Recensione A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III (2012)

Roman Coppola realizza un film intimo e personale utilizzando ciò che conosce meglio e che gli è più vicino: il microcosmo di Hollywood in cui è nato e cresciuto.

La seconda vita di Charlie Sheen/Swan

Nel cinema vi sono connubi tra registi e attori che valgono una carriera. In The Wrestler Darren Aronofsky ha sfruttato il carico di sofferenze e cicatrici reali di un Mickey Rourke vinto dai propri demoni infondendo spessore e realismo nel personaggio semiautobiografico da lui interpretato. Operazione catartica che ha rilanciato brillantemente la carriera di Rourke segnando l'inizio della risalita. In un certo senso questo è ciò che accade anche in A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III dove Roman Coppola coopta l'ex amico d'infanzia Charlie Sheen cucendogli addosso un personaggio che mixa la sua passione per le donne, l'alcool, le dipendenze e la tendenza alle reazioni violente a ossessioni e vezzi propri dello stesso Coppola. Il risultato è una pellicola vivace e colorata, ironica e lieve senza però risultare inconsistente. Tutte le storie che si rispettino sono storie d'amore. Quella di Charlie Swan non fa eccezione, ma oltre a descrivere lo stato d'animo dal creativo losangelino da poco abbandonato dalla bellissima fidanzata Ivana, stanca della sua passione per il gentil sesso, scava a fondo nei meandri della sua psiche per trovare il vero prolema.

Fin dall'incipit in cui Sheen/Swan interpella il pubblico direttamente, aiutandosi con l'uso di fumetti che tanto ricordano la pop art per descrivere cosa gli frulla nella testa, capiamo che questa seduta di psicanalisi non sarà canonica. Il mondo interiore di Charlie pullula di sequenze da film action, spy story, musical e western in cui gli indiani sono sostituiti da sexy squaw in bikini. Un immaginario iconico che serve a definire un personaggio, un'epoca, un mondo. Roman Coppola realizza un film intimo e personale utilizzando ciò che conosce meglio e che gli è più vicino: il microcosmo di Hollywood in cui è nato e cresciuto. Per far ciò utilizza la sua casa e il suo camper come vere location, fa abbigliare il protagonista con i suoi abiti e eterna il tutto negli anni '70, epoca in cui il padre Francis dava vita alla New Hollywood. Quel minimo di distanza necessaria a oggettivare la storia narrata viene fornita dalla professione del protagonista che, per una volta, non è un cineasta, anche se ama sorseggiare aperitivi da Frank & Musso e ha uno standup comedian come amico del cuore. La brillantezza di scrittura del Coppola sceneggiatore era già nota, ma ciò che sorprende maggiormente in A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III è la capacità di procedere per quadri così vividi ed esilaranti. L'incidente in piscina che apre il film è davvero irresistibile e malgrado la tendenza alla logorrea del debordante Charlie, Coppola trova il modo di dare alle immagini uno spazio privilegiato rendendole talmente incisive da avere la meglio su tutto il resto.
Le risate fragorose strappate nella prima parte cedono progressivamente spazio a una malinconia di fondo che si respira nel prefinale segnato da una pazza corsa in taxi con autista russo al seguito e dall'addio definitivco a Ivana che rappresentano il climax del film. Da buon figlio del postmodernismo, Roman Coppola fa un uso libero e creativo della citazione lavorando per accumulo. Da Fellini a Woody Allen, da Bob Fosse all'amico Wes Anderson, non manca nessuno dei maestri del regista e tanta carne al fuoco rischia di far sfuggire di mano il cuore del film, ma Coppola dimostra di saper mantenere il controllo di sogni, visioni e personaggi secondari. Perfino una sequenza "pericolosa" come il duetto musicale sulle note di La ragazza di Ipanema viene gestita con decisione e il rischio del ridicolo si rovescia in commozione pura. Al di là dell'apparente caos creativo che sommerge lo spettatore c'è un disegno preciso. Basta sbirciare dietro le lenti degli onnipresenti Rayban a goccia indossati da Sheen per scorgere le lacrime che velano il suo sguardo raccontando un pizzico di interiorità del suo interprete e del suo autore. Il cinema come terapia non è una novità, ma nonostante tutto l'alchimia funziona e Coppola lascia intendere di crederci sul serio ponendo a chiosa del suo lavoro una dichiarazione d'intenti lampante che mostra lo svelamento del gioco realtà/finzione e intreccia ancor più saldamente arte e vita. Un tributo al merito alla famiglia cinematografica (siamo ancora in odore di Wes Anderson) formata da amici e parenti - Sheen, Jason Schwartzman, Bill Murray) - che non cessa di stargli vicino. Famiglia di cui entra a far parte di diritto il compositore Liam Hayes, autore di una colonna sonora semplicemente perfetta.

Movieplayer.it

3.0/5