I giovani registi italiani ripropongono il genere. Non mi uccidere, il nuovo film di Andrea De Sica, è ora disponibile in streaming su Infinity+ Premiere dal 16 al 22 luglio. Ed è proprio uno dei film da cui partire per esplorare questa tendenza, in atto da qualche anno, ma che sembra prendere sempre più forza. Non mi uccidere, al di là delle apparenze, è un film piuttosto originale. È un tipo di film che oggi in Italia non si fa, o si fa molto di rado. È, ma solo in superficie, solo nel suo approccio iniziale, un film young adult, principalmente per l'età e la bellezza dei protagonisti, e per un romanticismo che, almeno all'inizio, sembra essere la chiave del film. Oltre che per la sua natura di coming of age. Ma quello di Andrea De Sica è in realtà un vero film horror. Un horror romantico e dark, allo stesso tempo sognante, ma anche viscerale e violento. Insomma, molto di più di quello che ci si aspetta da un film young adult.
Un viaggio tra la vita e la morte
La storia è quella di Mirta (Alice Pagani), una ragazza timida e profondamente innamorata del suo Robin (Rocco Fasano). È così innamorata da seguirlo in ogni impresa, in ogni azzardo. La voglia di trasgredire costa la vita a entrambi. Mirta però si risveglia e scopre un altro mondo. Conosce i Sopramorti, ragazzi scomparsi per morte violenta che non vogliono lasciare il mondo dei vivi. Non mi uccidere, tratto dal romanzo omonimo di Chiara Palazzolo, è un viaggio tra la vita e la morte, tra l'adolescenza e l'età adulta, tra un vecchio e un nuovo io.
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Mai dire Twilight
Non mi uccidere è un film sorprendente. In tanti ci siamo avvicinati alla visione pensando a Twilight, complice il manifesto di lancio, la posa e la bellezza dei protagonisti, la somiglianza di Rocco Fasano con Robert Pattinson. Ma Andrea De Sica non ha mai pensato a quel riferimento. Non mi uccidere è qualcosa di molto più profondo, un horror romantico, un racconto molto intenso. "Si pone con queste premesse da teen drama, e spero che sorprenda in positivo il pubblico, che viene catapultato in un'esperienza molto più violenta e più romantica" ci ha raccontato De Sica.
L'horror anni Settanta e Dellamorte Dellamore
Andrea De Sica riprende un mondo che è quello del nostro horror degli anni Settanta. Ma non solo, lo mescola con le suggestioni del nostro fumetto. Non è difficile, infatti, vedere nelle storie di questi Sopramorti, "non morti" che ritornano, echi di Dellamorte Dellamore, il romanzo di Tiziano Sclavi, uscito nel 1991, che era stato portato al cinema nel 1990 da Michele Soavi con il volto di Rupert Everett. La sceneggiatura, e la produzione di quel film, erano proprio di Gianni Romoli, che di Non mi uccidere è sceneggiatore insieme al regista e al collettivo GRAMS. Nel 2005 aveva acquistato i diritti del libro per portarlo al cinema: "non facevo più horror dai tempi di Dellamorte Dellamore" ci aveva raccontato nella conferenza stampa di lancio di Non mi uccidere.
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Gli anni Novanta, tra Twin Peaks e i Nirvana
Ma Andrea De Sica non si ferma qui. C'è anche un potente immaginario anni Novanta dentro Non mi uccidere. Perché, in quello che è anche un viaggio nel profondo dell'adolescenza, di un mondo di passaggi e cambiamenti, il regista è andato a prendere gli anni della sua adolescenza. E allora ci sono Nikitadi Luc Besson, e il David Lynch de I segreti di Twin Peaks, omaggiato più che citato, in una scena in cui Mirta e Ago (Giacomo Ferrara) ballano sulle note di The Nightingale, la canzone di Julee Cruise che compare nel pilot del famoso serial. "A dieci anni ho deciso che avrei voluto fare il regista guardando Twin Peaks" ci ha raccontato De Sica. "Considero David Lynch il mio grande maestro. Ho voluto rendergli omaggio, in modo che giovanissimi possano entrare nel suo mondo". Quei paesaggi e quei mondi visivi tipici dello stato di Washington (anche se siamo in Alto Adige) ci sono diventati familiari con Twin Peaks. Ma, negli anni Novanta lì è nato anche il grunge, e i Nirvana. C'è anche tutto questo in Non mi uccidere. "Il film è animato da un immaginario anni Novanta, quello della mia adolescenza" ci ha spiegato De Sica. "Robin e i suoi amici sono un po' i Nirvana. La parte di Mirta da morta evoca invece i Joy Division".
