Namor in Black Panther: Wakanda Forever, perché è una scommessa riuscita

Analizziamo nel dettaglio Namor e l'adattamento cinematografico del personaggio Marvel nel cinecomic di Ryan Coogler interpretato da Tenoch Huerta, in cosa funziona e in cosa meno.

Namor in Black Panther: Wakanda Forever, perché è una scommessa riuscita

Con 330 milioni di dollari incassati in tutto il mondo in appena cinque giorni di programmazione nelle sale, l'avvincente e corposo Black Panther: Wakanda Forever si sta già rivelando un grande successo. Basti pensare che il Black Adam DC con protagonista The Rock si è portato a casa 352 milioni globali in tre settimane di proiezioni, costato appena 50 milioni in meno del competitor Marvel Studios. Il sequel di Black Panther è anche interamente costruito attorno alla scomparsa di T'Challa e per estensione concettuale a quella di Chadwick Boseman, a cui il film rende omaggio mediante gli affetti rimasti. Ha anche un bacino d'utenza differente, in qualche modo fidelizzato, e non è stato esente da pesanti critiche strutturali sulla costruzione della storia, sulla lunghezza o sulla natura dello stesso omage all'attore scomparso, ma in linea di massima è un film che funziona, emoziona e sorprende. Un po' come successo anche con il genio della lampada di Will Smith in Aladdin di Guy Ritchie, è poi soprattutto il personaggio più criticato in fase di promozione a mettere quasi tutti d'accordo nella sua effettiva realizzazione su schermo. Parliamo ovviamente del Namor di Tenoch Huerta e della sommersa nazione di Talokan, che a conti fatti può dirsi una grande scommessa vinta - l'ennesima - per lo studio guidato da Kevin Feige.

Il dio serpente alato

Tenoch Full Size Watermark
Black Panther: Wakanda Forever, una foto di Namor

I più erano dubbiosi circa l'effettiva riuscita di un Namor culturalmente differente al cuore da quello dei fumetti, e invece è proprio questa scelta a dare unicità e carattere alla trasposizione ideata da Ryan Coogler e Joe Robert Cole. Il personaggio debutta sulle pagine della vecchia Timely Comics nel 1939, due anni prima di Aquaman per la More Fun Comics, il che lascia le due creazioni contaminarsi a vicenda. Il primo sovrano di Atlantide ad esordire su tavola è però quello della futura Marvel, mentre al cinema è l'altro, interpretato in live action da Jason Momoa in un cinecomic tutto fracasso e spasso diretto da James Wan. Impossibile ripetere su schermo e a breve distanza un'operazione già posta in essere - per giunta con ottimi risultati - dall'etichetta concorrente per eccellenza. Necessità vuole che Namor vada cambiato e che Atlantide diventi qualcos'altro, con il grande e obbligato obiettivo di rispettare anima e peculiarità del personaggio e di un'intera popolazione fittizia. Risulta allora lungimirante quanto funzionale l'intuizione di sfruttare la tematiche dell'inclusività su piano socio-culturale per dare un tocco storico alle origini del Sovrano degli Oceani. Plasmando qua e là la realtà storica e adattandola alle esigenze narrative e fantastiche del racconto, Coogler e Cole hanno guardato alle civiltà pre-colombiane o mesoamericane per identificare poi in quella Maya la più adatta a rispettare sotto una luce diversa cuore e sostanza di Namor e atlantidei. Hanno così trasformato parte di quel popolo in qualcosa di più elaborato, individuando in Namor una sorta di prototipo della razza mutante e dandogli di fatto delle origini culturalmente rilevanti.

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Black Panther: Wakanda Forever, Alex Livinalli, Mabel Cadena in una scena

Se nei fumetti il nome Namor significa "figlio vendicativo" nella lingua atlantidea, a soprannominare così un ancora piccolo ma già rabbioso K'uk'ulkan è un invasore spagnolo che vede in lui "un ragazzo senza amore" ("el niño sin amor"). Con la sua pelle rosa e non blu come quella di tutti gli altri atlantidei e le sue ali ai piedi, K'uk'ulkan è in effetti visto come una vera divinità (il dio serpente alato, figura Maya realmente venerata in antichità): immortale, super potente, in grado di muoversi a grande velocità sia nelle profondità marine che nella vastità dei cieli, tanto giusto quanto terribilmente vendicativo. È una lettura che si adatta perfettamente al carattere presuntuoso e feroce del Namor fumettistico, dandogli modo di rispettare l'anima del personaggio pur legandolo a un realtà differente. E il merito è anche e soprattutto del suo interprete.

Dal Messico a Talokan

Black Panther Wakanda Forever
Locandina di Black Panther: Wakanda Forever

Nella sua tutto sommato breve carriera - iniziata nel 2006 -, Tenoch Huerta è soprattutto conosciuto per il ruolo di Caro Quintero in Narcos: Mexico su Netflix. Ha anche partecipato a piccoli ruoli in Spectre o Mozart in the Jungle, ottenendo una parta più sostanziosa da co-protagonista cinematografico solo in La notte del giudizio per sempre. Un interprete messicano di grande talento ed espressività, per altro abbastanza versatile, che ha sofferto per dieci anni una sorta di segregazione etnico-attoriale profondamente legata alle sue origini e al suo aspetto. L'esempio è che la maggior parte dei ruoli da lui interpretati sono criminali o trafficanti o personaggi secondari - pure di sfondo - moralmente ambigui. Poi Ryan Coogler e Kevin Feige puntano su di un Namor che sia espressione estetica e culturale delle civiltà culla di quella messicana ed ecco che le sue peculiarità lo rendono vincente per il ruolo, capace di austerità e compostezza, di grande fisicità e di un impatto scenico formidabile. Non solo sprizza carisma da tutti i pori quando è in campo, rubando quasi sempre la scena a chi lo circonda, ma il phisyque-du-role messo in discussione a paragone con la controparte fumettistica è in verità scolpito e adattissimo, specie quando lo vediamo in combattimento. Huerta riesce a dare profondità e personalità al suo Namor, sovrano sopraffatto dall'odio per "i popoli dei regni emersi" e intenzionato a proteggere la propria civiltà a qualunque costo.

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Black Panther: Wakanda Forever, Tenoch Huerta in una sequenza

Introdotto come villain esattamente come nelle storie a fumetti, la coscienza di K'uk'ulkan oscilla pericolosamente tra bene e male rendendolo personaggio ben sfaccettato e nemesi a tutto tondo del regno del Wakanda e Black Panther, di cui Talokan e Namor sono immagini speculari ma molto più diffidenti e oscure. In questo senso, Black Panther: Wakanda Forever è un vero e proprio scontro tra popoli con usi e costumi radicati e specifici - tanti simili e molti altri divergenti - che vede nell'eccellente Namor di Tenoch Huerta il contraltare sociale e geopolitico all'esasperazione colonialista americana. Curioso come anche il Black Adam di The Rock rappresenti la stessa identica cosa con simili e interessanti risultati. Che la Hollywood più woke e mainstream stia prendendo definitivamente le distanze dalla old fashioned Hollywood? Difficile a dirsi, ma l'arrivo di K'uk'ulkan e dei Maya nel MCU sotto forma di rilettura di Namor e di Atlantide è tra le cose migliori successe in questa traballante Fase 4 del MCU.