Checché ne dica Pilou Asbæk, un'intervista è riuscita quanto più l'intervistato ha voglia di donarsi: si possono fare le domande migliori del mondo, ma se dall'altra parte c'è un muro è difficile riuscire ad aprire un varco. Allo stesso modo spesso i giornalisti si adagiano su domande standard, sempre uguali, che, sentite cento volte di fila, non invogliano certo a rispondere. Eppure a volte succede il miracolo: due persone, anche se per lavoro, decidono di comunicare davvero e farsi trascinare dalla conversazione. È successo con l'attore danese, che il mondo ha amato e conosciuto grazie al ruolo di Euron Greyjoy in Game of Thrones e che ora è protagonista della miniserie The Investigation, disponibile su Sky e Now Tv.
Scritta e diretta da Tobias Lindholm (sceneggiatore di Un altro giro e Il sospetto, entrambi diretti da Thomas Vinterberg e con protagonista Mads Mikkelsen), The Investigation racconta la vera storia dell'assassinio della giornalista svedese Kim Wall, nominata al Premio Pulitzer, uccisa l'8 agosto 2017 da Peter Madsen a bordo del suo sottomarino. In sei episodi la serie racconta le indagini condotte da Jens Møller (Søren Malling). Pilou Asbæk è il pubblico ministero Jakob Buch-Jepsen e torna a lavorare con Tobias Lindholm dopo Borgen - Il potere.
Quella che doveva essere un'intervista di 15-20 minuti è durata 30 (e si è conclusa con la promessa di una birra a Roma). Dall'amore per Baby Yoda (che ha visto dietro di noi e grazie a cui è nata una conversazione fiume) e The Mandalorian, al buon cibo, Pilou Asbæk si è raccontato senza freni, partendo dalla serie The Investigation ovviamente, ma spaziando fino a Umberto Eco, Sylvester Stallone, la necessità di una terza stagione di Mindhunter, la saggezza di sua madre. E ovviamente il finale di Game of Thrones. Una sola cosa è certa: date a quest'uomo un ruolo in una commedia romantica. Non ne può più di fare il villain.
La video intervista a Pilou Asbæk
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The Investigation e l'importanza del saper perdere
Nel primo episodio il tuo personaggio e il protagonista dicono che odiano perdere: anche tu odi perdere? Pensi sia importante accettare la sconfitta?
Non lo so. Penso che in questo momento, con la pandemia, stiamo perdendo tutti. È incredibile quanto sia deprimente questo periodo. È così strano. Sono diversi anni che lavoro con Tobias Lindholm e la prima versione della sceneggiatura di The Investigation cominciava con una causa persa in tribunale. Grazie a questo scopriamo che entrambi i protagonisti odiano perdere e sono disposti ad attraversare le fiamme dell'Inferno per vincere. Poi il network ha cancellato quella scena: abbiamo detto no, quella scena, con loro che perdono la causa, getta le premesse della storia. Il mio personaggio odia perdere. Onestamente a me non interessa: faccio sport da tutta la vita, ho perso, ho vinto e alla fine è 50 e 50. Sono il più giovane di tre fratelli, tre maschi. Quando sei il minore perdi sempre. Ti fanno il mazzo e perdi sempre! Non ho lo spirito di competizione: certe persone vogliono sempre vincere. A me non importa: voglio solo mangiare bene e bere!
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Sei molto italiano.
Mia madre è latina! Quando parlo in Danimarca gesticolo sempre e le persone si chiedono se sono davvero scandinavo. Mi dicono sempre che non posso esprimere le emozioni. Devo essere un po' italiano.
The Investigation e l'ossessione per il lavoro
Questa è anche una storia sull'ossessione: non ti importa se perdi, ma sei un po' ossessionato dalla tua professione? L'ossessione a volte è pericolosa ma è anche il punto di partenza per un ottimo lavoro.
