Con Vita di Pi, The Amazing Spider-Man e l'atteso Jurassic World nel curriculum, Irrfan Khan non ha bisogno di presentazioni. L'attore è approdato a Firenze in occasione del River to River Florence Indian Film Festival, rassegna dedicata al cinema indiano diretta da Selvaggia Velo. Per la popolare star, che ha all'attivo più di ottanta lungometraggi, tra cui una manciata girata a Hollywood, e svariate esperienze televisive e teatrali, questa è la prima volta in Italia. Irrfan sembra trovarsi a suo agio, è impressionato dalla calorosa accoglienza rivoltagli e si rivela curioso e attento nell'informarsi sulle abitudini degli italiani. Poi confessa: "Qui mi sento a casa perché avete lo stesso modo di interagire degli indiani, lo stesso calore, la stessa attenzione verso le tradizioni familiari. E poi la cultura e l'architettura sono affascinanti, i segni del passato sono ovunque".
Irrfan Khan proviene da uno dei paesi più popolosi del mondo ma, non contento, sogna di ampliare il proprio pubblico per rivolgersi al maggior numero di persone possibile. Nel frattempo è riuscito a ritagliarsi uno spazio a Hollywood, dove è sempre più richiesto. "Sono stato molto fortunato" ammette. "Nel cinema indiano ho lottato per uscire dai cliché, per non ripetere sempre lo stesso tipo di personaggio. Ho cercato di imporre la mia personalità di interprete e ci è voluto del tempo, ma il mio desiderio è sempre stato quello di recitare a Hollywood. Non l'ho pianificato, ma è successo". Oggi che, a causa della crisi economica, sempre più produttori, registi e star del calibro di Brad Pitt, Julia Roberts e Jean-Claude Van Damme guardano a Bollywood con interesse crescente, la situazione sembra ribaltarsi. "Trovo interessante questa attenzione verso la nostra industria. Sono molti i tecnici occidentali a lavorare presso di noi, ma penso che per gli attori sia più complicato. Il cinema indiano ha dei codici rigidi. Non siamo ancora riusciti a sviluppare un linguaggio internazionale e questa è la ragione per cui le nostre opere sono difficilmente esportabili, perciò necessitiamo di tipi precisi. Forse le nuove generazioni riusciranno a cambiare le cose realizzando opere semplici, ma universali come The Lunchbox".
Dinosauri in paradiso
Tra i sogni di Irrfan Khan che si sono avverati vi è la partecipazione in Jurassic World nei panni di Simon Masrani, spregiudicato imprenditore che commissiona alla InGen il parco giurassico. "Quando ho visto Jurassic Park ero molto giovane e non avevo i soldi per pagare il biglietto del cinema, adesso sono il padrone del parco" ci confessa ridendo. "Per me è stato un onore far parte di un progetto di Steven Spielberg, ho adorato l'esperienza sul set e ho adorato lavorare con Colin Trevorrow. Il film ha un sottofondo morale, riflette sul progresso scientifico e sull'uso che ne fa l'uomo. Il primo Jurassic Park mostrava l'incapacità umana di imparare dagli errori del passato. Non posso rivelare su quali tematiche verterà la storia stavolta. Dovrete andare al cinema". Alla domanda su cosa dobbiamo aspettarci dal film, l'attore non si sbilancia troppo e risponde: "Una nuova forma di intrattenimento e dinosauri ancora più feroci". Fin dall'uscita del teaser, presentato qualche giorno fa, l'attenzione dei fan si è concentrata sull'uso dei sofisticati effetti speciali. Irrfan Khan non è nuovo a pellicole in cui l'FX abbonda, avendo partecipato a blockbuster del calibro di The Amazing Spider-Man o Vita di Pi. "In questi casi spesso un attore si trova da solo e deve immaginare ciò che avrà intorno sul grande schermo. Quando reciti per il 3D sai che l'immagine avrà un impatto diverso e devi modificare la tua recitazione".