Musica da horror: elettronica e orchestra
A proposito di musica, per addentrarsi in un genere come l'horror un aspetto fondamentale è il suono. Le musiche, composte dallo stesso Andrea De Sica con Andrea Farri, sono perfette per un film dell'orrore: elettroniche, dissonanti, con momenti technopop e altri momenti sinfonici. "Volevo trovare il punto di incontro tra la musica elettronica, da cui vengo, e l'orchestra, per rendere il film più epico" ci ha svelato De Sica. "Abbiamo preservato anche i suoni più ruvidi dell'orchestra ungherese per rendere l'inquietudine, il lato animalesco dei personaggi. Componevo le parti elettroniche, le mandavo ad Andrea Farri, che le orchestrava e me le rimandava. Lo abbiamo fatto prima di girare, in modo che sul set potessimo ascoltare la musica ed entrare dentro la storia. C'è l'orchestra accanto a Plastikman, musica alta e techno".
Finalmente il cinema di genere
Non mi uccidere è uno di quegli indizi, non certo il primo ma un indizio molto forte, che ci fa dire che in Italia si fa finalmente cinema di genere. "Negli ultimi 10 anni il genere in Italia si è fatto strada" riflette Andrea De Sica. "Lavorando con Netflix e Warner Bros. capisci che lo vogliono. Ma in modo molto italiano e molto locale: si tratta di non cercare di fare delle copie di quello che si vede fuori. Mainetti e Sollima sono stati bravissimi a resuscitare il genere. L'horror era qualcosa che non ho visto tanto, spero di essere tra quelli che l'hanno rivitalizzato". Anche Gianni Romoli ha parlato di uno scenario in evoluzione, in questo senso. "Il cinema italiano non credeva nel genere, ci dicevano che costava meno comprare un horror straniero che produrne uno autoctono" ci aveva raccontato. "Lo chiamavano Jeeg Robot aveva dimostrato che in Italia si poteva tornare al genere". Ed è così che Romoli ha ricominciato a lavorare, insieme ad Andrea e al collettivo GRAMS, a quel progetto che aveva in mente dal 2005.
Grazie Jeeg Robot
È stata proprio quella fantastica stagione tra il 2015 e il 2016 a ridare slancio al cinema di genere italiano. Lo chiamavano Jeeg Robotdi Gabriele Mainetti dava vita a un vero e proprio cinecomic italiano. Nello stesso tempo, Matteo Rovere usciva con un altro film, Veloce come il vento, che portava in Italia un cinema che non si faceva fino a quel momento, il racconto epico sportivo. E poi avrebbe addirittura viaggiato tra il Peplum e il fantasy con Il primo re e la serie tv Romulus. Fabio Guaglione e Fabio Resinaro arrivavano nelle sale con Mine, war movie in superficie che era in realtà molto altro. E Sydney Sibilia, con Smetto quando voglio, uscito ancora prima degli altri, nel 2014, che avrebbe dato inizio alla trilogia, metteva in scena un mondo tra la commedia, il pulp e il gangster movie piuttosto originale per il panorama italiano. Roberto De Feo, dopo The Nest - Il nido, arriva in questi giorni in streaming con A Classic Horror Story, diretto insieme a Paolo Strippoli, e anche qui è puro cinema di genere, è ancora horror. C'è una giovane generazione di registi che non ha paura di confrontarsi con il genere, di rileggerlo a proprio modo, di farne un prodotto capace davvero di riprendere in mano la nostra tradizione e di portarla verso un pubblico giovane, ma in fondo di tutte le età. E, non sottovalutiamo la cosa, un pubblico italiano ma anche internazionale.