Venezia 65.: vincitori e vinti

Dopo una partenza un po' in sordina, la 65. Mostra del cinema regala una grande emozione e un trionfo meritato a Darren Aronofsky e al suo The Wrestler, che vede protagonista il rinato Mickey Rourke.

Finale col botto per questa sessantacinquesima edizione della Mostra del Cinema di Venezia che, dopo essere partita un po' in sordina, regala un'emozione grandissima incoronando re del festival The Wrestler di Darren Aronofsky che vede protagonista il gigante Mickey Rourke. Venendo meno al rigido cerimoniale veneziano, il celebre attore è salito sul palco insieme al regista (mentre il chihuahua Loki lo attendeva su una comoda poltrona della Sala Grande) per ricevere il Leone d'Oro regalando un indimenticabile one-man show e godendosi una lunghissima, meritata standing ovation del pubblico, fino a questo momento freddino con gli altri premiati. A tutti coloro che si sono lamentati della scarsa qualità dei film in concorso ritenuti per lo più brutti o, comunque, non all'altezza delle passate edizioni, non possiamo dar completamente torto visto che di pellicole non riuscite se ne sono viste parecchie, ma le opere di alto livello non sono comunque mancate. D'altronde sarebbe stato impossibile bissare la concentrazione di talenti di un'edizione eccezionale come quella del 2007. A trionfare è stato, dunque, il cinema più diretto, potente e muscolare di Darren Aronofsky che, dopo l'insuccesso del pretenzioso L'albero della vita, ha saputo fare un passo indietro e mettere da parte la sua visione cupa e sofisticata della realtà per realizzare un film che ha colpito giuria e pubblico come un doloroso pugno allo stomaco.

Tutti si sono inchinati di fronte al re Mickey che, a detta molti, avrebbe meritato la Coppa Volpi come miglior interprete maschile. A questo proposito il presidente della giuria, l'eccentrico Wim Wenders che per tutto il festival ha sfoggiato mise indimenticabili e cappottoni decisamente fashion, ma poco consoni al clima estivo del Lido, durante la conferenza stampa dei premiati si è lasciato sfuggire una mezza verità subito ritrattata, ma che lasciava intendere che molti dei giurati avrebbero preferito vedere Rourke trionfatore rispetto a Silvio Orlando, al quale è andato il premio per la miglior interpretazione maschile. A scontentare la giuria non sarebbe stato lo straordinario interprete de

Il papà di Giovanna, ma la qualità complessiva dei film italiani presenti in concorso. Su quattro titoli l'unico veramente apprezzato sembra essere stato il rigoroso La terra degli uomini rossi - Birdwatchers di Marco Bechis, piaciuto a molti giurati, ma probabilmente non abbastanza da essere inserito nella rosa dei papabili. Parte del merito del premio assegnato a Silvio Orlando va sicuramente alla volitiva Valeria Golino che ha lottato per strappare almeno un riconoscimento, a detta di tutti il più meritevole, per l'Italia. L'attore di Pupi Avati, emozionatissimo, ha accompagnato il ritiro della Coppa Volpi con grida entusiastiche confessando più tardi di essersi dimenticato tutto il discorso di ringraziamento che si era preparato e di essersi ripetutamente impappinato.

