The Neon Demon: Refn divora bellezza e vomita arroganza

Fischiato e sbeffeggiato, il film con protagonista l'incantevole Elle Fanning sublima i luoghi comuni del mondo della moda, sciorina provocazioni ma fondamentalmente è banale e sterile in ciò che comunica.

Chissà se la starà ridendo adesso il caro Nicolas Winding Refn nel leggere delle reazioni eccessive e quasi violente a The Neon Demon dopo la prima proiezione stampa al Festival di Cannes: nel giro di secondi i timidi applausi sono stati sormontati da fischi, proteste e insulti in varie lingue come raramente c'era capitato di vedere in tanti anni di Festival francese. Ma da un film che mescola cannibalismo, necrofilia, moda e horror non ci si poteva certo aspettare nulla di diverso, anzi, siamo certi che lo stesso regista contasse su una reazione del genere.

The Neon Demon: la protagonista Elle Fanning in una foto del film
The Neon Demon: la protagonista Elle Fanning in una foto del film

Quale migliore palcoscenico d'altronde per quella che è una palese provocazione d'autore? Un certo Lars von Trier, prima di essere dichiarato persona non grata dal Festival, non ha forse fatto lo stesso per quasi due decenni? Con la differenza che il regista di Dancer in the dark su questo apparente gusto per la provocazione ha costruito una carriera e ha fatto un'arte, spesso con risultati eccellenti, mentre il suo connazionale Refn, in uno slancio apparentemente autodistruttivo, ormai sembra quasi voler fare l'esatto opposto.

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Gioventù e bellezza

The Neon Demon: Elle Fanning in una scena del film di Refn
The Neon Demon: Elle Fanning in una scena del film di Refn

Ma partiamo dall'inizio. The Neon Demon racconta la parabola di Jess, aspirante modella 16enne che arriva a Los Angeles completamente sola e senza alcun aiuto. A differenza di quanto sarebbe lecito aspettarsi, considerato anche l'ambiente notoriamente difficile della moda, la sua algida bellezza conquista tutti al primo sguardo e la ragazza immediatamente e senza alcuna fatica si ritrova catapultata in un mondo fatto di bizzarre feste, imponenti photoshoot e colleghe gelose.

Lo stile estetizzante di Refn è perfetto per la prima parte del film, quasi una lunga sequenza di spot pubblicitari al cui centro c'è sempre e solo la sua modella, il suo corpo, la sua verginale e peccaminosa bellezza. Dal canto suo la talentuosa Elle Fanning è perfettamente in parte sia nei panni dell'ingenua appena arrivata, sia quando con pochi sguardi e battute dimostra di essere ormai consapevole del potere e del fascino che sembra esercitare sugli altri. E del fatto "che tutti vogliano essere come lei".

The Neon Demon: Elle Fanning in una foto del film
The Neon Demon: Elle Fanning in una foto del film

"Cosa si prova ad entrare in una stanza ed essere immediatamente al centro dell'attenzione?" chiede ad un certo punto la splendida modella Abbey Lee come se lei fosse l'essere più insignificante del pianeta. "È indescrivibile", risponde una Jesse ormai persa nella sua stessa bellezza e nel suo stesso successo, ed è proprio qui che il film comincia a mostrare tutti i suoi limiti, come se agli occhi anche dello spettatore si mostrasse tutta la vacuità dello stesso progetto.

Paura e delirio a Los Angeles

Da quel momento in poi il film di Refn prende derive che affondano nel cinema surreale di Lynch (Mulholland Drive e I segreti di Twin Peaks), in quello onirico de Il cigno nero di Darren Aronofsky, quello morboso di Cronenberg (Crash) e l'horror italiano di Dario Argento e Mario Bava; ma di quei film che in qualche modo sembra citare non ha la coerenza, non ha quella lucida follia e nemmeno la volontà di voler davvero raccontare qualcosa.

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D'altronde manca una vera e propria idea, se non quella, banalissima, del mondo della moda e dello spettacolo che si ciba della bellezza e della gioventù. E rendere letterale quel cibarsi, trasformare in immagine la depravazione e le ossessioni dei desideri sessuali non lo rende necessariamente un buon film, ma solo un film che vomita addosso allo spettatore in maniera plateale e stolida quell'orrore che (forse) vorrebbe denunciare.

Quel demone chiamato successo

L'impressione è che anche Refn sia ormai prigioniero di questo stesso mondo che racconta, che da quando sia sbarcato ad Hollywood faccia fatica a guardare oltre quello stile che l'ha reso celebre e amato, che il suo cinema sia diventato invece soltanto immagine. Fa dire a uno dei suoi protagonista che "la bellezza non è tutto, è l'unica cosa", ma a crederci davvero sembra essere solo lo stesso regista, talmente innamorato di se stesso da essersi trasformato ed autoeletto a vero e proprio marchio (NWR) fin dai titoli di testa, proprio come fosse un designer di vestiti e non più un regista cinematografico.

The Neon Demon: Karl Gluman in una foto del film
The Neon Demon: Karl Gluman in una foto del film

Sempre nel film, il popolarissimo stilista di moda interpretato da Alessandro Nivola dice che la vera bellezza è quella pura, non artefatta, quella ancora inconsapevole e non contaminata. Esattamente l'opposto, quindi, di quella inseguita in The Neon Demon e in quello che ormai è diventato il cinema di Refn. Dobbiamo pensare quindi che questo The Neon Demon sia forse una sorta di autocritica o autoparodia? Un tentativo di auto-psicanalizzarsi? O forse una vera e propria richiesta di aiuto? Lo scopriremo forse in futuro, ma di certo non è un bel film e non quello che sarebbe lecito aspettarsi da un (ex?) grande autore.

Movieplayer.it

2.0/5