Da Buongiorno, Notte a Esterno Notte: l'ora più buia della storia repubblicana italiana

Esterno Notte ha concluso un percorso narrativo che Marco Bellocchio aveva avviato nel 2003 con Buongiorno, Notte: il sequestro Moro ha rappresentato uno squarcio nella storia contemporanea italiana.

Da Buongiorno, Notte a Esterno Notte: l'ora più buia della storia repubblicana italiana

Dopo la presentazione al Festival di Cannes 2022 e il passaggio nelle sale cinematografiche la scorsa primavera, Esterno Notte di Marco Bellocchio è giunta in televisione, proposta in tre serate su Rai 1, la rete ammiraglia della TV pubblica. Prodotta da The Apartment e Kavac Film in collaborazione con Rai Fiction e Arte France Cinéma, la serie ha così chiuso il cerchio unendo grande e piccolo schermo, affermandosi come una delle opere più complesse del panorama cinematografico e televisivo italiano più recente.

Buongiorno Bellocchio
Buongiorno, notte: Maya Sansa e Marco Bellocchio

Anche Bellocchio ha completato un disegno che ha impiegato quasi vent'anni per tratteggiare. Infatti, nel 2003 l'autore piacentino aveva diretto Buongiorno, Notte, che raccontava il sequestro dell'onorevole Aldo Moro descrivendo dettagliatamente sia la prigionia dello statista che le azioni dei sequestratori brigatisti nei cinquantacinque giorni di detenzione, prima della tragica esecuzione. Con Esterno Notte, nell'arco dei sei episodi Bellocchio ha rievocato la vicenda attraverso molteplici punti di vista. Quello di Aldo Moro, naturalmente, così come dei criminali che lo rapirono e uccisero, ma anche di persone a lui molto vicine: i colleghi di partito, l'allora Ministro degli Interni Francesco Cossiga, Papa Paolo VI, amico personale dello statista, e la sua famiglia, in particolare la moglie Eleonora. Va ovviamente precisato un aspetto importante: Bellocchio non ha proposto, in nessuna delle due opere, una mera cronaca storica dei fatti, né ha voluto essere didascalico attendendosi esclusivamente agli eventi di quei giorni. A quanto realmente accaduto ha affiancato una drammatizzazione frutto del proprio lavoro e di quello degli altri sceneggiatori (nel film del 2003 è il regista l'unica firma, mentre nella serie più recente con lui hanno collaborato Stefano Bises, Ludovica Rampoldi e Davide Serino).

Buongiorno, notte ed Esterno notte compongono dunque un quadro d'insieme, che di seguito cercheremo di approfondire: entrambi raccontano l'ora più buia della storia repubblicana italiana. Il periodo compreso tra il 16 marzo e il 9 maggio 1978 rimane ancora oggi nebbioso, non del tutto chiarito e spiegato, perché tante furono le ombre che attanagliarono quei giorni e portarono alla morte di Aldo Moro, una delle figure politiche più importanti che il nostro Paese abbia avuto.

Un dramma collettivo

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Locandina di Esterno notte

Il sequestro e l'uccisione del politico e giurista rappresentò uno squarcio nella ancora giovane Repubblica. Moro, presidente della Democrazia Cristiana (partito di riferimento del quadro nazionale), era stato capo del governo, ministro, parlamentare, ma soprattutto un riferimento per milioni di elettori. Egli era stato il fautore, insieme al segretario del Partito Comunista Enrico Berlinguer, del cosiddetto compromesso storico, che a metà degli anni Settanta, stante la fase politica di stallo e la situazione sociale sempre più in bilico, aggravata dalla strategia della tensione (che trovò il suo fulcro negli anni di piombo, durante i quali si tendeva a destabilizzare le istituzioni democratiche), avvicinò DC e PCI, tentando di consentire anche ai comunisti (il cui consenso aveva raggiunto il massimo risultato dal dopoguerra) di partecipare attivamente alla linea di governo, senza essere destinati a restare soltanto all'opposizione.

