Immaginate Dwayne Johnson con un cappello a cilindro viola, sopra un fiume di cioccolato. Sembra uno scherzo, ma non lo è: quando Tim Burton stava preparando la sua versione di La fabbrica di cioccolato nel 2005, il regista aveva valutato seriamente l'attore come alternativa a Johnny Depp.
Il wrestler di cioccolato: un sogno surreale firmato Burton
Nel panorama dei "film che non sono mai stati", il progetto di Tim Burton con Dwayne Johnson nei panni di Willy Wonka merita un posto d'onore. L'idea nasce nei primi anni Duemila, quando il regista - reduce da successi come Big Fish e Sleepy Hollow - era deciso a reinventare l'universo di Roald Dahl con la sua visione gotica e grottesca.
In un'intervista riportata da Collider, lo stesso Johnson ricordò di essere stato "nella shortlist di Burton per interpretare il leggendario proprietario della fabbrica di cioccolato", rivelando che il regista voleva un volto "fuori dagli schemi" per riscrivere il mito.
È difficile immaginare "The Rock", all'epoca ancora legato al mondo del wrestling e ai primi ruoli action, nei panni del geniale e inquietante inventore. Ma proprio questa incongruenza aveva affascinato Burton, maestro nell'unire l'assurdo e il poetico. La sua versione di La fabbrica di cioccolato, come spiegò nel libro Burton on Burton di Mark Salisbury, era pensata come "una satira sulla cultura dei consumi, sul desiderio compulsivo e sulla fragilità del sogno americano".
Il regista voleva mantenere il tono infantile e inquietante di Dahl, mescolando l'ironia con la malinconia - un equilibrio che aveva già sperimentato in Edward mani di forbice. Con un Johnson protagonista, La fabbrica di cioccolato avrebbe potuto assumere un tono ancora più straniante: un Wonka massiccio, sorridente e carismatico, capace di alternare la dolcezza all'intimidazione.
Perché vinse Johnny Depp
Alla fine, la scelta ricadde su Johnny Depp, che nel 2003 era appena diventato una star mondiale grazie a Pirati dei Caraibi. Il suo Willy Wonka - fragile, nevrotico e infantile - incarnava perfettamente la sensibilità di Burton, che nel libro dichiarò: "Non ho dovuto combattere con Warner Bros. per il casting, sapevano che con Johnny non avremmo sbagliato".
La versione di Burton, uscita nel 2005, si distaccava completamente dal film del 1971 con Gene Wilder, rinunciando alle canzoni e al tono fiabesco per abbracciare una narrazione più cupa e psicologica. Wonka diventava così un uomo segnato da un'infanzia problematica, vittima di un padre dentista ossessivo, Dr. Wilbur Wonka, interpretato da Christopher Lee.
In questo contesto, l'interpretazione di Johnson avrebbe portato il film verso un'altra direzione: un Wonka più teatrale, ironico, autoironico persino. Come osservano alcuni critici, la sua energia da "intrattenitore" avrebbe potuto riecheggiare l'assurdità del personaggio in modo nuovo, mescolando l'umorismo fisico alla malinconia del genio isolato.
Eppure, nel 2004, The Rock non era ancora il fenomeno cinematografico che sarebbe diventato con Fast & Furious o Jumanji. Hollywood lo vedeva come l'erede di Arnold Schwarzenegger, non come un interprete capace di equilibrio tra ironia e introspezione. Oggi, con il senno di poi, quella scelta mancata appare come una curiosità visionaria: Burton aveva intuito, forse troppo presto, che dietro i muscoli di Johnson si nascondeva un performer versatile, pronto a giocare con la propria immagine.