Il 6 marzo è in uscita nelle sale italiane Captain Marvel, il ventunesimo film del Marvel Cinematic Universe. Diretto da Anna Boden e Ryan Fleck, è l'ultimo lungometraggio della Casa delle Idee prima dell'uscita di Avengers: Endgame, il film-evento che chiuderà la Fase Tre del franchise e un decennio di storie basate su alcuni degli eroi più popolari della casa editrice. Un film dal sapore volutamente rétro, ambientato circa quindici anni prima dell'inizio della Fase Uno, e che alcuni potrebbero vedere come un "riempitivo" prima del ritorno degli Avengers, come per certi versi lo era stato Ant-Man and the Wasp la scorsa estate. Invece tra i lungometraggi Marvel in uscita nel 2019, Captain Marvel è il film più importante, e qui proviamo a spiegarvi perché.
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1. Come tutto ebbe inizio
Ricordate il post-credits di Iron Man, quando Nick Fury disse a Tony Stark "Fai parte di un universo più grande, solo che non lo sai ancora"? All'epoca, molti fan pensarono che la spia interpretata da Samuel L. Jackson si riferisse a personaggi come Steve Rogers, ma come vedremo al cinema tra pochi giorni il buon Nick alludeva ad altro: mentre Rogers era ancora ibernato (e soprattutto dato per morto da decenni), nel 1995 Fury fece la conoscenza di Carol Danvers, un'umana trasformata in guerriera Kree, ed è stata la sua esperienza al fianco di lei a spingerlo, anni dopo, a reclutare gli Avengers per affrontare altre minacce troppo grandi per le persone normali. Captain Marvel è quindi una sorta di prequel di tutto ciò che abbiamo visto finora, sia sulla Terra (scopriremo come Fury ha perso un occhio) che nel cosmo (tornano Korath e Ronan, visti nel primo Guardiani della Galassia). Senza contare la probabile presenza di indizi sull'esito di Avengers: Endgame. E a tal proposito...
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2. Una potenza inaudita
Erano diversi anni che la Marvel voleva portare Carol Danvers sullo schermo (la prima versione della sceneggiatura risale al 2013), con tanto di cameo inizialmente previsto per la scena finale di Avengers: Age of Ultron, scartato poi durante le riprese perché si preferì aspettare l'uscita del suo film personale. Abbiamo avuto solo un piccolo assaggio alla fine di Avengers: Infinity War, quando Fury, prima di smaterializzarsi come tutte le altre vittime dello schiocco delle dita di Thanos, manda un messaggio d'aiuto a Carol con un cercapersone. Presumibilmente la questione verrà in qualche modo approfondita nel nuovo film, ma si immagina che abbia aspettato tredici anni a chiedere aiuto a Danvers perché ciò andrebbe fatto solo nei casi più disperati. Il motivo? Come è stato sottolineato dai registi, dal produttore Kevin Feige e dall'attrice Brie Larson, Carol è il personaggio più potente in assoluto all'interno del MCU, il che apre nuove possibilità per il futuro del franchise. Una di queste è stata direttamente evocata dalla stampa americana dopo la prima proiezione anticipata, con il seguente commento su Twitter: "Dirò solo questo: Thanos è fottuto."
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3. Una nuova eroina
Nel 2018 ci fu il caso di Black Panther, il primo cinecomic su larga scala realizzato da una squadra quasi interamente afroamericana. Una boccata d'aria fresca dopo un decennio di storie Marvel prevalentemente incentrate su eroi bianchi, e ora tocca alle donne. Già lo scorso anno avevamo avuto un caso parziale di parità, con Wasp promossa a co-protagonista al fianco di Ant-Man, mentre questa volta Carol è destinata a dominare completamente da sola. Per la prima volta un film Marvel è diretto da una donna, Anna Boden (affiancata, come sempre, dal marito Ryan Fleck), e anche in reparti maggiori come montaggio e colonna sonora si è optato per un tocco femminile. C'è chi in rete si è già lamentato della presunta deriva "politicamente corretta" del franchise, ignaro forse del fatto che Danvers, anche nei fumetti, è femminista praticamente da sempre, e che il film dovrebbe rispecchiare ciò che Brie Larson ha detto a proposito della maggiore inclusione di gruppi sottorappresentati ai junket promozionali: "Non togliamo la sedia a nessuno, ne aggiungiamo altre."
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4. Tecnologia, portami via
Arrivati al ventunesimo film, gli architetti del MCU hanno anche colto l'occasione per spingersi oltre sul piano tecnico, per lo meno per quanto riguarda un aspetto particolare: il ringiovanimento digitale degli attori. È una pratica comune da più di dieci anni, ma solitamente in piccole dosi e per ruoli secondari (vedi, proprio in ambito Marvel, Michael Douglas nei pochi flashback sulla gioventù di Hank Pym). In questo caso, per la prima volta, la tecnologia viene applicata per praticamente l'intera durata del film, e per un personaggio la cui presenza è tutt'altro che secondaria: Nick Fury, che quindici anni prima di incontrare Tony Stark ha un look che rispecchia fedelmente le fattezze cinematografiche di Jackson a metà degli anni Novanta (e al suo fianco è stato ringiovanito anche Phil Coulson, interpretato ancora una volta da Clark Gregg). Dalle prime reazioni l'esperimento sembrerebbe riuscito, e la cosa apre diverse porte per il futuro del MCU.
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5. Il nemico tra noi
Tra le grandi novità del film c'è l'esordio al cinema degli Skrull, noti avversari degli eroi Marvel. Questi alieni dalla pelle verde sono in grado di assumere le sembianze di chiunque, rendendo facile ogni tentativo di invasione. Oltre a porre le basi per elementi già visti nei lungometraggi precedenti (la diffidenza totale di Fury nei confronti degli altri è dovuta all'incontro ravvicinato con gli Skrull), l'armata di mutaforma è anche sfruttabile in futuro, qualora la Casa delle Idee decidesse di portare sullo schermo una delle storyline più apprezzate dei fumetti: Secret Invasion, un crossover dove saltò fuori che molti personaggi a cui eravamo affezionati erano in realtà Skrull sotto mentite spoglie. Al confronto il colpo di scena sull'Hydra in Captain America: The Winter Soldier sarebbe un toccasana...