Sono ossessionato. Ho dedicato me stesso al 100% a tutto il lavoro che ho fatto. Lo dicono tutti. Alcune persone approcciano il proprio lavoro con tecniche differenti. Le tecniche di recitazione sono quelle di Meisner, Stanislavski, Lee Strasberg, il metodo, che si ispira a Meisner e Strasberg. Ci sono molti approcci diversi. Ho frequentato l'accademia drammatica per quattro anni, la National School of Fine Arts, e amo il processo. Dico sempre ai miei amici, ho la fortuna di lavorare spesso con loro, che fino al momento in cui si dice azione possiamo sviluppare il personaggio e la sceneggiatura, ma quando siamo nel processo dobbiamo eseguirlo. Tutto è permesso, ma nel momento in cui si gira devi trattenerti, essere in controllo. È come quando si andava a scuola: la maestra ti diceva di scrivere tutto quello che volevi e non sapevi cosa fare. Ma nel momento in cui ti diceva: scrivi di questa Coca-Cola, allora arrivava l'ispirazione. Non so se ho risposto alla tua domanda, ma sono quello che le persone definiscono fissato. E uno stacanovista. Amano tutti questa cosa tranne la mia famiglia.
The Investigation e il potere della suggestione
Questa serie è diversa: è più forte di noi, quando vediamo un incidente stradale dobbiamo guardare. Dobbiamo. The Investigation invece non mostra mai il corpo, né la vittima, né l'assassino. Si basa tutto sul silenzio. E questo mi ha spaventato di più. Anche secondo te il silenzio, nascondere le cose, fa più paura?
Certamente. Anche leggendo Shakespeare: mostrare un omicidio o una persona che muore è difficile. È esplicito. Non sai come reagirà il pubblico. Shakespeare faceva sempre entrare un personaggio in scena dicendo cose come: "oh fratello, si è ucciso prendendo il veleno!" E nell'istante in cui ti dice che si è ucciso con del veleno ti crei le immagini. Immagini nella tua testa il personaggio, il veleno e come è la scena. È il motivo per cui quando adatti un libro le persone che l'hanno letto si arrabbiano moltissimo. E credimi: l'ho provato con Game of Thrones! Nel momento in cui lavoro per un pubblico che ha letto i libri la passione è totale. Penso che tu abbia ragione. The Investigation cresce lentamente. Per me, a livello personale, era molto importante che i genitori volessero che la storia fosse raccontata. Jens Møller, interpretato da Søren Malling, non ha mai incontrato l'assassino durante le indagini. Non voleva interrogarlo, perché aveva paura di essere contaminato dall'impressione che avrebbe avuto di lui. È stato naturale quindi non mostrare P.M., lo chiamo così, non voglio dire il suo nome. Non dovremmo sprecare aria o tempo per lui. Cos'è che fa più impressione? Io che ti racconto cosa è successo sul sottomarino, o tu che lo vedi? Se ti mostro una foto o se ti dico: c'erano delle gocce di sangue, umidità, il pavimento era scivoloso? Te lo immagini subito. Usi la tua immaginazione. Sai cosa hanno trovato? Una cinghia per legare il polso. Per legarla stretta. Se te lo mostrassi vedresti solo un pavimento bagnato con un po' di sangue. E diresti: è un pavimento bagnato con un po' di sangue. Ma nel momento in cui ti dico della cinghia e ti dò tutte queste suggestioni è molto, molto più forte. Come artista è una bella sensazione far parte di una storia che non è così esplicita, che rispetta le vittime. Detto questo, vado matto per il true crime! Ho visto tutto! Mi affascina. Come hai detto tu: voglio guardare l'incidente.
Pilou Asbæk Mindhunter e il finale di Game of Thrones
Quindi ami anche tu Mindhunter? Tobias ha diretto alcuni episodi: voglio la terza stagione, per favore fai qualcosa!
Non la faranno! Lo so. Ho incontrato David Fincher: se dovesse ricapitare gli dirò di fare Mindhunter 3, di girarlo con professionisti europei e di ingaggiarmi.
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Spero davvero che tu ci riesca. Visto che l'hai nominato devo chiedertelo: il finale di Game of Thrones è innocente o colpevole?
