Nato a Pisa nel 1919, da una famiglia benestante di origini ebraiche e fratello del fisico Bruno Pontecorvo, Gillo Pontecorvo abbandonò gli studi in chimica per dedicarsi all'attività di giornalista. Dopo le leggi razziali varate dal fascismo nel 1938 emigrò con il fratello a Parigi ed entrò in contatto con i movimenti antifascisti. In seguito aderì al Partito comunista italiano e partecipò alla Resistenza in Piemonte e Lombardia: saranno esperienze che influenzeranno profondamente la sua poetica.
Dopo aver visto Paisà di Roberto Rossellini Pontecorvo capì di voler diventare regista, nonostante fosse stato da sempre un grande esperto e appassionato di cinema.
Intorno ai vent'anni iniziò a lavorare nel mondo dello spettacolo: come attore ne Il sole sorge ancora di Aldo Vergaro, e come assistente dei registi francesi Yves Allegret, Joris Ivens, e dei nostri Steno e Mario Monicelli.
Nel 1956, dopo aver realizzato alcuni documentari in 16mm dalle istanze sociali, come Pane e zolfo, Uomini del marmo, Missione Timiriazev e Cani dietro le sbarre, Pontecorvo firmò il suo debutto da regista con un episodio del film La rosa dei venti, incentrato su una giovane operaia comunista. L'anno successivo girò quindi il suo primo lungometraggio, il neorealistico La strada azzurra, su dei pescatori sardi di frodo, ispirato a Squarciò, racconto di Franco Solinas, con il quale inizierà un lungo sodalizio artistico e che sarà sceneggiatore dei suoi film successivi. Tra questi Kapò del 1959: opera vibrante, con protagonista una giovane ebrea (la straordinaria Emmanuelle Riva) deportata in un campo di concentramento, candidato all'Oscar come miglior film straniero, ma non esente da critiche (celebre in particolare quella di Jacques Rivette sui Cahiers du cinéma, che criticava lo stile di regia troppo estetizzante).
Dopo il documentario Paras del 1963, nel 1966 il regista vinse il Leone d'Oro a Venezia e ottenne anche due nomination agli Academy Awards per la miglior regia e miglior sceneggiatura con La battaglia di Algeri, film rigorosissimo e dalla precisione quasi documentaria, bandito in Francia per parecchi anni data la sua smaccata adesione per il movimento di liberazione algerino.
Tre anni dopo Pontecorvo girò Queimada, altra opera politica dall'impronta anticolonialista, con protagonista Marlon Brando: si racconta che il regista fosse talmente esigente sul set da fare infuriare il divo, il quale alla fine delle riprese si rifiutò persino di stringergli la mano. Dopo una lunga pausa, nel 1979 tornò dietro la macchina da presa con un altro film caratterizzato da un solido impegno civile, Ogro, interpretato da Gian Maria Volontè nel ruolo di un terrorista basco.
In seguito Pontecorvo diradò i suoi impegni dietro la macchina da presa, e nel 1986 fu tra i fondatori del Premio Solinas, istituito con lo scopo di promuovere i giovani sceneggiatori. Nel 1992 dopo aver realizzato un documentario per la RAI dal titolo Ritorno ad Algeri, fu nominato Direttore della Mostra del Cinema di Venezia fino al 1996, e in seguito divenne Presidente di Cinecittà Holding.
Nell'ultima fase della sua carriera da regista aveva partecipato soprattutto a documentari, corti, e ad alcune opere collettive, come L'addio a Enrico Berlinguer, 12 registi per 12 città, I corti italiani, Nostalgia di protezione, Un altro mondo è possibile, dedicato ai fatti del G8 di Genova, e Firenze, il nostro domani, sul Social Forum Europeo di Firenze 2002.
Gilllo Pontecorvo muore il 12 ottobre 2006, all'età di 87 anni.
A un giornalista che gli chiese perché avesse girato così pochi titoli cinematografici, Pontecorvo rispose "Faccio solo i film di cui sono innamorato".
1969 Candidatura Miglior regia per La battaglia di Algeri
1969 Candidatura Miglior sceneggiatura originale per La battaglia di Algeri
1980 Premio Miglior regista per Ogro
1970 Premio Miglior regista per Queimada
1967 Premio Regista del miglior film per La battaglia di Algeri
1979 Regia, Sceneggiatura
1969 Regia
1966 Regia, Sceneggiatura, Soggetto, Musiche
1959 Regia, Sceneggiatura, Soggetto