Life Itself: al cinema la vita del grande critico Roger Ebert

Il toccante documentario diretto da Steve James ripercorre l'esistenza di uno dei decani della critica cinematografica americana, Roger Ebert: dagli esordi sulle colonne del Chicago Sun-Times al successo in TV accanto al collega Gene Siskel, fino alla sua lunga lotta contro il cancro.

"In questo giorno di riflessione lo dico di nuovo, grazie per aver percorso questo viaggio con me. Ci vediamo al cinema". Con questa frase, il 2 aprile 2013, Roger Ebert concludeva l'ultimo post del suo blog, congedandosi dai propri lettori con quell'espressione - I'll see you at the movies - che aveva dato il titolo al suo fortunatissimo programma televisivo. Due giorni dopo, il più famoso critico cinematografico del pianeta si sarebbe spento in un ospedale di Chicago, a settant'anni d'età.

Life Itself: Roger Ebert con l'amico e collega Gene Siskel in una scena del documentario
Life Itself: Roger Ebert con l'amico e collega Gene Siskel in una scena del documentario

Life Itself, il documentario diretto dal regista Steve James (candidato all'Oscar per Hoop Dreams), è il racconto della vita e della carriera di Roger Ebert, della sua lunga lotta contro il cancro, durata ben undici anni, ma costituisce soprattutto la commemorazione di un talento al quale Ebert ha sempre saputo rendere onore: la capacità di usare le parole, sulla carta stampata, in televisione o tramite internet, per trasmettere al pubblico la propria passione per il cinema.

Roger Ebert: gli esordi e il premio Pulitzer

Life Itself: Roger Ebert con l'amico Gene Siskel in una scena del documentario
Life Itself: Roger Ebert con l'amico Gene Siskel in una scena del documentario

Alla base del film di Steve James vi è l'omonima autobiografia pubblicata da Ebert nel 2011, Life Itself: A Memoir, in cui sono ripercorse le fasi principali dell'instancabile attività professionale di un critico diventato una celebrità a tutti gli effetti (nel 2005 gli è stata perfino dedicata una stella sulla Hollywood Walk of Fame): a partire dagli esordi nel 1966, a ventiquattro anni, sulle colonne del Chicago Sun-Times, per il quale dopo pochi mesi Ebert sarebbe diventato, quasi per caso, l'addetto alle recensioni dei film, perché l'incarico era rimasto vacante e nessun altro redattore voleva occuparsene. Ma per Roger Ebert, scrivere di cinema si sarebbe rivelata un'autentica vocazione: dopo aver letto i suoi primi articoli, la leggendaria Pauline Kael (altra colonna portante della critica statunitense) lo avrebbe definito il miglior critico in circolazione sulla stampa americana, e nel 1975 Ebert avrebbe ottenuto il prestigioso premio Pulitzer (la prima volta in assoluto per un critico cinematografico). Ma nel proprio viaggio attraverso i ricordi di Rober Ebert, Steve James si sofferma anche su altri aspetti, più personali o insoliti: dalle frequenti serate trascorse in compagnia dei colleghi di redazione nei bar di Chicago (e i conseguenti problemi di alcolismo, ai quali Ebert avrebbe posto fine una volta per tutte nel 1979) all'ingaggio come sceneggiatore, nel 1970, per il folle e controverso Lungo la valle delle bambole, sfrenato cult dai toni satirici per la regia dell'eclettico Russ Meyer (un regista di cui proprio Ebert aveva contribuito a mettere in evidenza il talento).

At the Movies: la "strana coppia" con Gene Siskel

Life Itself: il critico cinematografico Roger Ebert con l'amico e collega Gene Siskel in una scena del documentario
Life Itself: il critico cinematografico Roger Ebert con l'amico e collega Gene Siskel in una scena del documentario

Uno dei capitoli più interessanti della carriera di Ebert nonché del film di James, e senz'altro il più vivace, è quello riguardante la collaborazione che avrebbe trasformato Roger Ebert, grande conoscitore della New Hollywood, di Federico Fellini e di Ingmar Bergman, dal critico più apprezzato di Chicago ad un volto conosciuto in tutta l'America, e non solo tra i cinefili: quella con il collega/rivale Gene Siskel, critico di punta del Chicago Tribune. Nel 1975, i due giornalisti furono posizionati infatti fianco a fianco per un programma TV locale, Sneak Previews, all'interno del quale confrontavano le rispettive posizioni sui nuovi film in uscita: i loro accesi dibattiti e le valutazioni basate sui "two thumbs up" (due pollici in su) avrebbero fatto scuola, facendo approdare Ebert e Siskel, nel 1982, sulla TV nazionale con uno show analogo dal titolo At the Movies with Gene Siskel & Roger Ebert.