È interessante: quando ho letto la sceneggiatura l'ho amato. Amo ancora il finale. Penso ancora che sia bellissimo e, come ho già detto in altre interviste, è come stare con una fidanzata per dieci anni, ogni giorno la baci, la guardi negli occhi, dici a questa ragazza che la ami, o ragazzo, dipende da cosa ti piace, e poi all'improvviso questa persona si gira e ti dice che non ti ama più. L'amore non c'è più. E quella persona se ne va. E questo ti fa arrabbiare. Le persone si sono arrabbiate perché è finita. Lo abbiamo sentito. Ma sono ancora orgoglioso. Andiamo! Ho avuto un piccolo ruolo nella più grande serie nella storia della tv. Non sono qui per giudicare nessuno. Sono solo felice e orgoglioso di farne parte. E di aver lavorato con tutte quelle persone incredibili, che hanno fatto del loro meglio. A tutte le persone che la criticano dico: provateci voi a scrivere una serie che duri dieci anni! È più difficile di quanto pensiate.
Eri il pirata rock di Game of Thrones. Fantastico.
Grazie. Ecco perché amo gli Italiani! Siete sempre positivi.
Ci proviamo.
The Investigation e l'importanza di ammettere i propri errori
In questa serie si dice che tutti fanno degli errori, ma in pochi lo ammettono. Pensi sia importante dire quando ci sbagliamo e affrontarne le conseguenze?
Sì penso sia molto importante. Sai una cosa? Mi piace parlare con te, perché mi stai facendo delle domande diverse. Mi fanno sempre le stesse domande, con te invece è molto più astratto. Sì, lo adoro. Un'intervista è buona se lo sono le domande. Mi stai dando talmente tanta buona carne che spero di poter ricambiare. Penso che oggi cerchiamo di creare un mondo perfetto attraverso i social media. I politici non vogliono ammettere di fare errori. Stiamo creando una società che vuole essere priva di difetti. E ti dico una cosa: più sembreremo perfetti, più saremo devastati. Possiamo lavarci, sbarbarci, presentarci con un buon aspetto, ma non è di questo che sto parlando. Parlo dei difetti propri degli esseri umani: come l'avidità, la gelosia, l'odio, la manipolazione. Difetti che non sono attraenti, ma penso che dovremmo riconoscerli come umani. Dovremmo parlarne. Penso che tutti dovrebbero andare in terapia, per capire come comunicare. Non so come funziona in Italia, ma il modo in cui comunichiamo online è orribile.
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È orribile ovunque.
È così cattivo e rabbioso. C'è tanta rabbia. Mi chiedo da dove venga tutto questo odio. Perché siamo così arrabbiati? Non lo capisco. Quindi penso che sia davvero molto importante avere il coraggio di essere se stessi. Di essere onesti. Bisogna anche avere il coraggio di amare. Se lasci andare le tue difese e mostri un po' d'amore ti assicuro che funziona. Non ho mai incontrato una persona che non mi abbia sorriso quando le ho fatto un complimento. Per quanto mi riguarda amo i personaggi con dei difetti, perché penso siano più umani. Se guardi il lavoro che ho fatto i miei personaggi sono tutti esseri umani. Quando ho fatto Borgen, una serie poliziesca danese, Game of Thrones, The Investigation, i miei sono tutti personaggi con dei difetti che cercano di fare del loro meglio. E sono sempre molto bravi nel loro lavoro. Che è molto importante: vuoi che il pubblico li ammiri, ma che sia anche un po' più saggio di loro, perché così, da spettatore, ti affezioni di più. Dici: perché stai facendo questo?! Non farlo! Come quando vedi un film horror: fuori è buio e il personaggio va a controllare se c'è l'assassino. E dici: sei un idiota! Nessuno lo farebbe. Ma è il difetto, quello negativo. È meglio avere difetti positivi. Mi piace. Penso sia molto importante. E, per quanto mi riguarda, non ho paura di ammettere quando sbaglio. Ma non lo ammetterò per l'ottava stagione di Game of Thrones.
