Joker: il film che ridefinisce il cinecomic

Joker: come il film cambia il modo di concepire i cinecomic, andando oltre le convenzioni narrative e commerciali del genere.

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Joker: Joaquin Phoenix in fuga per le scale

Dopo aver conquistato, un po' a sorpresa, il Leone d'Oro alla 76. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e debuttato sul territorio nordamericano nell'ambito del Festival di Toronto, Joker si appresta a dominare le sale del mondo intero. Il film di Todd Phillips, con Joaquin Phoenix nei panni del folle Arthur Fleck, è una rilettura molto particolare della storia della celebre nemesi di Batman. Per la prima volta è protagonista assoluto, in un film che reinventa i codici del cinecomic sul piano narrativo e commerciale. Ecco perché, a suo modo, si tratta di un lungometraggio fuori dal comune all'interno del genere di appartenenza.

Non è la DC Comics

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Joker: il Joker interpretato da Joaquin Phoenix durante una fuga

Il film - di cui abbiamo parlato nella nostra recensione di Joker - si rifà, per esplicita dichiarazione di Todd Phillips, al cinema americano degli anni Settanta e Ottanta (difatti il film si situa nel secondo decennio citato), in particolare alla filmografia di Martin Scorsese, con rimandi espliciti a Taxi Driver e Re per una notte. La filologia è presente nel logo iniziale della Warner Bros., che è quello vintage di quegli anni. Manca invece all'appello, nei titoli di testa, il simbolo della DC Comics, presente in tutti i film tratti dai fumetti della casa editrice da diversi anni. Una scelta altamente simbolica, sintomatica di ciò che Phillips ha voluto fare con il progetto: non è il solito cinecomic, al punto che, cambiando semplicemente il nome della città (Gotham City, ma il modello è chiaramente la New York di Scorsese, e le riprese si sono svolte interamente nella Grande Mela) e di alcuni comprimari (vedi alla voce Thomas Wayne, qui una sorta di antagonista), sarebbe difficile identificare questo come un lungometraggio incentrato sul folle clown.

È sostanzialmente un Elseworlds (etichetta della DC per indicare storie scollegate dalla continuity principale), un unicum che, in caso di successo, dovrebbe dare il via a un filone di nuovi adattamenti più "piccoli", lontani dalle convenzioni del genere. Come ha detto Phillips, non senza polemiche, la sua idea era quella di fare un "vero film" mascherato da cinecomic.

Il personaggio prima di tutto

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Joker: l'urlo di Joaquin Phoenix

L'interesse di Phillips per il progetto - e a proposito, qui potete vedere la video recensione del film - è nato indipendentemente da quello di Joaquin Phoenix, ma i due avevano una concezione simile per come avvicinarsi al personaggio del Joker, o ai fumetti di supereroi in generale: l'attore, che negli anni scorsi rifiutò Doctor Strange perché non voleva firmare un contratto per film multipli, ha sempre disdegnato i blockbuster, preferendo storie più contenute dove i personaggi hanno la meglio sugli effetti speciali e sullo spettacolo.

Un character study, come lo ha definito Phoenix, e difatti il suo lavoro sul famigerato clown è esattamente quello: un ritratto della follia e della frustrazione lontano anni luce da ciò che siamo soliti associare al Joker, dai piani di dimensioni spropositate all'alleanza con figure come Harley Quinn, il Pinguino o l'Enigmista. Persino Christopher Nolan, la cui trilogia dedicata al Cavaliere Oscuro è notevole per la sua ricerca di una certa verosimiglianza, non si era astenuto dal calare il pagliaccio in un contesto ad alto tasso di spettacolo, rendendolo un terrorista che vuole piegare l'intera città al suo volere. Arthur Fleck non è così: vuole solo il meglio per se stesso e la propria madre, ed è l'indifferenza di poche persone, i potenti di Gotham, ad innescare definitivamente la sua psicosi.

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Grandi ambizioni, costi ridotti

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Joker: un primo piano di Joaquin Phoenix nel ruolo di Joker

Per quanto l'affermazione di Phillips su un "film vero" possa risultare fastidiosa dato l'apprezzamento per il lavoro di autori come Tim Burton, Sam Raimi e il già citato Nolan, c'è in essa un elemento da non sottovalutare, e riguarda la politica attuale di ciò che arriva nelle sale. In linea di massima, salvo rare eccezioni, le major puntano quasi solo sui blockbuster o, in caso contrario, a produzioni dal budget ridotto, principalmente per quanto riguarda il genere horror (emblematica in tal senso la collaborazione tra Universal e Blumhouse, dato che quest'ultima per principio non produce film le cui spese di produzione superano i 10 milioni di dollari). Quelle che un tempo erano le produzioni "medie" si sono fatte sempre più rare, portando le loro sensibilità sul piccolo schermo o, nel caso dei film, puntando su modalità alternative come lo streaming. Da quel punto di vista Joker è davvero un caso speciale, avendo un budget di "appena" 55 milioni di dollari (un quinto di quello che si spende solitamente per un film di supereroi) e, come abbiamo già detto, nessun elemento tipicamente da cinecomic, il che lo discosta da altre produzioni di genere dai costi ridotti come Deadpool. In tale ottica, il successo del film, e dell'eventuale filone di operazioni simili basate su altri personaggi DC, potrebbe portare a una sorta di rinascita delle produzioni mid-budget: basta spacciarle per dei blockbuster.

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