Al termine del terzo fine settimana di programmazione nelle sale nel mondo intero, Star Wars: Gli ultimi Jedi ha superato la soglia del miliardo di dollari a livello globale, come già avvenuto negli ultimi due anni con Rogue One: A Star Wars Story e Star Wars: Il risveglio della forza (Star Wars ep. I - La minaccia fantasma si avvicinò a tale traguardo nel 1999, ma lo superò solo nel 2012 tramite l'uscita della riedizione tridimensionale). Gli esperti ipotizzano che il film chiuderà con un incasso complessivo di circa 1,4 miliardi, il più alto del 2017 e corrispondente a un ricavo inferiore del 30% rispetto all'episodio precedente (un risultato perfettamente in linea con gli altri capitoli intermedi delle varie trilogie), il cui exploit impossibile da replicare - oltre 2 miliardi di dollari complessivamente - era dovuto al suo essere un autentico evento, ossia il primo film live-action di Star Wars a uscire dopo una pausa di dieci anni e il primo dal 1983 a vantare la partecipazione dei tre protagonisti originali Harrison Ford, Mark Hamill e Carrie Fisher.
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L'ottavo capitolo della saga principale di Star Wars si è anche fatto notare per un divario tra i giudizi della critica, mediamente positivi, e quelli del pubblico, più divisi tra chi ammira il coraggio di certe scelte che vanno contro le aspettative createsi dopo il film precedente e chi sostanzialmente accusa la Lucasfilm - o più direttamente il suo proprietario, la Disney - di aver "snaturato" l'universo creato da George Lucas (ma circolano dei dubbi sulla legittimità del voto del pubblico sul sito Rotten Tomatoes, dove la percentuale negativa sarebbe stata influenzata tramite la creazione di account fasulli). In entrambi i casi un fattore importante è lo sceneggiatore e regista Rian Johnson che, ereditando i personaggi storici e quelli creati da J.J. Abrams, ha avuto una libertà notevole nel costruire il secondo capitolo della terza trilogia, senza imposizioni dall'alto (questo secondo le parole dello stesso cineasta). E proprio a lui, sulla base dei risultati artistici de Gli ultimi Jedi agli occhi della Lucasfilm, è stato affidato il compito di concepire una nuova trilogia ambientata nel mondo lucasiano ma con elementi inediti, priva della presenza della famiglia Skywalker. Un culmine logico per un percorso che il cineasta aveva già intrapreso, per certi versi, prima ancora di essere reclutato dai produttori di Star Wars.
N.B. Questo articolo contiene spoiler dell'Episodio VIII.
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Tanto tempo fa, in un deserto lontano lontano...
Il 23 maggio 2010 è andato in onda negli Stati Uniti il decimo episodio della terza stagione di Breaking Bad, intitolato Caccia grossa. Diretto da Johnson, è un esempio della possibilità di andare in direzioni inattese all'interno di un meccanismo seriale collaudato, nello specifico ambientando tutta l'azione in un unico luogo e limitando il cast ai due interpreti principali, Bryan Cranston e Aaron Paul. Una scelta creativa dettata principalmente da cause di forza maggiore (per compensare il superamento del budget previsto per la stagione fu necessario realizzare un episodio con pochi mezzi), ma anche una puntata radicale che, proprio come Gli ultimi Jedi, è stata apprezzata più dalla stampa che dagli spettatori, abituati a un altro tipo di narrazione. Tre anni dopo, in occasione della fine della serie, Johnson è stato reclutato nuovamente per dirigere il terzultimo episodio, Declino, anch'esso anticipatore del lavoro del regista su Star Wars tramite la decisione di far uscire di scena dei personaggi importanti e mostrarne altri in fuga verso destinazioni ignote. In questo caso il plauso della critica è accompagnato dal pubblico, ed è chiaro che Johnson sappia come avventurarsi in un universo ben definito e lasciare la propria, indelebile impronta.
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Un franchise davvero universale
A far andare su tutte le furie una parte del fandom è stato soprattutto il trattamento "irrispettoso" di Luke Skywalker e della mitologia legata alla Forza e all'Ordine dei Jedi, il cui tempio originario viene raso al suolo grazie all'intervento spettrale di Yoda. Un atto eretico che in realtà è perfettamente coerente con ciò che Johnson, tramite il figlio di Darth Vader, vuole ricordarci: i rappresentanti del Lato Chiaro erano davvero divenuti una casta elitaria, convinti di essere in possesso del sapere unico sull'uso corretto della Forza, una superbia che permise ai Sith di distruggere la Repubblica e istituire l'Impero, sfruttando lo squilibrio creatosi nel corso dei secoli. Un errore che lo stesso Luke commise nel tentativo di addestrare Ben Solo, facilitando l'ascesa del Primo Ordine. Nessuna informazione veramente nuova, semplicemente la rielaborazione di quanto appreso per mano di Lucas nella famigerata trilogia prequel (la stessa che i fan più militanti stanno rivalutando nel tentativo di screditare a tutti i costi i lungometraggi più recenti). Un messaggio rivolto a Rey, ma anche agli appassionati: questo fenomeno che voi venerate non è esattamente ciò che credevate, e forse non lo è mai stato.