Premio doppio per i diretti contendenti di The Wrestler. L'etiope Teza del maestro Haile Gerima, colpo di fulmine per la gran parte dei critici presenti al Lido, deve accontentarsi del Premio Speciale della Giuria e dell'Osella d'Oro per la sceneggiatura. Il lungo biopic dedicato a trent'anni di storia etiope narrata dal punto di vista del protagonista, il medico Anberber, a nostro avviso rappresentava un'idea di cinema il cui importante contenuto è, però, veicolato da una forma non particolarmente originale. Decisamente più azzeccato il Leone d'Argento per la regia che va al poetico Paper Soldier, gelido dramma ambientato tra le steppe russe durante le settimane che precedono il lancio dello Sputnik con i primi astronauti diretti sulla Luna. Al film di Aleksey German Jr. va anche la meritata Osella d'Oro per la miglior fotografia. Convince molto poco, invece, il leone speciale inventato su due piedi per celebrare l'insieme dell'opera del regista tedesco Werner Schroeter, vecchio amico di Wenders nonché autore del criticato e poco comprensibile Nuit de Chien, tratto dal romanzo di Juan Carlos Onetti, che si porta a casa un premio imprevisto dovuto probabilmente alla stima che Wenders nutre verso il collega e alle sue cattive condizioni di salute. Dominique Blanc, protagonista de L'autre, ha invece soffiato la Coppa Volpi sotto il naso alla bella e questa volta anche brava Anne Hathaway, vincitrice annunciata dopo che la sua performance nei panni dell'ex tossicodipendente Kym, protagonista di Rachel Getting Married, aveva toccato il cuore di molti.

Come in tutte le edizioni non mancano i grandi esclusi, film amatissimi dalla critica e protagonisti fino alla fine del totomostra che sono stati completamente ignorati dalla giuria: in primis lo straordinario Rachel Getting Married di Jonathan Demme, dramma familiare dal look

indipendente che non sfigurerebbe tra i futuri premi Oscar, lo spettacolare The Hurt Locker di Kathryn Bigelow, focus sulle truppe speciali di artificieri di stanza in Iraq, a detta di molti ingiustamente defraudato del premio per la miglior regia, e il toccante Achilles and the Tortoise, straordinario ritorno di Takeshi Kitano, rientrato nei binari del suo cinema dopo i curiosi divertissement metacinematografici di Takeshis' e Glory to the Filmaker!, capace di offrirci una profonda riflessione sul senso dell'arte, dell'amore e dell'esistenza. A dirla tutta dopo la visione della delicata fiaba Ponyo on the cliff by the sea di Hayao Miyazaki in molti hanno urlato al Leone d'Oro e anche se, alla fine, l'anime del maestro giapponese non ha portato a casa nessun premio Wenders ha assicurato pubblicamente che tutti i suoi giurati avevano imparato a memoria la canzone di Ponyo e, a riprova di ciò, ha fatto intonare il motivo a Gordon Douglas dando vita a un divertente siparietto. Fuori dai giochi anche l'algerino Gabbla di Tariq Teguia che si è dovuto accontentare di una serie di premi minori tra cui il FIPRESCI e il Bisato d'oro, premio della critica indipendente al Lido, e il sorprendente Vegas: Based on a True Story di Amir Naderi, che avrebbe meritato sicuramente più attenzione.

Se l'Italia non brilla nel concorso, si rifà con la miglior opera prima Pranzo di Ferragosto, scritta e diretta dal collaboratore di Matteo Garrone Gianni Di Gregorio che si fregia del titolo di miglior regista esordiente all'età di 57 anni. Commedia brillante e garbata con protagoniste quattro arzille e terribili vecchiette che dimostra come la commedia all'italiana riesca a sopravvivere anche senza volgarità gratuite, veline seminude e vacanze natalizie al mare, in montagna o chissà dove. Miglior attrice esordiente consacrata dal premio Mastroianni la giovanissima Jennifer Lawrence che ha scelto il viaggio a Venezia come regalo per il suo diciottesimo compleanno dei genitori, visto che la presenza dell'attrice non era prevista nel budget della produzione per la trasferta italiana del cast. Regalo che è giunto quanto mai gradito visto che è stato bissato dal premio tributato dalla biennale. Importante riconoscimento, infine, all'interessante documentario di Gianfranco Rosi Below Sea Level dedicato agli homeless californiani che vivono in una base militare dismessa 40 metri sotto il livello del mare a Sud Est di Los Angeles. Venezia si congeda tra festeggiamenti e qualche polemica. La parola passa ora al pubblico che premierà o meno i film in uscita nelle sale.