In realtà, le resistenze all'interno dei rispettivi partiti non consentirono al compromesso storico di decollare come Moro e Berlinguer avrebbero sperato: tanto l'ala destra della DC guidata da Giulio Andreotti, contrapposta all'area della sinistra democristiana alla quale appartenevano lo stesso Moro e Zaccagnini, quanto gli estremisti del PCI non accettarono mai l'idea di collaborare gli uni con gli altri, mentre avanzava anche la protesta del Partito Socialista italiano e dell'opinione pubblica di sinistra più intransigente. A fatica, tra il 1976 e la primavera del 1978 i comunisti assicurarono l'appoggio esterno in governi di solidarietà nazionale, ultimo fra tutti l'Andreotti quater che avrebbe dovuto giurare la mattina del 9 marzo, il giorno nel quale le Brigate Rosse uccisero la scorta di Aldo Moro e sequestrarono il leader democristiano.

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Esterno notte: Fabrizio Gifuni durante una scena

Esse furono la più corposa e pericolosa organizzazione terroristica attiva negli anni di piombo, e il rapimento Moro rappresentò l'azione più eclatante attraverso cui affermare la loro presunta rilevanza nella lotta armata rivoluzionaria per il comunismo. Cercavano una pubblica affermazione, che lo Stato non gli avrebbe mai concesso, restando così dei criminali sovversivi che dopo una lunga azione di contrasto sarebbero stati estirpati. Ma l'eccidio del 9 marzo 1978 e la seguente esecuzione di Aldo Moro sarebbero rimasti come i più gravi atti commessi dalle BR durante la loro militanza, e tanto la giustizia ordinaria quanto la storia li avrebbero condannati senza remore.

I cinquantacinque giorni del sequestro Moro misero a dura prova l'intero Paese, che sperava fortemente nella liberazione dello statista. In Esterno Notte vengono più volte mostrate immagini televisive di repertorio ma soprattutto le prime pagine originali dei giornali d'epoca, che seguirono con estrema partecipazione l'intera vicenda, spesso scrivendo anche a sproposito semplicemente su speculazioni (come quella della presunta follia di Moro basandosi sulla lettera inviata a Francesco Cossiga e resa pubblica dai brigatisti). Il dramma collettivo vissuto dall'Italia rappresentò un banco di prova per la stabilità della Repubblica, che, a ben vedere, non esisteva che da appena trent'anni, e dunque rischiava di non essere abbastanza salda nel momento in cui uno dei suoi massimi esponenti veniva fatto prigioniero da eversivi che volevano rovesciare il potere costituito. Nonostante il tragico epilogo del rapimento Moro, lo Stato avrebbe tenuto. Ma a quale prezzo?

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Dentro la prigione

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Esterno notte: un'immagine di Fabrizio Gifuni

Una delle più evidenti differenze tra Buongiorno, Notte ed Esterno Notte consiste nella descrizione della prigionia di Aldo Moro. Nella serie, solo nel sesto episodio Bellocchio mostra la cella dentro cui lo statista venne costretto alla reclusione, anche perché la narrazione procede come un incastro che si assembla un pezzo alla volta e soltanto alla fine si concentra direttamente su Moro e sulla sua sofferenza. Nel film del 2003, invece, il racconto è incentrato quasi esclusivamente sulla preparazione della prigione, adattata dentro un appartamento di via Camillo Montalcini: un'intercapedine di un metro per quattro ricavata in una stanza dell'interno 1, al primo piano. I carcerieri di Moro vivevano lì, e avevano pianificato tutto nel dettaglio da molto tempo, attendendo soltanto il momento giusto.

In Buongiorno, Notte, la protagonista è la brigatista Chiara, interpretata magnificamente da Maya Sansa. Il nome è di fantasia ma, in realtà, il personaggio unisce due figure, quelle di Anna Laura Braghetti e di Adriana Faranda. La prima era ancora parte della vita sociale persino nei giorni del sequestro, pur essendo coinvolta in prima persona nella detenzione di Moro, mentre la seconda era già attiva con le BR dal 1977. In Esterno Notte, Bellocchio mostra i dubbi della Faranda a proposito della decisione di uccidere lo statista, condannato a morte dalla maggioranza della colonna romana dei terroristi.

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Buongiorno, notte: un'immagine del film

In Buongiorno, Notte, anche Chiara verrà assalita dai dubbi: ella vede Moro quasi come una presenza inavvicinabile, reclusa tra quelle mura così strette e per questo imperscrutabile. Tanto nella serie quanto nel film si discute se sia giusto o meno uccidere Moro, dopo averlo già privato della libertà: chi teme di farne un martire, chi pensa che questo possa attirare ulteriore odio contro le BR da parte dei cittadini, chi suppone che questa scelta drammatica possa interrompere ogni tentativo di porre i terroristi come interlocutori del quadro politico, che è ciò che agli stessi brigatisti più premeva, pur sapendo che sarebbe stata semplice utopia.