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La Forza non è per pochi eletti, così come non lo è Star Wars. Lucas aveva provato a fornire una spiegazione pseudo-scientifica sui poteri dei Jedi e dei Sith nella seconda trilogia, eliminando una parte del fascino mistico del franchise, da sempre più vicino agli stilemi del fantasy che della fantascienza (ma gli va riconosciuta la saggezza di aver tagliato una scena dove veniva spiegato che l'immacolata concezione di Anakin Skywalker era frutto delle macchinazioni di Darth Sidious). Come direbbe Han Solo nell'Episodio VII, la Forza non funziona così. Johnson si è riallacciato agli insegnamenti della trilogia originale, dalla quale lui stesso, così come Abrams, aveva capito che la Forza è un bene comune. E non c'è modo migliore per spiegare quel concetto che con la decisione di rendere Rey una ragazza qualunque, figlia di due buoni a nulla di Jakku e non imparentata con Luke, Obi-Wan Kenobi o altri personaggi già noti. Proprio come la storyline dei midi-chlorian quasi vent'anni fa, una soluzione più fanboy-friendly non avrebbe fatto altro che restringere un universo narrativo che ha bisogno di espandersi per sopravvivere. Un'espansione che Johnson ha già suggerito ne Gli ultimi Jedi anche tramite la scelta di mondi precedentemente inediti come Canto Bight, un pianeta opulento che mostra la vera vastità della galassia lucasiana in quanto centro di svago e gioco d'azzardo non implicato direttamente nella guerra tra il Primo Ordine e la Resistenza.
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Porte spalancate
Altrettanto restrittivo sarebbe stato qualunque tipo di spiegone sulle origini del Leader Supremo Snoke, che viene ucciso da Kylo Ren senza che si sappia esattamente chi sia e come sia arrivato al potere (una mossa sottilmente filologica poiché - e qui la memoria corta di chi si lamenta è evidente - anche l'Imperatore originale era una figura enigmatica quando fu eliminato ne Il ritorno dello Jedi, e fu necessario aspettare sedici anni per conoscerne addirittura il nome). E ancora più liberatorio è il sacrificio finale di Luke, che entra a far parte della Forza e chiude parzialmente il capitolo dedicato alla dinastia Skywalker, che si concluderà presumibilmente nell'Episodio IX per quanto riguarda gli ultimi due superstiti, Leia Organa (assente dal prossimo film a causa della morte di Carrie Fisher) e Ben Solo. Certo, quella parte della galassia lucasiana rimarrà comunque sullo schermo tramite i film antologici, dedicati rispettivamente a Han Solo e Obi-Wan. Ma per il resto, ora più che mai, il destino di Star Wars è un libro aperto, slegato da ogni tipo di canovaccio.
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Per ora non sappiamo veramente nulla sulla nuova trilogia concepita da Johnson, tranne alcuni dettagli: il cineasta scriverà il soggetto generale di tutti e tre i film, e sarà l'autore del primo. Il tutto sarà situato in un angolo finora inesplorato dell'universo di Star Wars, con personaggi nuovi. La domanda è quindi legittima: cosa renderà questi tre lungometraggi una parte riconoscibile del macrocosmo creato da Lucas? La risposta si cela, forse, proprio in uno degli elementi fissi del franchise, che abbiamo dato per scontato nel corso degli anni: la scritta iniziale "Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana...". Una frase che acquista tutto il suo senso ne Gli ultimi Jedi che, tra salti disperati nell'iperspazio e messaggi spediti fuori dai territori noti della Ribellione, rende finalmente in toto l'idea delle distanze che separano i vari pianeti implicati nella progressione narrativa della saga. Basterà spingersi un po' più lontano, a bordo di un'astronave che non sarà il Millennium Falcon, verso nuove avventure. E lì, paradossalmente, potrebbe avverarsi in parte il desiderio dell'utente Facebook che sostiene di aver manipolato i voti su Rotten Tomatoes: si tratterebbe non dell'universo espanso che lui reclama a gran voce, quello dei fumetti e dei romanzi che non ha mai veramente fatto parte del canone ufficiale ed è ufficialmente fuori da esso da alcuni anni, ma comunque di un allargamento narrativo di una galassia che, da alcune settimane, ha riacquistato la capacità di sorprenderci.