tutto tondo di questa attrice affascinante e magnetica, capace di dividersi con estrema disinvoltura fra il cinema d'autore più sofisticato e i grandi blockbuster hollywoodiani, esaminando le tappe principali della sua rapida scalata al successo.
Un talento in ascesa tra la Francia e Hollywood
Nata nell'altissima borghesia francese, quella imprenditoriale, intellettuale e radical chic quanto basta, Léa Seydoux si trova da subito a strettissimo contatto con l'ambiente del cinema: non tanto perché sua madre, Valérie Schlumberger, può vantare un paio di apparizioni sul grande schermo (fra cui il cult Ai nostri amori di Maurice Pialat), ma soprattutto perché il nonno paterno, Jérôme Seydoux, è il presidente della Gaumont, la storica casa di produzione francese, e il direttore della Pathé. Léa cresce quindi in un ambiente popolato da celebrità, divi del rock e milionari, coltivando l'interesse per il teatro e lavorando nel frattempo come modella nel campo degli spot pubblicitari e dei video musicali. Poco dopo i vent'anni debutta al cinema, perlopiù in parti secondarie, finché nel 2008 riesce finalmente a catturare la meritata attenzione: il regista Christophe Honoré la sceglie infatti come protagonista del dramma sentimentale La belle personne, libero adattamento di un romanzo di Madame de La Fayette, con la Seydoux nei panni di una studentessa coinvolta in una relazione amorosa con un giovane professore (Louis Garrel).
Benché semi-ignorato dal pubblico, La belle person fa guadagnare a Léa la nomination al premio César come miglior attrice emergente, una candidatura bissata due anni più tardi nei panni di una dissoluta party girl in Belle épine di Rebecca Zlotowski. Intanto, nel 2009, la Seydoux recita nell'apprezzato Lourdes di Jessica Hausner e fa una brevissima apparizione nel primo capitolo di Bastardi senza gloria di Quentin Tarantino (è una delle ragazze nella fattoria di Nancy presa di mira dal cacciatore di ebrei Hans Landa). Un ruolo breve ma più sostanzioso è quello offertole l'anno seguente in un'altra grande produzione hollywoodiana: la Principessa Isabelle d'Angoulême nel Robin Hood diretto da Ridley Scott. Con un occhio verso Hollywood e un altro all'Europa, Léa Seydoux partecipa anche alla miniserie televisiva in costume I misteri di Lisbona, realizzata (un anno prima della sua scomparsa) dal maestro cileno Raúl Ruiz, restando in attesa della grande occasione...
Da Woody Allen e Tom Cruise alla corte di Maria Antonietta
Fino al 2011 sembra essere il cinema internazionale, più ancora di quello francese, a prendere nota di questa ragazza dotata di una bellezza al contempo raffinata e provocante, a seconda delle circostanze. Woody Allen, in trasferta a Parigi, la affianca a Owen Wilson in un paio di scene del magnifico Midnight in Paris, ma a lasciare ancora più il segno è l'apparizione da dark lady, la killer professionista Sabine Moreau, nel blockbuster Mission: Impossible - Protocollo Fantasma di Brad Bird, con Tom Cruise. Il 2012, in compenso, è l'anno dell'attesa 'svolta' in patria grazie a due importanti ruoli da protagonista. In Sister di Ursula Meier, Orso d'Argento al Festival di Berlino, è Louise, che vive insieme al dodicenne Simon (Kacey Mottet Klein) nella Svizzera vallese, sbarcando il lunario con piccoli furti nel resort turistico a poca distanza dalla loro casa.
Alla stessa edizione del Festival di Berlino, però, Léa Seydoux è protagonista anche del film d'apertura: Les adieux à la reine, bellissimo dramma storico (purtroppo inedito in Italia) diretto e sceneggiato da Benoît Jacquot, in cui la Seydoux impersona Sidonie Laborde, giovane cameriera alla reggia di Versailles nei primi mesi del 1789, sulla quale si posa l'attenzione della sovrana Maria Antonietta (Diane Kruger), che fingerà di adulare l'ingenua Sidonie salvo poi usarla come "esca" per trarre in salvo la propria amante, la Duchessa Gabrielle de Polastron (Virginie Ledoyen). Ampio successo di critica e di pubblico, Les adieux à la reine permette alla Seydoux di aggiudicarsi la nomination al César come miglior attrice, lanciandola verso il ruolo che, un anno più tardi, consacrerà definitivamente il suo talento sulla scena mondiale.