I lunghi silenzi di The Investigation
Hai parlato di social media: parliamo in continuazione, vediamo incessantemente video, immagini, siamo sempre connessi. In questa serie invece il silenzio è quasi un personaggio: è il terzo protagonista. Perché secondo te oggi il silenzio ci fa così paura?
Non lo so. Anche io sono così: se sono in macchina mentre guido devo chiamare qualcuno. Non riesco a stare da solo. Non so se ho paura di me stesso, del silenzio. È un concetto astratto. Mi fa pensare a Umberto Eco: se nessuno mi ascolta o mi vede non esisto. Capisci che intendo?
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Se non posto non esisto. Cogito ergo sum, post ergo sum.
Sì. Ho paura. Sono nel mezzo di un processo. Con te adesso mi sembra di essere in terapia, è fantastico. Mi stai aprendo il cuore. Ma devo insegnare a me stesso e a mia figlia che va bene non essere sempre presente e va bene avere dei segreti. Le persone con dei segreti spesso sono più interessanti. Va bene essere riservati e non essere sui social. Va bene non essere costantemente connesso con il resto del mondo. Va bene mangiare un pasto senza fargli prima una foto. Il fatto è che lo insegno a mia figlia, ma è molto difficile anche per me. So che è giusto, ma non ci riesco.
Pilou Asbæk: basta villains, sì alla commedia romantica
Hai fatto dei film con Sylvester Stallone, Jackie Chan, John Cena. Perché senti il bisogno di diventare un eroe action?
Non so se era un complimento o uno schiaffo. Onestamente: volevo lavorare con queste leggende, perché tra cinque anni non faranno più film. Non dirgli che l'ho detto, ma non credo che lavoreranno tra cinque anni. Non lo so, magari sì. Volevo lavorare con loro. In questo momento il cinema che faccio in Europa è molto diverso da quello americano. Quello americano è muscolare, pieno di eroi, con grandi villains, molto malvagi. Quello europeo invece è molto più sfumato, è molto diverso. Il mio obbiettivo è riuscire a fare quello che faccio in Europa anche in America. Voglio fare dei film che non siano bianchi o neri. Come sui social media. Ma che abbiano un'area grigia. Detto questo: Jackie Chan è fantastico, John Cena fantastico, Sylvester Stallone è una leggenda. Ho finito un film ambientato nello spazio, si chiama I.S.S. in cui non sono il villain! È stato molto bello. Ed è un film americano. L'ho appena finito, quattro giorni fa. Sono questi i film che voglio fare adesso. Niente più supereroi, grandi blockbuster. Voglio fare film che, come dice mia madre, amo mia mamma, sono un mammone! Come tutti gli uomini italiani. Mia mamma mi ha detto una cosa interessante: alcuni progetti ti renderanno ricco, alcuni progetti ti renderanno famoso. Molto raramente queste due cose vanno insieme. Voglio fare più cose che mi soddisfino dal punto di vista creativo. Amo il lavoro che ho fatto fino a ora, ma adesso sento che voglio tornare a casa, in Europa, e fare film in cui non sono il villain. Sono un po' stufo dei cattivi se devo essere onesto.
Sei così gentile, perché ti fanno fare sempre il cattivo?
Non lo so. Tutti mi vogliono sempre come cattivo: non capisco. Voglio fare le commedie romantiche! Mi voglio divertire. La cosa buona è che per me il villain è così difficile da fare che quando posso fare la commedia romantica è come una passeggiata nel parco. Sono bravo. Forse perché... Non lo so! Ho un accento: è quello il motivo per cui mi fanno fare spesso il villain. Gli Americani vogliono sempre che le persone malvagie abbiano un accento.
Forse perché hai gli occhi da pazzo, almeno in Game of Thrones. Quando vuoi, non sempre.
È buffo che tu lo dica: i miei amici e colleghi in Danimarca ogni volta che facciamo un film insieme mi dicono sempre di non farlo. E mi dicono che ho gli occhi da pazzo. Ecco perché socchiudo sempre gli occhi nei film. Perché sono molto grandi.