Questi aspetti vengono messi in luce soprattutto in Esterno Notte, dove la Faranda sembrerà non credere più alla lotta rivoluzionaria. In Buongiorno, Notte, è ancora più interessante lo sviluppo che Bellocchio fa del personaggio di Chiara, la quale non ha ancora acquisito la fervida e cieca obbedienza alla causa dei brigatisti, e per questo dovrà affrontare una crisi di coscienza, arrivando a piangere forse di rabbia, forse per il rimorso, mentre ascolterà la lettera che Aldo Moro indirizzerà a Papa Montini, rivolgendosi a lui con un accorato appello.

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Nelle stanze del potere

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Esterno notte: una foto tratta dal film

Mentre i brigatisti tengono in ostaggio Aldo Moro e si confrontano sulle azioni da intraprendere dopo il sequestro, nelle sedi istituzionali cresce l'incertezza, e alcuni personaggi mostrano gravi difficoltà. Il secondo episodio di Esterno Notte si concentra sulla figura di Francesco Cossiga, Ministro degli Interni e tra i più stretti collaboratori di Aldo Moro ai vertici della Democrazia Cristiana. Interpretato magistralmente da Fausto Russo Alesi, Cossiga appare fragile, indeciso, impaurito. Nei giorni precedenti al sequestro, egli si confidava proprio con Moro, che era il suo riferimento politico. Dopo il rapimento, Cossiga entra in una crisi ancora più profonda, acuita da una pessima situazione familiare e da un carattere che lo fa oscillare tra angoscia e momenti di decisionismo improvviso. La sua prima azione, alla notizia ricevuta il 9 marzo, sarà quella di preparare le dimissioni, salvo chiuderle in un cassetto della scrivania e consegnarle solo dopo la risoluzione della vicenda, qualunque sarebbe stata.

La risposta dello Stato fu certamente immediata, e i numeri avrebbero recitato, nei cinquantacinque giorni, di oltre settantamila posti di blocco, oltre trentasettemila perquisizioni domiciliari, oltre sei milioni di persone controllate (di cui centosettantamila solo a Roma) e oltre tre milioni di autoveicoli ispezionati. Ma immediatezza corrispose a reale efficacia? Esterno Notte suggerisce una risposta netta. All'interno del Governo, mentre il gracile Cossiga si dimena tra il proprio ufficio, quello dedito alle intercettazioni telefoniche e uno stanzino antipanico senza finestre (altra lucida intuizione di Bellocchio), l'ala andreottiana è ferma sulle proprie posizioni: nessuna trattativa con i brigatisti, nessun passo verso la liberazione di Moro che non sia quella tracciata dalle forze dell'ordine e dai militari.

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Esterno notte: Fausto Russo Alesi in una scena

Nessuno vuole perdere la faccia e indebolire lo Stato, la cui immagine era già gravemente compromessa da un malcontento diffuso. Ma in discussione vi è la vita di un uomo, dopo che già cinque persone erano state uccise: e non una figura qualsiasi, ma quella di Moro, forse il politico più apprezzato dal popolo italiano. La scelta di non aiutarlo, con ogni strumento a disposizione, fu una responsabilità precisa che il Governo Andreotti e la DC si assunsero. Non si fece ciò che davvero avrebbe potuto portare alla liberazione di Moro: e il primo a esserne consapevole fu proprio Cossiga, che l'11 maggio 1978 avrebbe tirato fuori da quel cassetto la lettera delle dimissioni irrevocabili. E dovute.

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La condanna senza appello alla politica italiana

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Esterno Notte: un'immagine del film

Nel sesto episodio di Esterno Notte, vi è una delle sequenze più drammatiche dell'intera serie. Anche qui è straordinaria la capacità di Bellocchio di sorprendere lo spettatore. I brigatisti accompagnano un giovane sacerdote nella cella dove è rinchiuso Aldo Moro, interpretato superbamente da Fabrizio Gifuni (punta di diamante di un cast che include, tra gli altri, anche Margherita Buy, Toni Servillo, Daniela Marra, Gabriel Montesi e Pier Giorgio Bellocchio). La prova dell'attore è semplicemente sensazionale, e nella confessione che avvia con il prete raggiunge la perfezione. Qui emerge tutta la disperazione, la rassegnazione e la rabbia di Moro.

