Recensione 30 anni in un secondo (2004)

Il regista ci comunica che con la crescita si perdono tanti piccoli piaceri, ci s'incattivisce, costretti ad affrontare la temibile giungla delle occupazioni e delle responsabilità.

Una 'grande' Jennifer Garner

La storia si ripete, abbiamo sentito dire fin troppe volte. Ed a quanto pare, anche quella del cinema sembra essere destinata a ripetersi. La mancanza di idee spinge sempre di più produttori e sceneggiatori a ricorrere a sequel, remake o, più semplicemente, a versioni rivedute e corrette di vecchi soggetti. Così, tra pseudo-rifacimenti di Non aprite quella porta e Le colline hanno gli occhi (basta pensare a La casa dei 1000 corpi e Wrong turn) e cloni di Porky's questi pazzi pazzi porcelloni, tra un American Pie ed un La ragazza della porta accanto, è ora in arrivo 30 anni in un secondo, nuovo lungometraggio di Gary Winick (Tadpole - Un giovane seduttore a New York) che, interpretato da Jennifer Garner (Daredevil), Mark Ruffalo (In the cut) e Andy Serkis (Il signore degli anelli - Le due torri), si presenta, sulla scia del revival anni Ottanta che ci sta investendo negli ultimi tempi, come rivisitazione al femminile di Big di Penny Marshall, anche se ricorda, soprattutto nei primi minuti, il nostro Da grande di Franco Amurri.

1987, nel giorno del suo tredicesimo compleanno, la piccola Jenna, da sempre ignorata dalle compagne di scuola e dal ragazzo di cui è innamorata, viene umiliata dai suoi amici, ad esclusione del vicino di casa Matt, che la rinchiudono nel ripostiglio durante un gioco. Qui esprime il desiderio di essere già trentenne, per poter vivere la sua vita come ha sempre voluto, senza l'oppressione dei genitori. Miracolosamente, il giorno successivo, Jenna si risveglia nel 2004, all'età di 30 anni, nei panni di una splendida e famosa donna di successo. Ma il problema è che degli anni passati non possiede il minimo ricordo e, nel frattempo, rintraccia Matt, il quale sembra essere prossimo al matrimonio.
A partire da una delle migliori sequenze del film, quella in cui Jenna, ad un party di adulti annoiati, riesce a rallegrare l'atmosfera convincendo tutti a ballare sulle note della vecchia Thriller di Michael Jackson, appare evidente una certa capacità del regista di far emergere messaggi da ogni singola situazione. Infatti, della scena in questione, ha dichiarato: "Non volevo che sembrasse un videoclip. Doveva avere una sua funzione drammatica. Per quanto il balletto sia eseguito bene, la scena funziona se è finalizzata all'intreccio. E la cosa essenziale era far notare come Jenna salvi lo spirito della festa come farebbe una tredicenne, non una donna adulta."

Sfoggiando un forte senso della narrazione, Winick evidenzia innanzitutto i complessi della tredicenne Jenna (interpretata dall'esordiente Christa B. Allen), desiderosa di avere trent'anni, per poi catapultarla immediatamente diciassette anni dopo, dimostrando che, nonostante tutta questa voglia di crescita, la ragazza, spaventata, non è per niente pronta ad affrontare quell'età e, quindi, che ogni evento, per concretizzarsi, è giusto che segua un iter ben preciso. Il mondo in cui si ritrova è quello degli adulti che tutti conosciamo, costituito da rivalità professionali, infedeltà coniugali ed in cui l'amore è un vero e proprio campo di battaglia. Il regista ci comunica che con la crescita si perdono tanti piccoli piaceri, in quanto ci s'incattivisce, costretti ad affrontare la temibile giungla delle occupazioni e delle responsabilità, dimenticando che la vita vera risiede nella spensieratezza e nell'allegria delle esperienze dimenticate, permeate di quel fondamentale valore di cui nessuno può fare a meno: l'amicizia. Non a caso, la protagonista della vicenda non possiede alcun ricordo del tempo trascorso tra il 1987 ed il 2004, proprio perché, da perfetta egoista, ha preferito raggiungere direttamente l'età adulta, privandosi, però, dell'adolescenza, uno dei periodi più memorabili della vita, e, resasi conto che il tempo non può essere fermato, arriva ad asserire: "Gli anni che si ricordano sono quelli in cui hai l'amicizia".

Con una colonna sonora pop-rock che annovera hit di circa vent'anni fa, ed ottime prove da parte di Mark Ruffalo e di un Andy Serkis privo delle fattezze di Gollum, quella che si prospettava essere la solita storiella indirizzata a ragazze in cerca di un personaggio hollywoodiano femminile da emulare, si rivela come una delle migliori commedie dell'anno, ottimamente sostenuta da una Garner in gran forma (a quanto pare, per prepararsi ad affrontare il ruolo, ha frequentato diverse tredicenni) e che, tra equivoci e romanticismo, diverte, senza annoiare mai, apparendo, con un affascinante epilogo alla Ritorno al futuro che ci conduce ad un per nulla disprezzabile lieto fine, come una intelligente lezione di vita.
Troppo retorico? Ma in fondo a chi non piacerebbe vivere una storia così?