Ang Lee: una benedizione per gli attori
Per l'attore indiano, però, la vera sfida del mestiere dell'attore non è il green screen o il 3D, ma l'interiorizzazione e il suo Pi ne è un ottimo esempio. "E' uno dei ruoli più difficili che mi sono trovato a interpretare" ci rivela. "Il mio personaggio condensa in sé tutta la narrazione del romanzo, inoltre nel film non c'è un climax tradizionale. Il climax è quando Pi parla della tigre. Da questa scena dipende l'intero film. E' stato complicato, anche perché il libro di partenza è molto profondo". Parlando di Ang Lee aggiunge: "E' un uomo molto gentile e pacato, ma quando si tratta del suo lavoro diventa una tigre. La prima volta che l'ho incontrato fingevo di capire cosa mi stesse dicendo perché parla talmente piano che non sentivo niente. E' un ottima guida per gli attori perché lui stesso in passato voleva recitare, perciò sa perfettamente cosa passa nella testa degli interpreti ed è in grado di aiutarli a tirar fuori il personaggio fin nei dettagli. Lavorare con lui è una benedizione". Tra un blockbuster e l'altro, Irrfan Khan ha trovato il tempo anche per testare il cinema indipendente con la chiamata di Wes Anderson per Il treno per il Darjeeling. "Wes ha visto Il destino nel nome - The Namesake, poi ha chiamato Mira Nair e le ha detto che aveva un piccolo ruolo per me. Io ho accettato subito e mi sono recato nel Rajasthan. E' stato interessante vederlo all'opera perché è un personaggio eccentrico e anche molto gentile".
Da Bollywood a In Treatment
Commentando la scelta di Wes Anderson di girare in India, Irrfan Khan aggiunge: "Ci sono sempre più cineasti che si recano in India in cerca di nuove storie e nuova ispirazione. Improvvisamente molti si sono accorti dell'India e per fortuna film come quello di Wes o come Vita di Pi sono andati molto bene all'estero. In questo senso il migliore è stato Danny Boyle. Non ha ricreato la vita indiana. Ha posizionato la telecamera nel punto giusto e la vita è entrata nel frame. E' riuscito a cogliere il caos indiano mostrando come sia possibile raccontare una storia locale facendo un sacco di soldi, anche perché le persone sono sempre più curiose riguardo al mio paese". Curiosità reciproca, visto che Irrfan Khan ha esplorato un campo a lui ignoto come la psicanalisi in una delle serie evento che hanno contribuito al boom delle produzioni televisive di qualità: quell'In Treatment che ha attirato l'attenzione della critica e del pubblico generando un remake italiano interpretato da Sergio Castellitto. Notizia, questa, che colpisce molto Irrfan. "Fare tv è un'esperienza strana perché tu accetti un lavoro senza sapere cosa accadrà. Non hai il copione completo e ricevi istruzioni solo mentre giri. E' un salto nel buio ed è un tantino spaventoso. E poi il mio personaggio è talmente complicato. L'esplosione delle serie si spiega con l'esodo delle menti più creative verso la tv visto che a Hollyood gli studios non danno loro sufficiente libertà. La tv americana di oggi è fantastica; di recente ho visto True Detective. E' magica, è ipnotica, dopo aver visto la fine ho sentito il bisogno di trovare qualcos'altro di così eccezionale. Mi auguro che anche in India prima o poi avvenga una simile rivoluzione".
Un appello a Paolo Sorrentino
Riflettendo sulle differenze tra industria cinematografica indiana e americana, Irrfan Khans spiega: "In America i set sono molto organizzati. Sono divisi in compartimenti e ognuno conosce alla perfezione il proprio ruolo. In India c'è più libertà, è tutto più spontaneo e caotico. Quando giriamo capita che a volte la fine del film venga scritta solo durante le riprese. La nostra industria è legata soprattutto alla presenza delle star e la storia passa in secondo piano. Questo non mi piace perché la storia dovrebbe essere il cuore del film. Un film sa parlare al cuore e alla mente. Il cinema ha un enorme potere, di intrattenimento, ma anche socio-politico. Dipende da chi lo usa e da come la usa, ma la storia deve essere al centro di tutto". Quali sono allora le storie che Irrfan Khan sogna di interpretare? "Mi piacerebbe molto lavorare con Paolo Sorrentino o con Leos Carax. Amo molto anche Sergio Leone e Krzysztof Kieslowski che purtroppo non sono più con noi. Dopo aver visto i film di Kieslowski, mi ci sono voluti giorni per riprendermi. E poi mi piacerebbe lavorare ancora con Spielberg, ma stavolta vorrei che lui mi dirigesse". Per venire in Italia, Irrfan ha sospeso per un paio di giorni le riprese del suo ultimo film, Piku, ma la sua agenda è fitta di impegni sia in India che in America. E chissà che, prima di quanto si possa immaginare, non ci capiti di rivederlo in Italia, stavolta proprio su un set.