La ragazza dai capelli azzurri
Struggente cronaca di un'educazione sentimentale tanto appassionata quanto dolorosa, La vita di Adèle è il film che, più di qualunque altro, incanta gli spettatori al Festival di Cannes 2013, inducendo la giuria presieduta da Steven Spielberg ad assegnare senza esitazione alla pellicola la Palma d'Oro. Accolto dall'entusiasmo unanime della critica, La vita di Adèle lascia stupefatti per i livelli di intensità e di realismo nella storia d'amore fra Emma, l'emancipata artista dai capelli blu interpretata dalla Seydoux, e Adèle (Adèle Exarchopoulos), inquieta adolescente ancora alla ricerca di se stessa. E al successo del film, che vale a Léa Seydoux la seconda nomination consecutiva al César, contribuiscono pure il clamore attorno alle lunghissime ed esplicite sequenze erotiche fra le due protagoniste, nonché la polemica a distanza fra la Seydoux e Abdellatif Kechiche, con l'attrice che accusa il regista di atteggiamenti dispotici sul set e definisce l'esperienza delle riprese "orribile", giurando di non lavorare mai più con Kechiche.
Recriminazioni a parte, La vita di Adèle è il film che fa conoscere in tutto il mondo il talento di Léa Seydoux (alcune delle scene fra lei e la Exarchopoulos sono fra le più strazianti viste al cinema in questi anni), rendendola anche una nuova sex symbol internazionale, con copertine e servizi fotografici che non faticano a metterne in risalto la sensualità prorompente, ma sempre connotata da una spontanea eleganza. Nei primi mesi del 2014, la Seydoux domina il box office in patria (quasi due milioni di spettatori) ma pure in Italia con una nuova versione della fiaba La bella e la bestia, diretta da Christophe Gans e affiancata da Vincent Cassel. Nel frattempo l'attrice compare, benché in ruoli secondari, in due titoli molto applauditi rispettivamente al Festival di Berlino e al Festival di Cannes: il primo è Grand Budapest Hotel, commedia in costume di Wes Anderson in cui la Seydoux ha un cameo nei panni della cameriera Clotilde, l'altro è Saint Laurent, biopic diretto da Bertrand Bonello sul famoso stilista francese, con Gaspard Ulliel nel ruolo del titolo e la Seydoux nella breve parte della sua musa e collaboratrice Loulou de La Falaise.
Il presente e il futuro: aspettando 007 e la fine del mondo...
Ormai una presenza fissa ai principali festival mondiali, anche nel 2015 Léa Seydoux ha l'onore di partecipare a due film in concorso a Berlino e a Cannes. Nella capitale tedesca, la diva è protagonista, ancora una volta per Benoît Jacquot, nei panni dell'ambiziosa cameriera Célestine in Journal d'une femme de chambre, nuova trasposizione del romanzo di Octave Mirbeau, già portato sullo schermo da Jean Renoir nel 1946 e da Luis Buñuel nel 1964. Al più recente Festival di Cannes, invece, la Seydoux divide la scena con Colin Farrell, Rachel Weisz e Ben Whishaw in The Lobster, un surreale dramma ambientato in una società distopica in cui gli individui incapaci di trovare un partner vengono condannati all'esilio, firmato dal regista greco Giorgos Lanthimos e ricompensato a Cannes con il Premio della Giuria. E dopo la spietata killer di Mission: Impossible, a novembre ritroveremo Léa Seydoux in un altro action-movie americano, ma questa volta in un ruolo davvero 'proverbiale': la Bond Girl.
La Seydoux sarà infatti la dottoressa Madeleine Swann, psicologa in una clinica sulle Alpi austriache, in Spectre di Sam Mendes, nuovo capitolo della saga di 007, con Daniel Craig ancora una volta impegnato a prestare il volto all'eroico agente segreto James Bond. All'interno di un cast che comprende pure Christoph Waltz, Monica Bellucci, Andrew Scott e Ralph Fiennes, la Seydoux si appresta pertanto a festeggiare quello che si preannuncia come il maggiore successo commerciale della sua carriera. Ma per un'attrice come lei, sempre preoccupata di far convivere veicoli divistici con opere di maggior caratura autoriale e artistica, subito dopo l'attesissimo Spectre è in arrivo un film completamente agli antipodi: Juste la fin du mond. Attualmente in lavorazione, la pellicola, tratta da una pièce teatrale di Jean-Luc Lagarce, è il nuovo cimento alla regia del giovane cineasta canadese Xavier Dolan, reduce dagli strepitosi consensi per Mommy. Una riunione familiare al vetriolo che vedrà l'affascinante Gaspard Ulliel nella parte dello scrittore Louis e Léa Seydoux in quella di sua sorella Suzanne, in un quintetto d'interpreti che comprende pure altre tre superstar del cinema d'Oltrealpe: Vincent Cassel, Nathalie Baye e Marion Cotillard (inutile specificare che la nostra curiosità per questo progetto non potrebbe essere più alta). Insomma, a soli trent'anni la Seydoux può vantare una filmografia ricchissima, che continua ad impreziosirsi proprio in virtù della sua varietà, e che promette di regalare alla nostra Léa molti altri ruoli da ricordare...