Ed il rapporto fra i due critici, durato per un quarto di secolo fino al termine del programma, nel 1999 (in seguito all'improvvisa morte di Siskel per un tumore al cervello), rappresenta uno degli assi portanti della narrazione di Life Itself: i caratteri opposti di Roger e Gene, la complicità mista ad una schietta antipatia che talvolta emerge dagli esilaranti outtakes della trasmissione, il tono diretto, focoso e spesso sopra le righe delle loro conversazioni, ma anche il legame di stima e di affetto che avrebbe finito per unirli l'uno all'altro, suggellando un sodalizio che ha segnato il modo di fare critica in TV e che ha contribuito ad avvicinare milioni di spettatori 'occasionali' a nuove prospettive sulla settima arte (un'opera di "democratizzazione" del cinema tanto apprezzata quanto contestata). Steve James non manca però di sottolineare pure il valore dello show di Ebert e Siskel come veicolo per consacrare nuovi talenti (ad esempio il documentarista Errol Morris) o per rilanciare il regista Martin Scorsese, il quale ricorda con parole colme di gratitudine il premio assegnatogli dai due critici nel periodo più buio della sua vita, quando era precipitato nell'abisso della tossicodipendenza.

La voce di Roger

Life Itself: Roger Ebert nel suo studio in una scena del documentario
Life Itself: Roger Ebert nel suo studio in una scena del documentario

In parallelo con la ricostruzione della parabola professionale di Roger Ebert, Steve James, su specifica richiesta dello stesso Ebert, mostra allo spettatore anche la battaglia condotta dal grande critico nell'ultimo decennio della sua vita: quella contro la malattia, un cancro alla tiroide che lo colpì nel 2002 e che, nel 2006, gli comportò delle complicazioni talmente gravi da fargli perdere la mandibola e, contemporaneamente, la possibilità di mangiare e di bere autonomamente, oltre all'uso della voce. Sorretto dall'amore della moglie Chaz e dei suoi familiari, nonché dalla benevolenza di amici, colleghi e ammiratori che non gli hanno mai fatto mancare il proprio sostegno (fra gli altri, Ramin Bahrani, Ava DuVernay e Werner Herzog), Ebert ha preteso che la telecamera di James entrasse nelle stanze d'ospedale, non sottraendo mai allo sguardo del film il proprio volto deformato dal tumore, ma illuminato dal sorriso che splendeva nei suoi occhi sempre colmi di ironia e di entusiasmo.

Life Itself: un primo piano del giornalista e critico cinematografico Roger Ebert tratto dal film
Life Itself: un primo piano del giornalista e critico cinematografico Roger Ebert tratto dal film

Perché Life Itself, oltre ad offrire un'esaustiva testimonianza sul concetto stesso di "critica cinematografica" applicato alla cultura popolare e sulla sua evoluzione nell'ultimo mezzo secolo, trae la propria forza anche e soprattutto dal valore della lotta di Ebert: non nell'ottica di una banale apologia del personaggio o del sentimento edificante tipico del cancer movie, ma come riflessione più ampia e penetrante sulla necessità della comunicazione. La critica, per Roger Ebert, prima ancora che un mestiere o una fonte di popolarità costituiva una vocazione ed un'esigenza: trasmettere emozioni, spunti e idee riguardo i film, riuscire ad illustrare la bellezza insita in una pellicola, in una sequenza o in un singolo fotogramma, sono state attività irrinunciabili, a prescindere da tutti gli ostacoli che la vita abbia potuto mettere sul suo cammino. E così anche da un letto d'ospedale, privato di quella voce che per anni aveva trovato posto nelle case di milioni di americani, l'indomito Roger è stato pronto a servirsi degli strumenti della contemporaneità - il suo computer, il blog su internet, i social media - per continuare a fare ciò che dava senso alla sua esistenza: parlare di cinema, far arrivare la propria voce ai lettori. Perché il cinema, per alcune persone, può essere vitale quanto poter mangiare, bere e respirare: non solo una semplice "lezione di sopravvivenza", quindi, ma un'ode al coraggio di restare fedeli a se stessi e al proprio talento, sempre e comunque. Grazie, Roger, we'll see you at the movies...

Movieplayer.it

3.0/5