Egli ammette di aver provato, per la prima volta nella sua vita, odio: verso chi non l'ha aiutato, in particolare i suoi colleghi di partito, "che amici non sono più". Egli odia "l'onorevole Andreotti, che è stato il regista di tutta questa vicenda. Gli altri non sono stati che obbedienti esecutori di ordini". È ferma e inevitabile la condanna all'allora Presidente del Consiglio, la figura più enigmatica e oscura della storia repubblicana, attorno alla quale le domande tutt'ora sono tante, ma le risposte tremendamente poche. Ma la stessa condanna che esprime lo statista dalla sua cella è la stessa che l'opinione pubblica, e la storia, hanno mostrato nei confronti di quegli uomini di potere, inadeguati a ricoprire un ruolo che richiedeva saggezza e temperanza: qualità che, in quell'epoca, erano proprie soltanto di Moro.

Esterno Notte
Esterno notte: un'immagine del film

"Cosa c'è di folle nel non voler morire?", aggiunge. "Se io mi aggrappo alla vita [...] che c'è di pazzesco? Poi loro tirano in ballo il senso dello Stato, il sacrificio [...] Io ho rinunciato a tutto, a tutte le cariche, non ho niente... forse a novembre sarei diventato Presidente della Repubblica. Perché dovrei rinunciare anche alla vita?". Sono le parole affrante con le quali Moro conclude la sua ipotetica confessione con il sacerdote. Bellocchio smuove la coscienza di ciascuno di noi, impotenti di fronte al grido disperato di un uomo destinato a essere ucciso. Il dramma di Aldo Moro rivive come se fossimo stati catapultati indietro di oltre quarant'anni.

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Tra sogno e immaginazione

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Buongiorno, notte: un'immagine di Roberto Herlitzka

Buongiorno, Notte ed Esterno Notte hanno un altro peculiare aspetto in comune: la dimensione onirica proposta da Marco Bellocchio. Il film del 2003 ha un finale tra i più affascinanti del cinema italiano contemporaneo: nell'ultima notte prima dell'assassinio, si immagina che Aldo Moro esca dalla cella, apra la porta mentre i brigatisti aguzzini dormono, e scenda liberamente in strada, tornano lentamente a casa alle prime luci dell'alba. Interpretato altrettanto straordinariamente da Roberto Herlitzka, Moro troverebbe così la salvezza tanto desiderata. Ma è soltanto un'illusione: la realtà è purtroppo totalmente diversa. Anche in Esterno Notte, Bellocchio riprende lo stesso concetto: come spera anche Francesco Cossiga, lo statista viene fatto uscire dalla prigione la mattina del 9 maggio, caricato a bordo di una Renault 4 rossa e lasciato in via Caetani, venendo ritrovato in vita e così liberato. Anche in questo caso, però, questo epilogo è quello solamente sperato. Poco dopo, verrà mostrata la spietata esecuzione a colpi d'arma da fuoco, prima che il cadavere di Moro venga trasportato nel centro di Roma, non distante dalle sedi della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista.

Esterno Notte Moro
Esterno notte: un'immagine del film

La forza di opere come Buongiorno, Notte ed Esterno Notte è la stessa del suo autore. Marco Bellocchio naviga la storia italiana ma propone un proprio punto di vista, aggiungendo elementi narrativi che consentono di esplorare compiutamente i personaggi trattati. Affrontando il caso Moro da ogni prospettiva, Bellocchio ha reso omaggio a una delle figure pubbliche più importanti che l'Italia abbia mai avuto, e realizzato due opere che dimostrano quanto egli sia allo stesso tempo classico e moderno: alla brillante messa in scena, il regista piacentino affianca uno stile riconoscibile, frutto delle intuizioni che egli ha sempre mostrato nell'arco della propria carriera. Ancora adesso, Bellocchio è forse l'autore più innovativo del nostro cinema, in grado di rinnovarsi continuamente come nessun altro. Il suo è un patrimonio artistico da preservare, in attesa di nuovi film che, siamo certi, non mancheranno di far riflettere il pubblico, esattamente come accaduto in questi giorni.

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