Vi era un tempo in cui Tarantino era il profeta e il mondo della settima arte, del piccolo schermo anche, era pieno di suoi discepoli. Tra i tanti, un nome è riuscito ad emergere, a farsi strada proponendo un cinema irriverente, creativo, capace di unire la dimensione estetica ed il ritmo del cinema americano, con il senso dello humor e l'amore per i personaggi irriverenti della tradizione inglese: Guy Ritchie. Imprevedibile, sorprendente, capace di misurarsi con generi molto diversi senza remore, vent'anni fa offriva al pubblico quello che ancori oggi in molti considerano non solo il suo miglior film, ma anche un cult assolutamente fantastico del cinema di sua maestà nel nuovo millennio: Snatch - Lo Strappo.
Un labirinto abitato da criminali pittoreschi
Con un cast fantastico e assortito in modo perfetto, che contava sia divi di grande richiamo, che caratteristi e future star del piccolo e grande schermo, Snatch - Lo strappo era scritto e diretto da un regista che, come in Lock & Stock, riportò al centro dell'iter il mondo della piccola e un po' sfigata criminalità nella terra di sua maestà. Protagonisti erano due improbabili impresari di boxe clandestina a Londra, Turco (Jason Statham) e Tommy (Stephen Graham), che si trovavano loro malgrado coinvolti in un intricato labirinto, al centro del quale vi era un inestimabile diamante, trafugato ad Anversa dall'abile Frankie Quattro Dita (Benicio Del Toro), per mettere le mani sul quale si mobilitava un variopinto universo criminale. Boris Lametta (Rade Serbedzija), Tony "Pallottola al Dente" (Vinnie Jones), Avi (Dennis Farina), Doug La Zucca (Mike Reid), il boss Testarossa (Alan Ford), il duo Sol (Lennie James) e Vinny (Robbie Gee) e soprattutto l'imprevedibile zingaro Mickey O'Neal (Brad Pitt). Tra incontri di boxe, inseguimenti, battute al fulmicotone e dark humor, Ritchie riusciva a confezionare un film che univa in sé i migliori elementi dell'heist movie, del noir, della commedia e del crime, trasformando Londra, in un ring su cui si azzuffavano alcuni tra i criminali più pittoreschi e ridicoli mai visti.
Guy Ritchie: un regista spudoratamente pop
Snatch era un film innovativo e pieno di creatività
La prima che ancora oggi stupisce di questo film, è quanto la regia di Ritchie, il suo stile, fossero incredibilmente moderni e dinamici, precorressero i tempi. Snatch è del 2001, eppure non pare invecchiato di un solo giorno. Sicuramente parte del merito va alla fotografia di Maurice-Jones e al montaggio a dir poco frenetico e puntale di Jon Harris, ma è fuor di dubbio che Ritchie riuscì a creare un iter narrativo dinamico, sorprendente e che non concedeva un minuto di tregua allo spettatore, partendo da una scrittura a dir poco geniale. Il concetto di spazio e tempo, in Snatch veniva mandato beatamente a quel paese. Prendendo spunto dalla dimensione comic ma anche omaggiando il poliziottesco all'italiana, gli spaghetti western ed il noir anni 70, Guy Ritchie si divertì con giochi di camera, rovesciamenti di campo e prospettiva con i quali enfatizzare una dimensione narrativa dove il prima ed il dopo, erano sacrificati in nome dell'ora ed adesso.
Se ci si fa caso, in Snatch non vi era mai la benché minima coordinata temporale, se non nei dialoghi, nei due fantomatici giorni che servivano a Frankie Quattro Dita per piazzare un po' di pietre e trovarsi in una trappola. Potrebbero essere due settimane come 36 ore. Eppure tutto questo non conta, non quando si ha che fare con i pazzi scatenati che abitano questo universo pittoresco, miserabile e sovente ridicolo, in cui il mito del gangster, del fuorilegge duro e puro, viene annacquato con un'ironia british irresistibile, con il rovesciamento dei topoi cari al genere heist e crime.
"Ti piacciono i coni"?
Snatch ha un cast che si muove con la precisione di un orologio svizzero. Il Testarossa di Ford è uno dei boss più carismatici, perfidi e iconici del cinema inglese, Šerbedžija fa del suo Boris una macchietta cinica e irresistibile, Vinnie Jones fa....beh Vinnie Jones. Ma ancora oggi il film di Ritchie è ricordato per aver dato la geniale opportunità ad un Brad Pitt reduce da Fight Club, di misurarsi con una parte in cui non era l'ennesimo belloccio malinconico o sexy rubacuori. Il suo zingaro Mickey è ancora oggi forse il suo ruolo più riuscito e divertente, il più sorprendente, il personaggio che più rimane impresso nell'infernale carosello inventato dal regista. La sua parlata strana (per la quale Pitt studiò a lungo sia l'irlandese che il particolare slang pavee), il suo look eccentrico e un bagaglio di battute da antologia, lo hanno reso un piccolo mito cinematografico. Snatch in fin dei conti, è tutto qui: i personaggi, la loro caratterizzazione, che se per certi versi pare quasi omaggiare la creatività di Sergio Leone o dei film demenziali alla Bud Spencer e Terence Hill, dall'altra invece si declina come analisi tutt'altro che superficiale sul mondo della criminalità inglese, da sempre pittoresco, vario e variegato.
Ritchie in quel 2001, ci fornì anche un'immagine assolutamente preziosa della Londra multiculturale, alle soglie della fine dell'era della Cool Britannia, un minestrone in cui trovavi giamaicani, indiani, irlandesi, zingari, russi, italiani ed ebrei. La Babilonia del XXI secolo, il centro nevralgico di affari, leciti o meno, sotto la cui epidermide continuava a scorrere la storia d'Europa. Solo che qui invece che di Re o Regine, della monarchia tediosa e divistica, affondavamo il naso nel puzzo dell'umanità ribelle e reietta, nella strada e nel fango.
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Dalla parte dei ribelli e dei perdenti
Snatch ha confermato, ben prima del suo Sherlock Holmes: Gioco di ombre e in modo molto più elegante e riuscito di King Arthur - Il potere della spada, l'amore di Ritchie per i ribelli, per gli spiantati, per chi sta fuori dalle regole della cosiddetta "società civile". La polizia, qui come in molti altri suoi film, o è assente o fa più danni che altro, conta solo la legge non del più forte ma del più furbo, del più abile. Il cervello vince sempre sulla mente, ed è la chiave per essere liberi, il mondo viene descritto come una gigantesca partita a dama, in cui però la fortuna, il caso hanno sempre un ruolo di primissimo piano. Ben distante dall'epica americana del gangster o del picciotto che diventa un vincente, Snatch in quel 2001 tratteggiò in modo egregio la decostruzione del mito del "Piccolo Cesare" alla Scarfaceo Il padrino, ci mostrò la realtà caotica, sleale e ridicola di un mondo in cui tutti cercano di sembrare più di ciò che sono nella realtà.
Carnevale variopinto, supportato da una colonna sonora magnifica, è attraversato da uno humor grottesco, geniale, con sketch creati per demolire i protagonisti, il loro sopravvalutarsi ed atteggiarsi secondo gli stessi cliché da malavitosi che Snatch distrugge un poco alla volta. Killer, pugili, ladri, truffatori, sono qui solo una massa indistinta di poveracci, intenti a fregarsi a vicenda un sogno che più che americano è zingaro, quindi truffaldino e pieno di controindicazioni, ma anche la metafora di quella Terza Via ingannevole con cui Tony Blair distrusse il socialismo inglese. "Qualcosa da dichiarare?" "Si. Non andate in Inghilterra". Il che detto da un regista inglese non è cosa da poco.